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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI URBINO


FACOLTA' DI GIURISPRUDENZA

 

 

IL FACTORING E LA CESSIONE DEI CREDITI D’IMPRESA

   di  Fabio Giovagnoli.

 

 

Capitolo Secondo 

 

La struttura della convenzione.


 

2.1 Le condizioni generali del contratto e gli usi negoziali. – 2.2 Il factoring e la cessione dei crediti d’impresa. - 2.3 Le diverse varianti applicative dell’accordo. - 2.4 Le prestazioni del factor. - 2.5 La convenzione e la definizione dei suoi effetti sui terzi. - 2.6 La disciplina dei doveri nascenti dalla cessione del credito.- 2.7 La garanzia per la solvenza del debitore ceduto. - 2.8 Le relazioni negoziali generiche tra factor e fornitore. - 2.9 Il rapporto di conto corrente tra factor e cliente. - 2.10 L’estinzione del factoring. – 2.11 La trasparenza delle clausole contrattuali. - 2.12 La natura giuridica della convenzione. - 2.13 Conclusioni.




2.1 Le condizioni generali del contratto e gli usi negoziali.



 

Negli anni scorsi le Camere di Commercio di Milano e di Torino hanno inserito gli usi negoziali di factoring nelle proprie Raccolte, prendendo atto della forte capacità delle più grandi imprese del settore, d’imporre l’uso generalizzato di clausole predisposte. (109)

Infatti, in mancanza di una specifica normativa, si è realizzata una prassi uniforme sulle clausole contrattuali del factoring e la pratica degli affari ha determinato l’affermazione di veri e propri usi negoziali, operativi in assenza di espressi richiami nel contratto e prevalenti rispetto a norme dispositive di legge, in base all’art. 1340 c.c. (110)

Successivamente un principio innovativo, introdotto dal d.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385, ha stabilito che nell’ambito dei contratti finanziari, il cliente non può essere tenuto ad obbligazioni, oppure sottostare a condizioni per lui sfavorevoli e non risultanti dal testo negoziale. (111)

Tuttavia dalle singole norme introdotte nelle raccolte provinciali, sono nate certe soluzioni giuridiche innovative sull’argomento, accolte solo successivamente dalla giurisprudenza prevalente.

Ad esempio, la norma consuetudinaria indicata al punto n. 6 della Rassegna torinese, prevede la comunicazione della cessione al debitore ceduto con lettera raccomandata.

Nel pronunciarsi sul tema, i giudici di merito hanno dapprima affermato una rigida interpretazione dell’art. 1264, che sembrava richiedere un’obbligo generalizzato di notifica solenne, a mezzo ufficiale giudiziario (112), mentre l’elaborazione giurisprudenziale più recente, ha considerato sufficiente l’invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno o l’uso di un’altro sistema equivalente. (113)

La pratica operativa delle imprese del settore, ha determinato un modello negoziale abbastanza omogeneo, attraverso la stabile diffusione dei moduli standard, anche se non tutte le clausole contrattuali utilizzate nei formulari sono state inserite negli usi e in particolare, non erano idonee a tale scopo, quelle contenute soltanto in alcuni schemi negoziali. (114)

Infatti, il ruolo di fonte d’integrazione del contratto, non era attribuito alle norme pattizie uniformi che individuavano la stessa natura del negozio in questione, come per esempio la previsione della promessa della cessione globale dei crediti. (115)

Neanche le condizioni che ripetevano le norme dispositive di legge e che perciò ne specificavano solo il contenuto, come la previsione del dovere di trasferire i documenti di prova del credito, si consideravano disposizioni utilizzabili in tal senso. (116)

Invece potevano essere comprese negli usi quelle clausole che precisavano i doveri e gli oneri accessori a carico delle parti, come l’obbligo del cedente di consentire le ispezioni della contabilità o come il suo dovere d’informazione sulla situazione economica dei debitori. (117)

Un carattere sicuramente usuale è stato attribuito a quelle norme che nelle Condizioni generali di contratto attualmente adottate dai factors, che definiscono le cause di decadenza o di sospensione dell’approvazione del credito, in rapporto alle cessioni di credito attuate “pro soluto” (Art. 14, Add. Pro soluto, Factorcoop Spa).

Numerose disposizioni sono invece riconducibili, alle clausole vessatorie previste dall’art. 1341,2° comma, come la tacita rinnovazione del contratto a tempo determinato (Art. 13 Istituto Bancario S.Paolo), le ipotesi di recesso a favore del factor e lo spostamento della competenza giudiziale presso la sede del cessionario del credito. (118)

Normalmente, le clausole vessatorie non possono avere effetto, se non sono state specificamente approvate, anche quando la loro previsione sia generalizzata, tanto da farle valutare come disposizioni d’uso. 

Da questo punto di vista, solo un controllo giudiziario delle condizioni generali dei contratti, può individuare quelle d’esplicito oppure d’occulto contenuto vessatorio. (119)

Questa verifica può riferirsi in particolare a quelle condizioni che permettono al factor di sottrarsi ai rischi che aveva in precedenza assunto e che in genere, gli attribuiscono poteri non giustificati di scioglimento del rapporto,in grado di recare danno al cedente. (120)



2.2 Il factoring e la cessione dei crediti d’impresa.



Il contratto realizza gli interessi perseguiti dalle parti attraverso una cessione globale di crediti pecuniari, riferiti ad un’imprenditore nell’esercizio di forniture di merci o di prestazioni di servizi alla propria clientela. (121)

Infatti, il trasferimento del credito nel factoring ha una funzione accessoria e strumentale, all’erogazione di una serie di servizi da parte dell’impresa di gestione dei crediti. (122)

Inoltre, l’accordo che lega il factor al cedente ha la scopo di alleggerire la sua struttura organizzativa, diretta alla gestione del c.d. “portafoglio clienti” e d’ottenere un complesso di prestazioni, tra i quali in particolare si evidenzia quello di finanziamento. (123)

La disciplina codicistica considera la cessione come un singolo atto messo in opera tendenzialmente a scopo d’adempimento di una precedente obbligazione pecuniaria (1198 c.c.), limitato da una serie d’accorgimenti formali che tutelino i terzi (art.1265 c.c.) e con preclusioni adatte a difendere lo stesso debitore (art.1260, 2° comma c.c.). (124)

     Invece, il contratto di factoring ha per oggetto un flusso di crediti variabili in quantità e una serie di contenuti articolati, che ne suggeriscono una considerazione giuridica unitaria e distinta dall’aspetto essenziale, limitato al trasferimento del credito.

Anche valutando le numerose incertezze riscontrabili nel suo percorso legislativo, la legge n. 52/1991 rafforza l’opinione appena esposta, non contenendo una qualsiasi regolamentazione del factoring, sia per ciò che riguarda i requisiti fondamentali della forma, della causa e dell’oggetto del contratto, sia in rapporto alle clausole d’esclusiva, al regime delle eccezioni o dei criteri che il factor deve adottare per l’accettazione dei singoli crediti.

La possibilità di cedere i crediti futuri, anche prima che siano stipulati i contratti dai quali tali diritti avranno origine (art. 3,1° comma), attribuisce alla cessione prospettata dalla legge una struttura unitaria, escludendo l’esigenza che il loro trasferimento sia l’effetto di un negozio ulteriore e autonomo rispetto a quello iniziale. (125)

Tuttavia bisogna tenere conto che quest’effetto si produce al momento della conclusione dell’accordo per i crediti già sorti, mentre per quelli futuri, l’effetto traslativo avverrà al momento in cui questi verranno ad esistenza, senza altra cooperazione tra le parti.

La funzione dell’istituto delineato dalla legge n. 52/1991, non è quindi quella d’attribuire al factor un mandato a riscuotere e a gestire il credito ceduto, in cambio del pagamento di una commissione per il servizio reso, salvo il diritto del cedente ad ottenere la somma riscossa.

     La nuova normativa rappresenta una specificazione della cessione già prevista dal codice civile e contiene la previsione espressa di un corrispettivo al cedente, per il trasferimento dei crediti al cessionario, che consente di qualificare il trasferimento nell’ambito di una causa di scambio.

Invece il rapporto di factoring può delinearsi anche nella struttura di “un programma pattizio di cooperazione”, considerata la natura di durata del contratto e la finalità gestoria di una globalità di crediti dell’impresa cedente, attuata a fronte del pagamento di una commissione.

Inoltre i poteri di controllo contabile sul cedente e la riscossione dei crediti da parte del factor, con la previsione di un rendiconto periodico tra le parti e l’obbligo di restituzione delle somme incassate, una volta operate le debite deduzioni, sono ulteriori aspetti concreti che rafforzano questa convinzione.

La formulazione delle clausole negoziali, evidenziano che gli operatori si riservano anche un diritto di scelta dei crediti da acquisire, che si configura come riserva di gradimento, per cui il contratto si perfeziona quando il factor esprime questa sua approvazione.

Nel rapporto delineato dalla cessione speciale, la determinazione del prezzo è disposta dall’autonomia dei contraenti, i quali ne dovrebbero stabilire l’importo, considerando sia il tempo di pagamento che la solvibilità del debitore ceduto.

Infine le parti contrattuali dovrebbero stabilire se il pagamento dovrà essere regolato in un’unica soluzione o in più quotee contemporaneamente al perfezionamento, oppure alla scadenza del credito. (126)

Le disposizioni della legge n. 52/1991, si applicano a quei contratti che avendo funzioni di scambio, rispondano anche ai requisiti dell’art. 1 dello stesso corpo normativo.

Ma se le parti daranno al contratto di factoring, un significato tale per cui il corrispettivo convenuto, non abbia le caratteristiche effettive del prezzo di vendita, allora l’accordo sarà qualificato sulla base del suo contenuto sostanziale, probabilmente ravvisabile nel contratto di mandato.



2.3     Le diverse varianti applicative dell’accordo.



 

La realizzazione di una cessione globale di crediti, ha presentato svariate difficoltà applicative nel nostro ordinamento e questo ha indotto i cessionari ad evitare di formulare il contratto, come un trasferimento attuale e istantaneo di una massa di crediti anche futuri. (127)

Le incertezze originarie che hanno caratterizzato lo sviluppo del factoring, spesso attribuiscono all’intera operazione la forma di una convenzione base, seguita da ulteriori negozi attuativi d’esecuzione della stessa. (128)

Infatti, negli iniziali orientamenti giurisprudenziali, si affermava la validità del trasferimento di un credito futuro, solo se al momento della conclusione del negozio traslativo, fosse già esistente il rapporto dal quale i crediti avrebbero avuto origine, considerando questo elemento come un’indice della determinabilità dell’oggetto della cessione. (129)

Successivamente, i giudici di merito hanno accolto un criterio analogo a quella usato dalla Cassazione in materia di fideiussione omnibus, ritenendo valido il contratto di factoring che prevede la cessione di crediti futuri solamente determinabili, in base ai rapporti continuativi tra cedente e ceduto. (130)

Per cui originariamente e in mancanza del supporto della successiva evoluzione giurisprudenziale, si è determinata una difficoltà pratica di estendere alle posizioni creditorie non ancora esistenti, un effetto traslativo automatico, simile a quello che si realizzerebbe in una normale vendita di beni futuri. (131)

In presenza di queste posizioni restrittive della giurisprudenza, era possibile attuare una cessione automatica, solo per quei crediti che sorgevano da un contratto stipulato precedentemente, oppure contemporaneamente all’accordo di factoring (ad esempio: la somministrazione).

Inoltre in questo contesto, il trasferimento di crediti futuri derivanti da contratti conclusi posteriormente, era attuato solo di volta in volta, con la ripetizione delle cessioni e fuori dall’effetto dell’accordo iniziale di trasferimento.

Per la determinabilità dei crediti futuri, la dottrina giuridica ha poi segnalato vari indicatori, tra i quali uno oggettivo, consistente nel riferimento al contratto di fornitura, uno soggettivo con il richiamo ai clienti abituali dell’impresa cedente e uno quantitativo, che si riferisce al fatturato previsto o prevedibile. (132)

Ma la rischiosità di una cessione unitaria di crediti futuri, ha costretto lo sviluppo dell’operazione di factoring, a seguire la strada di una serie di cessioni singole, attuate in esecuzione di un accordo iniziale. (133)

Le condizioni generali di contratto che si sono diffuse nella prassi, di per se stesse non stabiliscono nessuno spostamento patrimoniale tra le parti, ma si limitano da un lato ad obbligare il fornitore a cedere i propri crediti e dall’altro a porre una serie di disposizioni che dovranno regolare le seguenti singole cessioni.

Anche per questo, qualche autore giuridico ha considerato la convenzione non come un contratto definitivo, ma piuttosto come un contratto preliminare, rispetto alle future cessioni e con caratteri anche normativi, siccome contenente una regolamentazione unitaria dei singoli episodi di trasferimento. (134)

La legge n. 52/1991 non ha mutato la natura sostanziale del rapporto di factoring, quanto piuttosto ha spinto le imprese del settore, a rendere maggiormente omogenee le clausole adottate nei loro moduli negoziali e ad adattare la regolamentazione affermata nella prassi, ai termini della disciplina di favore. (135)

Tutti i moduli negoziali esaminati, prendono ad oggetto le cessioni di una massa di crediti pecuniari presenti o futuri,sorti da un contratto di fornitura di merci o di prestazioni servizi, ma mettono in evidenza che il rapporto potrà riguardare anche la cessione di singoli crediti e che ad esso sarà applicata la disciplina speciale in quanto compatibile, oppure le disposizioni di cui agli artt. 1260 ss. del codice civile. (136)

La convenzione è fondata prevalentemente su una promessa d’offerta prospettata per impegnare il fornitore, ma che lascia libero il cessionario di valutare se sia conveniente o meno diventare titolare del diritto. (137)

Evidentemente questa struttura della convenzione, piuttosto che la sua costruzione come una cessione globale automaticamente traslativa è stata usata, allo scopo di lasciare alle società del settore una via di fuga, permettendo il rifiuto all’acquisto del credito. (138)

Infatti i formulari prospettano un’obbligo d’offerta in cessione del fornitore, senza corrispettivo impegno d’acquisto da parte del factor, riguardante tutti i crediti sorti nei confronti di soggetti determinati e che il cessionario abbia dichiarato di proprio gradimento. (139)

Perciò nella prassi, si è sviluppato il meccanismo d’indicare preventivamente al cliente-fornitore, i nominativi dei debitori di cui il factor intendeva acquistare i crediti anche se nei formulari, tale sistema veniva mostrato ora in modo esplicito, ed altre volte in modo generico, oppure non era affatto previsto, seppure praticato costantemente. (140)

Un’aspetto ulteriore, che è stato messo in ombra dalle previsioni degli attuali schemi contrattuali “pro solvendo” è quello riguardante l’atteggiamento concreto che segna la conclusione del contratto e cioè la manifestazione del gradimento del factor rispetto al credito ceduto, probabilmente a causa delle preoccupazioni avanzate sulla validità di tale clausola.

Infatti nella configurazione del contratto in termini di cessione obbligatoria, la libertà assoluta del factor nell’accettare i crediti offerti in cessione, avrebbe portato alla nullità del contratto, per indeterminabilità dell’oggetto, sempre che tale facoltà non fosse legata a parametri univoci ed a una specie di discrezionalità tecnica del factor, con esclusione di quei debitori che all’imprenditore specializzato, sembrano oggettivamente non cedibili.

Nei contratti attuali, tale aspetto è riferito all’accettazione di tutti i crediti pecuniari d’impresa presenti e futuri, derivanti da contratti stipulati con debitori ceduti, individuati attraverso un apposito elenco concordato tra le parti (Art 2/1 Istituto bancario S.Paolo) o comunque verso un debitore, nei confronti del quale il factor abbia espresso verbalmente, il suo preventivo gradimento (Art. 1, Factorcoop Spa).

Rispetto agli schemi negoziali precedenti, viene tralasciata dalla maggioranza dei contratti, la previsione dell’obbligo d’esclusiva esplicita nei precedenti formulari, poiché le Condizioni generali stabiliscono un più contenuto dovere d’informazione, limitato a specificare l’esistenza deirapporti di factoring, con altre imprese di gestione dei crediti (Art. 5 Ifitalia Spa). (141)

La validità di tali patti d’esclusiva, richiede una limitazione d’oggetto o di tempo, in base all’art. 2596 e all’art. 1379 c.c., che era in ogni modo soddisfatta, da una parte con il riferimento ai crediti oggetto dell’esclusiva e dall’altro, con il collegamento alla durata del rapporto di factoring o nel caso di un rapporto a tempo indeterminato, con la previsione della facoltà di recesso ad nutum a favore del fornitore. (142)

Nella prassi domestica, l’assimilazione ad un contratto di vendita del rapporto che si instaura tra le parti, si realizza con una specie di “mascheramento” dell’anticipazione, ossia di quella che è in realtà un autonoma prestazione di finanziamento del factor verso il cedente, nella forma di un versamento preventivo del corrispettivo, del quale sia l’entità che il momento di corresponsione sono comunque stabiliti, attraverso un’ulteriore attività negoziale dei contraenti. (143)

Se le regole poste dalla nuova legge n. 52/1991 venissero applicate coerentemente, la configurazione dell’accordo influenzata da questa disciplina delle cessioni, dovrebbe avvicinarsi al modello tipico dei paesi anglosassoni, dove ha avuto la connotazione originaria di un trasferimento attuale di un flusso di crediti anche futuri. (144)

Del resto, l’avvicinamento della prassi contrattuale italiana a quella statunitense, sarebbe anche indicato dal fatto che il mancato gradimento del credito da parte dell’impresa, non è tanto rifiuto del diritto, quanto quello dell’assunzione del rischio dell’insolvenza del debitore ceduto (Art. 11, Centrofactoring Spa). (145)



 

2.4    Le prestazioni del factor.



Lo svolgimento del rapporto contrattuale mette in evidenza una serie articolata di prestazioni, che si realizzano proprio attraverso lo strumento della cessione.

Ad esempio la Banca Monte dei Paschi di Siena, svolge per i crediti acquistati un servizio complesso, i cui termini sono esplicitamente chiariti nell’art.1: “Il presente contratto ha per oggetto la disciplina dell’esecuzione delle seguenti prestazioni: 

a) il sollecito, l’intimazione del pagamento e l’incasso dei crediti vantati dal fornitore nei confronti dei suoi debitori, nonchè la registrazione sulle proprie evidenze, dei crediti e dei fatti amministrativi e gestionali ad essi connessi ; b) il pagamento anticipato in tutto o in parte del corrispettivo dei crediti ceduti ; c) l’assunzione in tutto o in parte, del rischio per il mancato pagamento dovuto ad inadempimento dei debitori. Inoltre a richiesta del Fornitore, il factor sarà in grado di effettuare altre prestazioni, quali la valutazione dei potenziali clienti italiani o esteri, il recupero giudiziale dei crediti, l’assunzione del rischio per il ritardato pagamento da parte dei debitori. Tali prestazioni saranno disciplinati da separati accordi”.

Questa clausola è assunta quasi generalmente in tutti i contratti esaminati e chiarisce che i servizi prestati dal factor sono essenzialmente tre, dei quali solo quello gestionale è l’unico certamente e sempre costante.

Infatti il supporto finanziario è estremamente richiesto dalle imprese clienti e si realizza attraverso un pagamento anticipato del corrispettivo di cessione, che formalmente viene determinato al valore nominale del credito. (146)

Il versamento è dovuto dal factor al momento in cui riceve il pagamento dal debitore ceduto o nel caso di cessione “pro soluto”, entro un dato termine della scadenza, oppure nel diverso periodo contrattualmente stabilito. (147)

Le Condizioni generali di contratto dimostrano la discrezionalità dell’impresa di gestione crediti, nella determinazione degli aspetti concreti dell’anticipazione, poichè a tale scopo è sempre richiesta un’ulteriore attività negoziale tra le parti, anche per precisare il momento del pagamento. (148)

In seguito alla cessione, il factor diventa titolare del credito acquistato e come tale provvede al suo incasso, alla sua contabilizzazione e se richiesto, all’assunzione delle liti giudiziarie, alleggerendo il cedente di una serie di costi, che l’impresa cessionaria assume in modo più economico,grazie alla sua specializzazione.

Un altro servizio eventuale è quello “assicurativo” del credito, che si realizza attraverso un acquisto “pro soluto”, anche se diversamente del modello statunitense o tedesco, il factoring italiano è essenzialmente una convenzione basata su una cessione “pro solvendo”, che può anche essere circoscritta ad una parte limitata dei crediti.

Dagli schemi di contratto che pure prevedono la cessione “pro soluto”, emerge come l’effetto normale del trasferimento del credito nel factoring venga inteso come un’acquisto, con facoltà di rivalsa verso il cedente in caso di mancato pagamento e come solo dietro esplicita e specifica approvazione del credito, il factor si assuma il rischio dell’insolvenza. 

Rispetto all’art. 1267 c.c.,considerando l’innovazione dell’art. 4 della legge n.52/1991, le clausole che prevedono l’acquisto “pro soluto”, dispongono che alla richiesta del cliente, segua successivamente una dichiarazione scritta del cessionario, in cui saranno precisati i termini dell’assunzione di garanzia, per il mancato pagamento del debitore. (149)

Il factor è liberato dall’onere di iniziare o di proseguire diligentemente le istanze contro il debitore, che viene normalmente imposto dall’art. 1267,2° comma (per tutti, art. 9,4° sez. III, Centrofactoring Spa).

Una volta verificatosi il comportamento inadempiente, l’impresa cessionaria è legittimata a considerare risolto l’acquisto del credito, con il conseguente sorgere del diritto, alla restituzione degli anticipi eventualmente concessi.

Ma anche quando l’approvazione viene concessa, i factors mettono in atto numerose cautele, prima tra tutte la facoltà di revocare in qualsiasi momento la stessa approvazione: in genere la revoca ha effetto purchè pervenga al cliente, anteriormente all’esecuzione della fornitura.

Inoltre, i contratti contengono delle clausole di revoca automatica dell’approvazione che dimostrano come il rischio assunto dal factor,riguardi solo il mancato pagamento dovuto all’inabilità finanziaria del debitore e non quello dovuto ad altri motivi. (150)

Così ad esempio, l’art. 7.1 del formulario Ifitalia Spa, prevede la revoca in diversi casi, tra i quali vengono annoverati l’adempimento irregolare del debitore, la violazione dell’obbligo del fornitore di offrire in cessione tutti i crediti vantati verso lo stesso imprenditore e infine la mancata corresponsione al factor, dei compensi spettanti, a fronte del servizio di cessione “pro soluto”. (151)

D’altra parte, si verifica la sospensione della garanzia anche in caso d’inadempienze contrattuali del cliente e di contestazioni sulle forniture di merci, oppure di compensazioni con crediti nei confronti del fornitore (art.7.2, Ifitalia Spa).

In queste ultime situazioni, il cliente sarà tenuto ad arrivare ad una composizione amichevole nei confronti del debitore, altrimenti dovrà restituire gli anticipi ricevuti dal cessionario, maggiorati degli interessi maturati fino al momento della restituzione e riacquisire il credito, per effettuare la tutela giudiziaria delle proprie ragioni.

In tutti i casi di revoca o sospensione della garanzia, la regolamentazione contrattuale torna ad essere quella applicabile ai casi di mancato pagamento da parte del debitore, previsto dalle condizioni generali, con rimborso del finanziamento al factor e retrocessione del credito al fornitore. (152)

Al cliente si chiede di assicurare che i crediti offerti in cessione siano certi e liquidi, alla data di fatturazione ed esigibili alla data di scadenza e che tali diritti siano incontestabilmente dovuti, quali corrispettivo di merci effettivamente fornite o servizi concretamente resi. (153)

Inoltre è parte della stessa garanzia, la certezza che il debitore sia puntualmente adempiente rispetto a tali contratti e che i beni e i servizi, nonchè i documenti ad essi relativi, non siano soggetti a sequestro, pignoramento, oppure gravati da pegni o privilegi nei confronti di terzi (art. 3, ABF Factoring Spa).

Nella cessione “pro soluto”, la revoca della garanzia nei casi di mancata offerta di tutti i crediti del cliente, si ricollega al ruolo della definizione del rischio per la posizione del factor.

Infatti, il calcolo del rischio assunto dall’impresa cessionaria con l’approvazione del credito, viene effettuato sull’intera massa dei diritti di cui è titolare il cedente, in base alla quale si individua statisticamente una percentuale di probabili insolvenze, misurata sull’ammontare complessivo delle ragioni del fornitore. (154)

In questa prospettiva, la revoca dell’approvazione del credito collegata alla modifica delle condizioni contrattuali, ad opera del fornitore e senza il consenso del factor, esprime uno degli aspetti più interessanti del rapporto contrattuale e cioè il possibile controllo del factor sull’attività del suo cliente.

In pratica, l’impresa di gestione dei crediti, tende a fare in modo che il proprio cliente persegua il suo giudizio favorevole, ad esempio con l’individuazione iniziale degli acquirenti accettati e con la sottoposizione ad approvazione degli schemi contrattuali e cerchi di conservarlo successivamente, mantenendo il proprio campo d’attività nei termini già consueti. (155)

Le cautele introdotte dal factor in caso di acquisto “pro soluto”, non si esauriscono con la previsione di cause di revoca o di sospensione, poichè in questi casi l’approvazione del credito, anzichè essere data volta per volta, funziona attraverso la fissazione di un plafond.

In sostanza, l’impresa specializzata determina un’ammontare globale per ogni singolo debitore approvato, per il quale il factor assume il rischio dell’insolvenza. (156)

Il servizio assicurativo del credito ha visto aumentare la propria quota di mercato negli ultimi quindici anni e tuttavia, in considerazione degli incisive cautele di cui si valgono le imprese cessionarie in caso di approvazione del credito, appare certamente un servizio complementare nell’ambito del factoring.

Invece la grande diffusione dell’altro servizio integrativo, quello finanziario, ha finito per far accogliere una visione del contratto, come uno strumento accessorio e complementare al credito bancario e diretto essenzialmente a fornire liquidità all’impresa. (157)

Tuttavia dal punto di vista strettamente economico, il fatto che il servizio gestionale sia una costante, rafforza l’idea che come qualificazione giuridica, si abbia a che fare con un contratto di collaborazione alla gestione dell’impresa, che può essere integrato da scopi di finanziamento, o da finalità assicurative, o da entrambe insieme.

Poichè l’effetto traslativo permette di raggiungere dei risultati economici di gestione, di concessione di credito e spostamento dei rischi, è comprovato dalla corrispondenza commerciale, che in ragione di qualsiasi servizio reso, il cliente riconosce al factor una commissione percentuale quale suo compenso, che risulterebbe priva di causa se la cooperazione gestoria tra imprese, non avesse alcuna importanza nella causa del negozio. (158)

 

 

2.5     La convenzione e la definizione dei suoi effetti sui terzi.

 

 

Nei confronti dei terzi estranei al negozio di trasferimento, la convenzione di base ha un rilievo limitato e non è innovativa rispetto ai principi stabiliti dalla giurisprudenza sul tema dell’opponibilità della cessione, considerata la prevalenza del ruolo spettante sull’argomento alla disciplina legislativa. 

L’interesse delle imprese del settore è quello d’imporre al debitore delle forme di comunicazione, il più possibile semplificate, mutuando il contenuto di quelle sentenze che giudicano sufficiente qualsiasi forma d’intervento, adatto ad avvertire il debitore dell’avvenuta modifica del destinatario del pagamento.

In particolare è comune la previsione che sulle fatture dirette ai debitori, sia stampata l’avvertenza che il relativo pagamento può essere liberatorio, solo se effettuato nei confronti del factor. (159)

Altri meccanismi, prevedono l’invio per raccomandata, di un modulo predisposto dal factor che trasmette l’avvenuta cessione (art. 4,2°, Factorcoop Spa), ma l’impresa cessionaria può riservarsi d’imporre tale comunicazione a spese del fornitore, nelle forme più adatte al caso singolo (art. 2, Ifitalia Spa).

In sostanza, i factors tendono a considerare sufficiente un’avviso del tutto informale, ma alcuni di loro preferiscono cautelarsi imponendo, quando questo sembri consigliabile, dei sistemi che possano certificare la data di notificazione, soprattutto quando si pensa che a breve termine, potranno nascere delle controversie, ad esempio nel caso del fallimento del cedente.

Infatti la giurisprudenza più seguita, ha avuto per lungo tempo una posizione molto rigida, basata sugli artt. 2914 e 1265 del c.c., richiedendo una notifica con precisi caratteri formali, per risolvere il conflitto tra cessionario e terzi, oppure tra cessionario e creditori pignoranti.

Inoltre i moduli, prevedono il caso in cui il debitore paghi al cedente, piuttosto che al cessionario e a proposito dell’effetto liberatorio di questi pagamenti, gli schemi negoziali dimostrano la tendenza ad evitare i percorsi giudiziali, che coinvolgano anche il ceduto e quindi si propongono di risolvere la questione solo tra le parti. (160)

Un’importante novità è stata introdotta dall’art. 5 della legge n. 52/1991, che ha previsto un nuovo criterio d’opponibilità, stabilendo accanto alla notificazione e all’accettazione del debitore, anche il pagamento provvisto di una data certa.

La disciplina legislativa, richiamata dalle condizioni generali di contratto, presuppone la presenza nelle parti dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge, ma è stata oggetto di numerose critiche, poiché sembra giudicare equivalente il concetto d’efficacia della cessione indicato nella rubrica, con quello dell’opponibilità della stessa, contenuta nel testo della norma. (161)

Infatti, può sicuramente accadere che la cessione sia opponibile ai creditori del cedente in base all’art. 5 lett. b), siccome il pagamento del corrispettivo ha data certa, ma contemporaneamente può darsi che il trasferimento sia inefficace nei loro confronti, poichè tale pagamento è stato eseguito nell’anno anteriore al fallimento e prima della scadenza del credito ceduto (art. 7).

Il legislatore ha voluto tutelare il cessionario che procede al pagamento di una parte del corrispettivo della cessione, contestualmente all’accordo, quale acconto anticipato e prima che le formalità di cui all’art. 1265 c.c. possano divenire efficaci.

Di conseguenza, la norma rappresenta una protezione degli interessi del factor che abbia concesso un finanziamento, sul credito non ancora riscosso e di solito non ancora scaduto. (162)

Invece la disposizione non ha stabilito nulla, circa il rapporto tra l’entità dell’anticipo e il valore dei crediti ceduti e nessun richiamo al riguardo è contenuto nei formulari contrattuali che sul punto, collegano strettamente l’anticipazione a un’ulteriore accordo tra le parti. 

Rimane evidente che in ipotesi di conflitto tra il cessionario e i creditori del cedente, il factor che esegue il pagamento parziale, risulta debitore del fornitore per il residuo e che quindi, il creditore pignorante del cedente potrà agire nei confronti dell’eccedenza.

Il coordinamento dell’art. 5 con il precedente art. 4, deve tenere conto che il limite della garanzia del cliente verso il cessionario è il corrispettivo pattuito e dunque l’efficacia del pagamento si estende a tutta la cessione, non limitandosi all’eventuale parte del credito coperta dal corrispettivo. (163)



2.6     La disciplina dei doveri nascenti dalla cessione del credito.



Un gran numero delle disposizioni negoziali del factoring è dedicata alla regolamentazione dei rapporti tra l’imprenditore specializzato e il fornitore nell’esecuzione del contratto.

Le imprese di gestione del credito, tendono a richiamare gli effetti legali della cessione in ordine ad una serie abbastanza ampia di problemi, che vanno dalla garanzia per l’esistenza del credito (art. 4, l. 52/1991), ai doveri di collaborazione tra cedente e cessionario, fino alla trasmissione degli accessori del credito (art. 1263 c.c).

In particolare, sul tema della garanzia per il c.d. “nomen verum”, i factors sembrano orientati a non includere nell’elenco delle ipotesi previste, l’inesistenza materiale del credito, sostenendo l’opinione per la quale, l’insussistenza costituisce una causa di nullità del contratto (in proposito, art. 7/2 lett. c), Istituto Bancario S.Paolo). (164)

Sicchè gli schemi negoziali, sembrano considerare operante la garanzia, solo per i crediti materialmente esistenti, ma di fronte ai quali un'ampia serie di eccezioni opponibili dal debitore, oppure di ragioni accampabili dai terzi, potrebbe bloccare l’esercizio del diritto da parte del cessionario. (165)

In definitiva, il risultato economico è quello di accollare al cedente, il rischio delle eccezioni opposte al debitore, visto che quasi tutte le contestazioni mosse da quest’ultimo, comportano la revoca dell’approvazione.

Infatti, tutta la modulistica esaminata prevede che i pagamenti del debitore, prima debbano essere imputati alla parte approvata dei crediti e solo in un secondo momento, alla parte non approvata.

In questo modo, il factor che abbia ricevuto pagamenti solo parziali, tenta d’esaurire subito il plafond per cui ha assunto il rischio, in modo da poter effettuare la rivalsa verso il cedente per la parte residua. (166)

Una possibile imputazione del pagamento fatta dal debitore ceduto nel rispetto dell’art. 1193 c.c., non potrebbe essere disattesa dal factor, poichè il ceduto è estraneo rispetto alla convenzione di factoring e quindi non può essere tenuto al rispetto di quest’assetto di rapporti.

Perciò nei limiti di legge, se il debitore ha più di un debito rispetto al fornitore, sarà libero di effettuare l’imputazione che ritiene più conveniente, considerando che nell’ambito della relazione che lo lega al fornitore, il creditore subentrante potrà convenire liberamente l’ascrizione dei pagamenti. 

La responsabilità del cedente e del ceduto sono alternative e il cessionario può agire o contro l’uno, o contro l’altro, ma non contemporaneamente nei confronti di entrambi.

In effetti, se il factor desidera conservare la titolarità del credito, dovrà agire contro il debitore e solo dopo averlo inutilmente escusso, verso il cedente in veste di garante.

Se viceversa il factor ricorre alla garanzia, la cessione del credito dovrebbe considerarsi risolta di diritto, senza un ulteriore atto con cui dover realizzare la retrocessione del diritto. (167)

Uno dei costanti richiami degli schemi negoziali è quello che stabilisce il dovere del cedente, di trasmettere al factor tutti i documenti probatori del credito, nonche gli eventuali effetti cambiari opportunamente girati.

Precisamente, l’art. 2 delle Condizioni Monte dei Paschi,dispone che a tali titoli si applichino le norme che regolano i servizi d’incasso e accettazione degli effetti, documenti o assegni sull’Italia o sull’estero, che formano parte integrante della disciplina sui conti correnti.

Se le modalità di pagamento, dovessero prevedere l’emissione di ricevute bancarie o di bollettini d’incasso, il factor s’impegna ad emettere la relativa documentazione, addebitandone le relative spese al fornitore. 

La trasmissione dei documenti, oltre ad essere rispettosa dell’art. 1262 c.c. è anche un aspetto specifico di quei generali doveri di collaborazione del cedente, diretti a facilitare la soddisfazione del cessionario.

Tali doveri sono accessori rispetto alla prestazione principale del rapporto obbligatorio, ma comunque la loro inosservanza, può dar luogo alla piena responsabilità del debitore per l’inadempimento. 

Infatti, i formulari specificano che tra questi doveri di collaborazione del cedente rientrano quelli di fornire a proprie spese, copie o estratti autentici delle scritture contabili, riguardanti il rapporto di factoring e di stipulare gli atti e di firmare le lettere e i documenti utili al cessionario, per incassare i crediti ceduti e le somme accessorie.

All’impresa di gestione del credito, vanno inoltre comunicati tutti i dati e le notizie, di cui il cedente è a conoscenza, circa la solvibilità dei debitori ceduti e ogni loro pretesa o domanda giudiziale, anche non collegata al rapporto commerciale (art. 7, ABF Factoring Spa).

Però gli atti o i documenti che il fornitore sarà tenuto a rilasciare o a sottoscrivere, dovrebbero riguardare strettamente il rapporto costitutivo del credito, in modo da soddisfare il factor e sottrarlo a eventuali eccezioni opponibili dal debitore.

Questi adempimenti, non potranno svantaggiare il cedente, facendogli assumere oneri ingiustificati, contrari alla logica del rapporto, oppure peggiorare le sue relazioni con la clientela.

Così ad esempio, il fornitore potrà essere chiamato a sottoscrivere dichiarazioni utili sul piano probatorio e a stipulare atti accessori al contratto costitutivo del credito.

Il cliente potrà anche rilasciare una procura alle liti, nel caso in cui il debitore contesti giudizialmente l’esecuzione della fornitura, ma anche rifiutarla giustamente, quando la sua controparte contrattuale, abbia criticato a ragione la fornitura e nonostante ciò, il factor pretenda di agire in giudizio.

Perciò il significato complessivo del rapporto, impone che gli oneri d’informazione in capo al cedente, non debbano essere tanto estesi da gravare con scomodi adempimenti, colui che col contratto cerchi appunto di alleggerirsene.

Infatti, uno dei motivi di ricorso a questo negozio di collaborazione è proprio quello di sollevare il fornitore dalle attività legate alla gestione dei crediti e quindi sarebbe assurdo imporre particolari doveri in questa direzione, obbligando il cliente a tenersi informato oltre misura sullo stato dei propri debitori.

Di conseguenza, l’inciso “d’iniziativa” contenuto nelle clausole relative a quest’attività d’informazione del fornitore, deve essere limitato all’obbligo di comunicare solamente le notizie conosciute e non anche quelle conoscibili con uno sforzo diligente. (168)

Invece si allontanano da quei doveri di collaborazione in senso stretto, quasi per costituire un logico effetto del trasferimento del credito, quelle disposizione che impegnano il cedente, a “non concedere riduzioni di prezzo, ne ad autorizzare restituzioni di merci, a qualsiasi titolo, se non col consenso scritto del factor”(art. 6,4°,Centrofactoring Spa ).

In pratica al fornitore, viene imposto di mettere a disposizione le merci al cessionario del credito, nel caso in cui esse vengano restituite dal debitore e a patto che nel contempo, non si sia verificata la restituzione del corrispettivo anticipato dal factor (art 8,3°,Factorcoop Spa).

Le clausole di questo tenore, rendono esplicito il risultato della cessione che in quanto tale, priva il cedente di ogni potere dispositivo sul credito ceduto e fa diventare inopponibile al cessionario, l’eventuale risoluzione convenzionale del contratto, da cui deriva il credito, se essa è stipulata dopo la conoscenza della cessione da parte del debitore (App. Milano 21 febbraio 1975, in Giur. comm, 1978, II, p. 387).

La tutela dell’impresa cessionaria del credito, di fronte ad atti dispositivi del cedente è tuttavia abbastanza immediata, perchè anche quando il credito sia stato acquistato “pro soluto”, il factor si sottrae a ogni garanzia a fronte di sconti, arrotondamenti e abbuoni di prezzo, che il debitore, anche senza titolo trattenga all’atto del pagamento.

     Le disposizioni esaminate, prevedono che qualora i contratti con i debitori stabiliscono depositi cauzionali e il cedente intende usare gli stessi come ratei e canoni dovuti dal debitore, dovrà chiederne autorizzazione al factor, al quale saranno successivamente versate le citate disponibilità (art. 6, Banca Monte dei Paschi ).

Il contenuto dell’art. 1263 del c.c., riguarda il trasferimento degli accessori del credito e delle legittime cause di prelazione già esistenti in capo al cedente e le sue previsioni si possono riscontrare costantemente, in tutti i formulari esaminati. (169)

Tuttavia i factors, non sembrano accontentarsi di questa ampia successione di garanzie e in passato hanno tentato di crearne altre forme atipiche, che nelle intenzioni di questi imprenditori dovrebbero somigliare al c.d. factor’s lien di common law. 

Tale garanzia costituisce una legittima causa di prelazione, che i factors statunitensi vantano sulle merci destinate alla produzione e sui prodotti diretti alla vendita, in mancanza però del loro spossessamento. (170)

Sebbene non siano molto diffuse, sono riscontrabili disposizioni che costituiscono le merci in pegno a favore del factor, nel caso in cui il destinatario le restituisca o si rifiuti di prenderle in custodia.

In altri casi, altre regole impongono divieti d’alienazione sulle merci riconsegnate al fornitore (art. 18, ABF Factoring Spa), oppure pretendono che i beni oggetto della fornitura siano tenuti a disposizione a favore del factor (art 8,Factorcoop Spa).

Invece un’assetto dei rapporti di carattere più marcato è quello stabilito dall’art. 8/6 dell’Istituto Bancario S.Paolo, che contrariamente all’orientamento comune, prevede appunto la costituzione in pegno. (171)

Il nostro ordinamento, non conosce forme di pegno che prescindano dallo spossessamento, come invece farebbero ritenere tali disposizioni in esame e forse il loro abbandono o quanto meno il loro mancato uso generalizzato, esprime le preoccupazioni diffuse circa la loro nullità.

Probabilmente, dovrebbero considerarsi nulli i divieti di alienazione, che se venissero inseriti nelle condizioni contrattuali senza limiti di tempo, in base all’art. 1379 c.c., non avrebbero valore obbligatorio tra le parti. 



2.7     La garanzia per la solvenza del debitore ceduto.



Una rilevante innovazione introdotta dall’art. 4 della legge n. 52/1991 è l’inversione del principio espresso nell’art. 1267 del c.c. e quindi la previsione della garanzia del cedente per la solvenza del debitore ceduto, come un’effetto naturale della cessione. (172)

In definitiva, la norma ha accolto un uso comune nelle condizioni negoziali, anche se la garanzia deve ritenersi estesa solamente al corrispettivo pattuito ed è più limitata, rispetto al valore nominale dei crediti ceduti. (173)

Nella prassi contrattuale perciò, l’assunzione di garanzia può essere limitata solo ad una parte del credito ceduto, siccome il fornitore potrà chiedere al factor, di assumere il rischio dell’eventuale insolvenza del debitore ceduto. 

Il cessionario, a sua volta comunicherà con un modulo debitamente sottoscritto, l’approvazione o meno, il relativo importo e la data di decorrenza dell’intera operazione (Art. 6/1, Istituto Bancario S.Paolo).

A parte le possibili clausole negoziali di diverso contenuto, la garanzia non deve estendersi alla responsabilità del cedente e agli accessori previsti dall’art. 1267 c.c.

Infatti nel testo di legge, manca il riferimento alle “spese, agli interessi e ai danni” e la nuova disciplina descrive un rapporto contrattuale“verso corrispettivo pattuito”, nel quale le suddette poste passive, non sono considerate una conseguenza necessaria. (174)

Le stesse Condizioni contrattuali in uso, non prevedono a carico del cedente obbligazioni ulteriori, rispetto a quella di restituzione delle somme già ricevute, nell’ambito del corrispettivo stabilito per la cessione (Art. 14/a, Centrofactoring Spa).

Gli autori che si sono occupati di tale aspetto, non considerano ammissibile un’aggravamento convenzionale della garanzia legale del cedente e giudicano senza effetto, ogni patto diretto ad aggravare la sua responsabilità, applicando appunto la disciplina codicistica (art. 1267,1° comma c.c.).(175)

Il cedente potrebbe essere liberato dalla garanzia, in applicazione di un principio generale, cioè della regola contenuta nell’art. 1267,2° comma c.c., per la quale, alla negligenza del cessionario, che impedisce la realizzazione del credito, per insolvenza del debitore, consegue la liberazione dell’alienante.

Tuttavia, gli schemi negoziali escludono concordemente l’applicabilità al factor di tale disposizione (per tutti, Art. 9, ABF Factoring Spa, “...Il factor è in ogni caso esonerato dal disposto di cui al II comma dell’art. 1267 c.c...”).

La garanzia di cui all’art. 1267 del codice civile, copre il cessionario dal rischio dell’inadempimento, mentre quella stabilita dall’art. 4 è riferita anche al rischio dell’inefficacia del pagamento del debitore, obbligando il cedente a garantire la non revocabilità del pagamento. (176)

A conferma di questa osservazione,l’art. 6,2° comma della l. 52/1991, impedisce all’alienante del credito d’agire in rivalsa verso il cessionario e di richiedere i pagamenti revocati, a meno che il factor non abbia rinunciato alla garanzia per la solvenza. (177)

Le eventuali difficoltà di prova relative ad una cessione pro soluto sono eliminate attraverso l’utilizzo della forma scritta, poichè se il cliente sostenesse che la rinuncia solamente verbale della garanzia, fosse intervenuta prima o durante la stipulazione del contratto, gli sarebbe impedita la prova ex art. 2722 c.c.

Mentre se il patto fosse successivo rispetto alla convenzione, la prova per testimoni sarebbe consentita con alcune difficoltà nel caso di specie, in base all’art. 2723 c.c. (178)

Dal momento che con l’acquisto “pro soluto”, il factor assume solo il rischio dell’insolvenza del debitore e non quello dell’inadempimento dipendente da altre cause, gli schemi contrattuali prevedono specifiche ipotesi che determinano la cessazione dell’assunzione di garanzia, da parte dell’imprenditore cessionario a favore del cedente.

Le cosiddette cause di decadenza, affiancano la revoca per volontà del factor ed in fondo sono condizioni risolutive, del particolare patto in base al quale l’impresa cessionaria rinuncia alla rivalsa sul cedente, obbligandosi ad agire verso il debitore. (179)

Mentre la decadenza è legata a fatti specifici e puntualmente circostanziati nei formulari, l’eventuale revoca è concepita come esercitabile in qualsiasi momento, sempre che il fornitore non abbia ancora eseguito la prestazione verso il ceduto.

In entrambi i casi, l’approvazione si considera come non concessa fin dall’inizio, facendo venir meno con efficacia retroattiva, la garanzia di pagamento assunta dal factor.

Un’ipotesi di revoca dell’approvazione del credito è determinata dalla contestazione del debitore circa l’esatto adempimento del cedente e si collega ad un suo mancato pagamento dipendente da fondate eccezioni (Art. 7.1, Add. pro soluto, Ifitalia Spa). 

Alcuni dubbi nascono però, dove si consideri l’effetto di questa condizione nello svolgimento pratico del rapporto, dal momento che sono frequenti i casi di coloro che essendo in difficoltà economica, ritardano il pagamento, sollevando eccezioni ingiustificate sull’esattezza della prestazione del creditore (Art. 7.2, Add. pro soluto, Ifitalia Spa).

Tuttavia anche di fronte a questo tipo di contestazioni infondate, il factor sembrerebbe potersi sottrarre al rischio di insolvenza, visto che spesso la clausola non fa riferimento alla fondatezza dell’eccezione.

In particolare, la deroga generalmente prevista dell’onere di attivarsi per proporre le azioni contro il debitore, trasformala revoca della garanzia in una risoluzione dell’acquisto del credito, con la contemporanea cessazione anche del servizio gestionale attinente all’assunzione delle liti giudiziarie. (180)

Questo carattere condizionale dell’assunzione del rischio, consente di applicare le norme che impongono doveri di correttezza in pendenza della condizione, ma anche il principio della buona fede nei comportamenti reciproci, in costanza del rapporto obbligatorio. (181)

In sostanza, il factor potrà invocare la condizione risolutiva, solo a patto che l’abbandono delle pretese verso del debitore non sia un ingiustificata sottrazione di un rischio già accettato, ma sia effettivamente una scelta attuata dopo un attento esame dell’eccezione.

La valutazione dovrà dimostrare che il mancato pagamento, non dipende da un’insolvenza nascosta sotto altre forme, ma invece da un motivo estraneo al rischio assunto. 

Le stesse motivazioni spingono a considerare come cause di sospensione dell’approvazione del credito, sia le situazioni per le quali il debitore eccepisca compensazioni con crediti verso il fornitore e sia la dichiarazione del debitore di voler intrarprendere un’azione contro il fornitore (Art.7/2, Ifitalia Spa, Add. pro soluto).

A proposito di quest’ultima ipotesi, la sua interpretazione dovrebbe essere piuttosto restrittiva, se non si vuole arrivare alla conseguenza che il factor si sottrae al rischio assunto, quando il debitore dichiara di voler agire giudizialmente verso il fornitore, per rapporti estranei a quelli costitutivi il credito ceduto.

La condizione risolutiva potrà attivarsi solo se l’azione del debitore riguardi il credito ceduto o le circostanze opponibili al cessionario e se venga accertato che il mancato pagamento dipende da un evento diverso da una semplice impossibilità a pagare del debitore, solo momentaneamente nascosta dalla minaccia di agire contro il creditore.

In tutti questi casi, il fornitore dovrà raggiungere un accordo amichevole con il debitore ceduto, entro sessanta giorni dalla data in cui sia venuto a conoscenza delle previste eccezioni.

In mancanza, le Condizioni generali di contratto prevedono la retrocessione del credito al cliente, perchè provveda a tutelare giudizialmente le proprie ragioni e la restituzione al factor degli anticipi corrisposti, maggiorati degli interessi convenzionali decorsi, fino al momento della restituzione.



 

2.8     Le relazioni negoziali generiche tra factor e fornitore.

 

 

Il dovere di collaborazione tra le parti del rapporto, dovrebbe rappresentare un elemento d’interpretazione delle norme che regolano il factoring, ma le Condizioni contrattuali approntate dalle più importanti imprese del settore,concedono maggiore rilevanza alla definizione dei doveri del fornitore.

Il factor è genericamente obbligato ad agire, tenendo in considerazione l’interesse del fornitore a mantenere buoni rapporti con i propri acquirenti, soprattutto con riguardo al potere d’eseguire in qualsiasi momento, gli opportuni controlli sull’azienda e sulle strutture contabili del fornitore (art. 17, Factorcoop Spa). (182)

Con la previsione di queste facoltà,i factors tendono a cautelarsi da un lato nell’acquisto dei crediti, dal momento che dall’esame della contabilità del fornitore, essi possono rendersi conto dello stato dei rapporti con la clientela e della puntualità di questa nei pagamenti. 

Inoltre dalle scritture contabili, emergono elementi attinenti la solvibilità dei soggetti interessati, nonchè dati rivelatori del rispetto del patto di cessione globale. 

Alcuni autori giuridici, hanno ravvisato in questo potere di ispezione, un’espressione del controllo del factor sui propri clienti, nel senso indicato dall’art. 2359,2° comma c.c., perchè esso si risolverebbe in un’influenza dominante in base ai vincoli contrattuali imposti. (183)

Un’indiscriminata rinuncia del cedente alla propria riservatezza commerciale può essere contraria ai principi di ordine pubblico economico, ma le attuali previsioni contrattuali sono meno gravose che in passato e non evidenziano ingerenze ingiustificate, rispetto alsignificato del contratto.

Il fornitore potrebbe giustamente sottrarsi alle indagini che compromettono la propria attività economica, ad esempio nel caso di un’impresa cessionaria, che pretenda di esaminare la documentazione relativa al trasferimento di un brevetto industriale, la quale non abbia almeno un diretto collegamento con le cessioni del credito. (184)

In relazione alla diversa tipologia di servizi assicurata dal factor al cliente, la modulistica adottata dalla ABF Factoring Spa, ad esempio,mostra sia la presenza di spese fisse annue, dovute per l’istruttoria della pratica del fornitore, sia l’esistenza di costi amministrativi annui, collegati ad ogni nominativo proposto nell’ambito di una cessione “pro soluto” o “pro solvendo”.

Inoltre gli stessi accordi integrativi dei contratti di factoring, distinguono la commissione per le operazioni con rivalsa, in una percentuale “una tantum” da corrispondersi in occasione di ogni cessione e in un’altra frazione percentuale, sempre del valore del credito ceduto e non interamente pagato alla scadenza, da versare al momento della consegna del documento rappresentativo del credito.

Tali pattuizioni complementari che intercorrono tra le parti hanno anche lo scopo di definire l’entità delle spese poste a carico del fornitore, per ogni documento rappresentativo dei crediti ceduti, per le spese di tenuta conto da addebitare ad ogni chiusura, per l’incasso effetti e ricevute bancarie su carta.

Le parti contrattuali sono solite precisare l’entità del carico IVA e dell’imposta di bollo a spese del fornitore, dove applicabile e gli eventuali costi di cessione a mezzo Ufficiale giudiziario.

I prospetti esaminati, dedicano ampio spazio all’elencazione degli interessi da applicare sui corrispettivi anticipati, puntualizzandone la capitalizzazione mensile e definendo l’entità degli eventuali interessi di mora, nella misura di tre punti sopra il tasso precedentemente pattuito.

Altra funzione di questi accordi è quella di stabilire le valute calcolabili, sui versamenti intercorrenti tra le parti, relativi alle anticipazioni da effettuarsi a mezzo assegno o bonifico, sulla base di un numero di giorni lavorativi antecedenti ad esempio, la data d’emissione dell’assegno. 

Tali valute infatti, sono poi definite per ogni sistema di pagamento a favore del factor, poichè esso può essere eseguito a mezzo assegno circolare, bancario su o fuori piazza, o tramite bonifico. 

 

 

2.9    Il rapporto di conto corrente tra factor e cliente.



 

L’impresa di factoring, registra le somme di propria competenza nella partita “dare” e nella categoria “avere” gli importi dovutial proprio cliente-fornitore. 

In particolare, vengono registrate tra le poste attive per il factor, le somme riguardanti gli anticipi corrisposti, i relativi interessi e le somme che rappresentano il corrispettivo dei servizi prestati, che si calcolano in misura percentuale sull’importo del credito.

In genere, i crediti vengono acquistati al valore nominale e l’iscrizione del valore avviene in tempi diversi, a seconda del tipo di cessione messa in atto. (185)

Nella cessione realizzata “pro solvendo”, la registrazione viene effettuata al momento del pagamento e nei limiti dell’importo effettivamente ricevuto, mentre per quella senza rivalsa, il factor annota l’importo, quando riceve il pagamento e se questo avviene, oppure entro un termine dalla scadenza che può variare tra i 150 e 210 giorni.

Il conto corrente e i sottoconti in cui può articolarsi, sono soggetti ad una chiusura con periodicità anche mensile, a cui segue l’invio dell’estratto conto al fornitore (art. 15, Ifitalia Spa) e le relative risultanze, si intendono approvate in mancanza di contestazioni, decorso il previsto termine di 60 giorni dalla spedizione.

Le scritture contabili del factor, i cui movimenti non siano contestati, si considerano come facenti piena prova nei confronti del fornitore e in caso di errori di calcolo, di scritturazione o di omissioni, il cliente dovrà chiederne la rettifica al factor a pena di decadenza, entro sei mesi dal ricevimento delle scritture da cui siano comprovati.

In tendenza, i formulari prevedono un sistema di compensazione volontaria,tra il saldo del conto corrente e le somme eventualmente dovute dal fornitore al factor, anche quando tali crediti non siano liquidi ed esigibili e pure sesi tratti di crediti verso il fornitore,che il factor abbia accettato in cessione da terzi (art. 17, Centrofactoring Spa).



2.10   L’estinzione del factoring.

 

 

 

In genere, i formulari esaminati prevedono tre gruppi di cause di cessazione del rapporto di factoring, il quale a differenza dello strumento della cessione del credito, si qualifica nettamente come un rapporto di durata. 

Un primo gruppo di tali disposizioni è costituito dalle clausole risolutive espresse, che elencano una serie di ipotesi d’inadempimento, automaticamente produttive di risoluzione e rappresentano situazioni in cui sia il factor che il fornitore, potranno risolvere il rapporto in base all’art. 1453 c.c. (186)

L’impresa cessionaria dei crediti, avrà titolo alla risoluzione, anche in riferimento all’art. 1456 c.c., tramite lettera raccomandata ed in seguito alla mancata esecuzione degli obblighi conseguenti alla garanzia dell’esistenza del credito o in assenza dei dovuti pagamenti delle somme spettanti al factor.

Ma anche la violazione da parte del fornitore, degli obblighi previsti nelle sezioni relative ai suoi doveri di informazione e di collaborazione e di quelli connessi con l’anticipo del corrispettivo, comportano la conseguente risoluzione del rapporto (art. 19, Ifitalia Spa).

Di solito però, anche altre norme danno al factor la possibilità di una risoluzione: ad esempio, nel caso in cui il fornitore divenga insolvente, fallisca, venga comunque sottoposto alle procedure concorsuali, compresa l’Amministrazione controllata (art. 20, ABF Factoring Spa).

Invece diverse disposizioni riguardano la durata del contratto, che in tutti i formulari considerati viene fissata a tempo indeterminato con facoltà di recesso “ad nutum”, attribuita ad entrambe le parti e da comunicarsi in forma scritta, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, telegramma o telefax all’altra parte, senza obbligo di motivazione o di preavviso (art. 18, Banca Monte dei Paschi).

In questo tipo di accordo, la facoltà di recesso rappresenta una normale applicazione del principio della recedibilità dei contratti a tempo indeterminato. 

Di conseguenza, non sembra criticabile il fatto che alcune clausole, sottraggano alle parti l’onere del preavviso, da esercitarsi entro un congruo termine, poichè la regola è indirizzata ad entrambi i contraenti in una posizione di eguaglianza. (187)

Sebbene l’onere del preavviso, sia riprodotto nella disciplina di vari contratti tipici (artt. 1725, 1833 c.c.), sembra sicura la sua disponibilità convenzionale, perchè il suo scopo è quello di tutelare gli interessi d’esclusiva pertinenza delle parti.

Tuttavia è agevole comprendere come la clausola sia piuttosto sfavorevole al fornitore, poichè questi potrebbe trovarsi a dover improvvisamente fronteggiare un’aspetto organizzativo della propria attività d’impresa, che prima aveva delegato ad altri, con la necessità di una veloce riorganizzazione del servizio.

La considerazione della norma sul preavviso, nell’ambito della disciplina del mandato e anche la convenienza del fornitore, fanno ritenere giusto che tutti quei contratti che non escludono il preavviso, ma che nemmeno lo prevedono, debbano essere valutati in collegamento con i principi generalmente accolti e quindi a favore della sua implicita necessità.

Non si è riscontrata la prevalenza di rapporti contrattuali di durata annuale, con tacito rinnovo in mancanza di recesso, da comunicarsi tre mesi prima della scadenza, se si esclude la previsione dell’art 13, del formulario dell’Istituto Bancario S. Paolo di Torino. (188)

Le società di gestione dei crediti, stabiliscono la risoluzione del contratto, quando contro il fornitore vengano levati protesti o si propongano azioni cautelari esecutive.

     Tuttavia lo stesso risultato è collegato alla presentazione a carico del fornitore di istanze d’ammissione ad una procedura concorsuale, comprese anche l’amministrazione controllata e quella straordinaria.

In altri casi il factor si vale della risoluzione, se l’impresa cliente sia posta in stato di liquidazione, in caso d’inadempienza oppure in costanza di un ampio genere di situazioni in cui si manifesta la garanzia, che comprendono l’esclusiva titolarità, la liquidità, l’esigibilità alla scadenza, l’incontestabilità e l’inesistenza di eccezioni del debitore ceduto sullavalidità del credito (Art. 11/1, Istituto Bancario S.Paolo).

In tutti queste ipotesi indicate, il fornitore dovrà restituire le eventuali anticipazioni ricevute, compresi gli interessi maturati e le spese, entro un termine prescritto dalla successiva richiesta scritta, dopo di che decorso tale termine, il factor agirà nei confronti del fornitore, di eventuali garanti dello stesso, dei terzi aventi causa e se possibile del debitore ceduto.

In tema di scioglimento i formulari applicano il principio generale per cui lo scioglimento dei contratti di durata, lascia sopravvivere le prestazioni già effettuate dalle parti.

Più precisamente, lo scioglimento del negozio non pregiudica la validità e l’efficacia delle cessioni già perfezionate o da perfezionare, in correlazione con le disposizioni che prevedono l’assunzione della garanzia per il pagamento da parte del factor.

Di conseguenza, in questi casi, continueranno ad applicarsi le norme delle Condizioni generali di contratto e di ogni altro accordo che le integri o le modifichi, poichè avranno efficacia le obbligazioni e le garanzie assunte rispettivamente dal fornitore e dai terzi eventualmente intervenuti (art. 20,Ifitalia Spa).

Si accomuna alle previsioni appena citate, anche l’art. 20, delle condizioni contrattuali della Banca Monte dei Paschi, dove viene stabilito che entro 15 giorni dal verificarsi dell’evento risolutivo o dalla ricezione della dichiarazione di recesso, le parti provvederanno alla liquidazione del rapporto. 



 

2.11  La trasparenza delle clausole contrattuali.

 

 

 

La legge 17 febbraio 1992 n. 154, perseguiva lo scopo di garantire alla clientela una chiara e corretta informazione, rendendola consapevole dei costi relativi all’acquisto dei servizi finanziari.

Infatti la normativa sulla “trasparenza bancaria”, si riferiva ai principi stabiliti dal Consiglio delle Comunità europee, nella Direttiva n. 87/102 del 22 novembre 1986, in tema di omogeneità delle norme degli Stati membri sul credito al consumo ed è stata recepita nel nostro ordinamento, con gli artt. 18 e ss. della l. 19 luglio 1992, n.142. (189)

Le disposizioni in parola riguardano la pubblicità degli enti creditizi e degli altri intermediari professionali nei rapporti con la clientela (art. 2), ma anche prescrizioni sulla forma dei contratti (art. 3) ed gli obblighi di comunicazione periodica da adempiere verso i consumatori.

La disciplina è stata poi sostanzialmente riprodotta nel titolo VI del t.u. del credito, che pur non valutando nel merito le condizioni economiche praticate, richiede il rispetto di prescrizioni dal contenuto sia formale che sostanziale.

Le società di factoring, anche in conformità dell’art. 2,7° comma del decreto del Ministero del tesoro del 24 aprile 1992, devono esporre e mettere a disposizione i fogli informativi che spiegano analiticamente le operazioni finanziarie e i relativi costi ed affiggere alle pareti, gli avvisi sintetici relativi alle condizioni praticate, secondo schemi elaborati dalla Banca d’Italia. (190)

Questa pubblicità deve aver identico contenuto su tutto il territorio nazionale e risultare aggiornata con prontezza, circa le modifiche disposte ai tassi, ai prezzi e alle condizioni praticate.

In particolare i tassi d’interesse, debbono essere indicati al valore nominale e su base annua, con l’ulteriore avvertimento della periodicità di capitalizzazione.

Lo schema preparato dalla Banca d’Italia, intende distinguere gli oneri e le spese riguardanti l’intervento finanziario del factor, dalle spese pertinenti la gestione ordinaria dell’operazione.

Infatti la normativa di base può essere distinta in tre parti: una riguardante le anticipazioni e i finanziamenti, che riporta la misura del tasso applicabile, degli interessi di mora e di quelli di massimo scoperto.

Un’altra sezioneè dedicata alle voci riferite alle spese di istruttoria, di tenuta di conto, di valutazione dei debitori, di riscossione effetti ed altri documenti e alle valute applicabili agli incassi e agli accrediti e infine l’ultima parte dello schema, prende in considerazione le spese di invio delle comunicazioni.

Per ciò che riguarda la forma e il contenuto dei contratti, l’art. 117 del T.U. del credito pone l’importante principio, per cui le prestazioni economiche a carico del cliente, sono solo quelle determinate o determinabili nel testo contrattuale.

I contratti devono avere la forma scritta (art. 117,1° comma e anche art. 4 del d.m. tesoro 24 aprile 1992) e in mancanza sono considerati nulli (art.117,3°comma) e inoltre richiedono l’indicazione degli interessi e di ogni altro prezzo e condizione praticata (art.117,4° comma ).

Infine, la variazione delle condizioni economiche nel senso sfavorevole al cliente, deve essere contenuta in un’apposita clausola contrattuale sottoscritta specificamente, mentre si considerano nulle le clausole di rinvio agli usi per la determinazione di prezzi, interessi e condizioni, meno agevoli rispetto a quelli esplicitamente pubblicizzati.

L’art. 118 del t.u. dispone poi, che se nei contratti di durata, è convenuta la facoltà di modificare unilateralmente le varie condizioni, le variazioni sfavorevoli debbono essere comunicate al cliente, nei modi e tempi previsti dai provvedimenti del Comitato Interministeriale Credito e Risparmio.

Il factoring costituisce una relazione di durata tra il cessionario e l’impresa cedente e i formulari contrattuali riconoscono alle due parti un potere di recesso “ad nutum” (Art. 19 Centrofactoring Spa, art. 18 Banca Monte dei Paschi), ma la disciplina dei rapporti reciproci mette al sicuro l’efficacia delle cessioni già concluse, al momento in cui diventa operante l’atto di recesso. 

In aggiunta a questa fattispecie di carattere generale, si è affermata un’ulteriore ipotesi in favore del fornitore e cioè il recesso che questi potrà esercitare, entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione scritta, con la quale viene informato delle modificazioni dei vari aspetti contrattuali (art. 17,2° comma, Ifitalia Spa).



2.12   La natura giuridica della convenzione.

 

 

 

Secondo un’orientamento sostenuto da molti autori, il factoring è un contratto di scambio (191), dove alle cessioni di credito va riconosciuta una causa di vendita e all’eventuale anticipazione va attribuita la natura di pagamento parziale del corrispettivo, perchè gli interessi corrisposti sulle somme erogate dal cessionario, al pari della commissione, sono una componente negativa del prezzo. (192)

Questa qualificazione si basa anche sulla struttura dei modelli contrattuali approntati dalle imprese, in cui il factor dichiara di acquistare i crediti dell’impresa cliente, obbligandosi al pagamento del corrispettivo pattuito, pari al valore nominale del credito.

Nella convenzione sono anche disciplinati in via programmatica i tratti essenziali di altre prestazioni ulteriori del factor, come l’assunzione del rischio di solvenza del debitore ceduto e la frequente corresponsione di anticipazioni a valere sul prezzo di acquisto.

Nella determinazione della disciplina applicabile al negozio, il De Nova ha sostenuto la necessità di far riferimento ai contratti di scambio, tenendo però presente che il factoring, pur avendo tale struttura, può sicuramente svolgere una funzione di finanziamento. (193)

La causa complessa del factoring è stata individuata dal Porro nella sua adattabilità a realizzare un contenuto di scambio, nelle forme della vendita vera e propria oppure nell’attuazione di altre funzioni, come quella creditizia o quella della prestazione diun servizio. (194)

Anche secondo il Santangelo, la definizione del factoring coincide con quella di un contratto innominato a funzione complessa, che deriva dall’unificazione diretta al medesimo scopo, di varie cause tipiche in esso ricorrenti e quindi la formula negoziale assomma in se, un’insieme di prestazioni di servizi, tra i quali il finanziamento, la gestione del credito e la garanzia per la solvenza del debitore ceduto.

Ma la figura differisce dall’assicurazione, in quanto nel caso in cui il factoring avvenga senza rivalsa, l’assicuratore si impegna a corrispondere l’indennità al momento in cui si verifica l’insolvenza, mentre il factor paga in anticipo e poi di norma l’assicuratore copre il rischio solo in parte, laddove l’impresa cessionaria garantisce per l’intero. (195)

Diversamente dall’opinione appena ricordata, la Corte d’Appello di Milano, in un passo di una sentenza interpretata come uno dei motivi fondanti la pronuncia, ha affermato che “ il contratto di factoring ha natura aleatoria perchè per i crediti approvati, il cessionario ha l’obbligo di accreditare il corrispettivo anche nel caso d’insolvenza del debitore ceduto. (196)

Tuttavia in un vero e proprio contratto aleatorio, l’alea renderebbe incerti dall’inizio, i margini di guadagno e di danno di entrambe le parti, così da diventare sostanzialmente bilaterale. (197)

Invece il credito oggetto della cessione, ha un valore determinato o determinabile, che deve essere valutato dal factor, anche in considerazione della solvibilità del debitore.

Quindi nel factoring, sarebbe rilevabile solo una generica alea in senso economico, che rappresenta la misura normale di un rischio ragionevolmente prevedibile di qualsiasi negozio bilaterale e che non può essere accomunata, con quella che impedisce la risoluzione e la rescissione in base agli artt. 1448 e 1467 c.c.

Inoltre il factor, non sempre assume il rischio per l’insolvenza del debitore e anche quando decide di farlo, il contenuto della modulistica ne evidenzia i limiti precisi: la decadenza dalla garanzia avviene sia per causa di forza maggiore, sia quando il mancato pagamento del debitore, dipende da eccezioni che il ceduto basa sul contratto intercorso con il cedente ( per tutti, Art. 7.2 lett e), Istituto Bancario S.Paolo ).

In uno studio dedicato al contratto di sconto, il Panzarini ha osservato come le società di factoring sono solite invadere il campo delle imprese bancarie e come i trasferimenti di crediti avvengono in funzione di garanzia, se contestuali ad un finanziamento e se successivi, si realizzano a scopo tipicamente solutorio. (198)

Anche se il factoring non è qualificabile all’interno di uno schema unitario, secondo quest’autore,il meccanismo della vendita è lo strumento principale per ottenere la mobilizzazione dei crediti d’impresa e l’anticipazione concessa dal factor, non avviene a titolo di sconto e neanche come pagamento versato “pro quota”. 

In particolare, dovrebbe escludersi il contratto di sconto, perchè lo scarto tra la somma anticipata, che in genere costituisce circa l’80% del credito ceduto e il suo valore nominale, considerato come costo dell’operazione, verrebbe a rappresentare un tasso fortemente usurario, ma anche perchè gli interessi dovuti al factor sulle somme anticipate, non sono prededotti, come nel contratto previsto dall’art. 1588 c.c., ma sono calcolati e pagati successivamente.

In base a queste considerazioni,il modo adatto per spiegare il decorso degli interessi sugli anticipi, sarebbe quello di ammettere che il fornitore riceve questi importi con l’obbligo di restituirli e di conseguenza, al contratto di vendita di crediti deve considerarsi collegato funzionalmente un contratto di mutuo.

Il termine per al restituzione del “tantundem” è fissato per il cliente al momento della scadenza del credito, mentre il debito che si crea per la restituzione è regolato mediante compensazione dei reciproci debiti delle parti contrattuali.

A questa ricostruzione sembra aderire il Tribunale di Napoli nella Sentenza 4 luglio 1986, riguardante la controversia SMAC Spa c. Barclays Factoring Spa, in Fallimento (1987), in cui i giudici hanno ravvisato il sinallagma contrattuale nella prestazione reciproca di un mutuo e di una cessione che sorgono contestualmente, in maniera tale da non risultare consentita l’impugnativa separata, della cessione rispetto a quella del mutuo.

Invece tra coloro che non ritengono corretto seguire la valutazione del contratto in termini di vendita dei crediti, alcuni ne hanno messo in evidenzala variabilità della causa tenendo conto delle diverse forme possibili di attuazione del rapporto, mentre altri hanno qualificato il factoring come un’accordo avente causa unica. (199)

Nell’ambito del primo orientamento, il Carnevali ha evidenziato la natura di durata della convenzione, come contratto atipico di liquidità da un lato e di garanzia dall’altro, giudicando la cessione del credito come un’effetto solamente strumentale dell’accordo. (200)

Precisamente, l’impresa cedente utilizza a questo scopo la cessione di credito e contemporaneamente garantisce al cedente, una disponibilità economica attuale attraverso gli anticipi concessi dal factor, realizzando una specie di mandato all’incasso con piena titolarità, se non vi siano anticipi e al contempo un’anticipato regresso, per l’ipotesi in cui il factor garantisca la solvenza del debitore ceduto.

Sempre il Carnevali ha interpretato innovativamente alcuni aspetti del rapporto, ad esempio definendo la facoltà dell’imprenditore cessionario di acquistare o meno tali crediti, come una condizione potestativa, con la quale il factor si tutela nel caso in cui il fornitore voglia occultarli.

L’Autore descrive il contratto come una cessione globale condizionata di crediti presenti e futuri, ma critica l’idea che nel contratto di factoring si metta in atto unicamente un trasferimento di crediti a scopo di garanzia, poichè il negozio non vieta al factor di disporre del credito ricevuto in cessione, cedendolo al terzo e scontandolo per rifinanziarsi.

Inoltre il factor, nel caso di adempimento del debitore ceduto, si soddisfa direttamente sull’oggetto della garanzia e tutto ciò sembra contrario alla struttura e alla funzione di tale istituto, nel nostro ordinamento, poichè il creditore che ha ricevuto in garanzia un credito verso terzi, non può liberamente disporne (art. 2792 c.c.) e neanche rivalersi direttamente su di esso ( art. 2803 e 2804 c.c).

Ulteriormente nella reale configurazione del rapporto, il pagamento da parte del debitore ceduto costituisce il normale mezzo di soddisfacimentodel cessionario e la rivalsa verso il cedente, alla quale il factor può rinunciare, viene considerata eventuale ed eccezionale.

L’atteggiamento dei rapporti reciproci tra factor e cliente-cedente non delinea una prestazione in luogo dell’adempimento dell’obbligo di restituire le somme anticipate. 

Nel factoring, l’impresa di gestione dei crediti decide sia sul “se”, che sul “quanto” del finanziamento, che rimane pur sempre una prestazione eventuale, a differenza che nella “datio in solutum”. 

Per il Carnevali, il factoring senza rivalsa non è un contratto aleatorio, come non lo è allo stesso modo la fideiussione, dal momento che il factor non garantisce ogni rischio riguardante il credito, ma si trova nella medesima posizione di un fideiussore o del mandatario con il patto dello star del credere, siccome essi per non pagare, possono opporre tutte le eccezioni esperibili dal debitore ex art. 1945 c.c.

La caratterizzazione mutevole della causa del factoring venne sostenuta anche dallo Zuddas, il quale definì il rapporto come operazione creditizia o assicurativa, poichè la sua causa si specifica proprio nelle singole cessioni dei crediti.

Queste cessioni dovrebbero essere intese come negozi attuativi di trasferimento, messi in atto in adempimento di un “pactum de contrahendo” stipulato in precedenza. (201)

L’Autore individua nel contratto un carattere di definitività, dato dal fatto che le successive cessioni non ne costituiscono il superamento, ma la specificazione e anche perchè la convenzione non è soggetta ad essere sostituita con altra situazione giuridica finale.

Quindi nel factoring, va individuata una funzione non unica ma “articolata”, perchè si compone di una varietà di atteggiamenti funzionali che si specificano in ogni singola cessione, come negozi traslativi “solvendi causa”, ossia negozi di attribuzione di un’operazione giuridica già impostata.

Per essere valide, queste prestazioni richiedono un riferimento causale esplicito, hanno bisogno cioè di adempiere ad un precedente rapporto obbligatorio.

Questo è quanto accade nel factoring, dove il trasferimento del diritto ha causa esterna e viene attuato in esecuzione di in patto precedente,contenuto nel negozio iniziale. 

Il rapporto si configura perciò come un fenomeno di pluralità negoziale e non è un contratto preliminare, poiché mentre quest’ultimo anticipa un futuro assetto d’interessi, che si concretizza poi in un contratto definitivo avente causa propria, il patto che è obbligo a contrarre, esprime un regolamento d’interessi definitivo, ma contenuto in parte indeterminato.

Altri Autori giuridici, hanno individuato nel factoring un contratto avente causa unica, nel cui ambito assume un particolare rilievo l’anticipazione creditizia a favore del cliente.

Perciò la causa del contratto, intesa come elemento di unità delle parti essenziali del negozio, consiste secondo il Clarizia, in un finanziamento operato con l’acquisto “pro soluto” dei crediti e con la concessione di anticipazioni da parte dei cessionari. (202)

In seguito, l’Autore ha avuto modo di rettificare la sua opinione, prendendo atto che le cessioni che costituiscono il momento attuativo della convenzione, sono prevalentemente realizzate con rivalsa verso il cedente.

Contro tale definizione di causa di finanziamento, si è obiettato che le anticipazioni rappresentano solamente l’estinzione dell’obbligo di pagare il prezzo della cessione e che quindi la funzione di finanziamento, non può essere realizzata attraverso la dazione anticipata, di una somma che è già in altro modo dovuta.

Inoltre l’applicazione analogica delle norme sul mutuo e sugli altri contratti di credito alla convenzione, sarebbe impedita dalla mancanza nel factoring di un’elemento qualificante di tali contratti, come l’obbligo di restituire il “tantundem” (203).

Invece una sentenza del Tribunale di Firenze del 16 luglio 1984, riguardante la controversia Raccuglia Grazia c. Centro Factroring S.p.a., ha accolto la tesi del Clarizia e ha criticato allo stesso tempo, che il factoring sia un “contratto normativo unilaterale da cui discendono negozi giuridici particolari”. (204)

Sicchè seguendo tale orientamento, dovrebbe ipotizzarsi l’uso delle norme relative la disciplina legale dei contratti di credito, per risolvere i problemi della convenzione di factoring, mentre nei riguardi delle singole prestazioni esecutive, sarebbero utilizzate le norme proprie dei tipi già legislativamente disciplinati in quanto compatibili. 

Invece la Cassandro Sulpasso, pur qualificando la cessione di crediti in termini di vendita strumentale, ha ravvisato nel factoring un contratto di collaborazione alla gestione delle imprese. (205)

Il tratto significativo dell’intera operazione è stato individuato, nello stretto rapporto tra il factor e il cliente che ne utilizza i servizi, poichè gran parte dell’attività prestata dal cessionario, come la gestione contabile, amministrativa e contenziosa, le ricerche di mercato e l’orientamento vendite, è ugualmente necessaria al funzionamento e all’espansione della stessa società di factoring.

Per l’Autrice, rappresentare il trasferimento globale di una massa di crediti, come un preliminare di cessione, ha determinato la frammentazione del negozio in una serie di distinte manifestazioni di volontà delle parti, tendenti rispettivamente a cedere e ad acquistare i singoli crediti, nei diversi momenti in cui vengono ad esistenza.

Infatti una sentenza connessa ad un’aspetto fondamentale dell’operazione,affermava che la comunicazione della cessioneper essere valida ed efficace,doveva realizzarsi in modo formale e che il debitore avrebbe dovuto ricevere notizia qualificata del relativo trasferimento. (206)

Inoltre il conflitto tra più cessionari dello stesso credito, si risolveva rispetto al debitore ceduto, con la prevalenza della cessione a lui notificata o di quella accettata per prima con atto avente data certa, ancorché posteriore (1265 c.c.).

Invece la strutturazione del contratto, nei termini di cessione in massa di crediti futuri comporta una semplificazione rispetto a tali questioni, poichè per l’opponibilità del trasferimento nei confronti dei debitori ceduti, basterebbe la comunicazione del cedente della stipulazione dell’accordo di factoring e delle conseguenze che da esso derivano.

Da quel momento il ceduto non potrebbe più affermare l’ignoranza della cessione di un singolo credito, proprio perchè gli è stato notificato l’accordo globale, magari in forma di presa nota e accettazione della cessione in massa, con il vantaggio dell’inopponibilità della compensazione, in base all’art. 1248,1° comma c.c.

Del resto il factor sarebbe tutelato rispetto a qualsiasi successivo avente causa del cedente, poichè la cessione globale è opponibile ai terzi con riguardo delle prescrizioni riferite non più alle singole cessioni, ma bensì alla convenzione di factoring.

La stessa valutazione può farsi nel caso del fallimento, allo scopo di rendere opponibili l’acquisto del factor di tutti i crediti sorti prima della sentenza dichiarativa.

In tal caso, la tutela del cessionario sarebbe possibile non solo verso i crediti già sorti, ma anche nei confronti di quelli per i quali è già stato stipulato ma non ancora eseguito il contratto di fornitura, poiché per essi il factor potrebbe aver anticipato parte del corrispettivo pattuito.

Infatti in questa ipotesi il curatore avrebbe la scelta tra l’esecuzione o meno del contratto di fornitura (art. 72,4° comma l. fall.), ma se decidesse per l’esecuzione del contratto il relativo credito spetterebbe al factor.

Nella prospettiva di un unico accordo di cessione globale di crediti futuri, la convenzione di factoring rappresenta il solo atto di disposizione dei crediti effettuato dal fornitore-cedente. 

Perciò per coloro che sostengono tale impostazione, non sarà possibile procedere all’esercizio delle azioni revocatorie nei confronti di ogni singola cessione.

L’orientamento appena descritto ricomprende in se diverse opinioni riguardanti la modalità, diretta per alcuni e mediata per altri, con cui si realizza l’effetto traslativo dei crediti quando essi vengono ad esistenza. (207)

Sempre nell’ambito di questa ricostruzione, la posizione del factor è definita da taluno come una posizione di attesa, per cui nel periodo intercorrente la stipulazione del contratto di cessione ed il sorgere del credito futuro, la situazione giuridica dell’acquirente è quella di un’aspettativa giuridicamente tutelata, di cui l’ordinamento favorisce la conservazione e l’attitudine a trasformarsi in un diritto soggettivo. (208)

La maggior parte degli giuristi che si sono occupati del contratto di factoring, ne hanno messo in evidenza l’estrema flessibilità e la natura di contratto atipico di durata.

L’impostazione appena illustrata trova ancora oggi, dopo la legge n. 52/1991, un limite nella posizione assunta dalla giurisprudenza, poichè per ciò che concerne il momento traslativo, la Cassazione ha affermato che il contratto di cessione di un credito futuro ha efficacia solamente obbligatoria ed il suo trasferimento avviene unicamente nel momento in cui esso viene ad esistenza. (209)

In tema di ammissibilità della cessione di crediti futuri, l’art. 3 della legge 21 febbraio 1991, n. 52, non si applica a tutte quelle cessioni nelle quali non si rinvengano i presupposti richiesti dalla nuova disciplina.

In questi casi, i giudici tendono ad affermare che: “al momento della conclusione del negozio debba sussistere già il rapporto giuridico di base, dal quale possano trarre origine i crediti futuri, perchè questi siano determinati o determinabili”. (210)

Anche il Frignani, in uno dei suoi molteplici contributi sull’argomento, ha avuto modo di precisare che pur realizzandosi attraverso una cessione di credito, il factoring ha un più ampio contenuto giuridico ed economico ed i suoi caratteri principali come la durata, l’onerosità i diritti e gli obblighi reciproci tra le parti, incidono nel loro rispettivo comportamento anche conobbligazionidi fare o prestare. (211)

In particolare, il contratto base sarebbe un negozio normativo bilaterale e individuale, poichè le parti convengono di applicare le norme lì stabilite nei loro futuri rapporti reciproci.

Inoltre considerando la differenza con il contratto collettivo che pure merita la qualifica di normativo,su questa strutturasi innesterebbeun contratto preliminare, a patto che le parti si obblighino a stipulare i contratti dei quali hanno concordato il contenuto.

Tale ricostruzione in termini di contratto preliminare unilaterale è criticabile sulla base di certe osservazioni giurisprudenziali, per cui al momento della stipula della convenzione, le parti non sono a conoscenza di molti aspetti essenziali del rapporto.

Questo potrebbe far propendere per la nullità di un simile contratto, per indeterminatezza dell’oggetto, poichè per non incorrere nella sanzione di cui all’art. 1418,2° comma c.c., il preliminare deve contenere gli elementi essenziali del futuro contratto definitivo. (212)

Inoltre le espressioni utilizzate dai contraenti non sembrano confermare completamente questa ricostruzione, siccome le Condizioni generali regolano il rapporto come un contratto di durata, approntando una disciplina puntuale ed esauriente da lasciare in secondo piano, le singole successive cessioni di credito, che sono ridotte ad una fase solamente esecutiva.

Infine la natura di contratto preliminare è stata contestata anche da chi ha osservato che nel factoring, quelli che costituirebbero altrettanti contratti definitivi, non hanno una loro funzione economica tipica, adatta a restare costante anche senza un collegamento con un’altro negozio, ma le singole cessioni di credito ricevono una loro funzione, proprio in collegamento con la convenzione di base.

Un’opinione contraria all’atipicità del contratto di factoring è stata proposta dal Nuzzo, il quale ha completato la sua opinione, sostenendo che la cessione dei crediti nell’ambito dell’accordo di factoring avvenga a causa di mandato. (213)

Da questo punto di vista, l’imprenditore cessionario è tenuto quale mandatario senza rappresentanza, a realizzare la gestione dei crediti trasferiti, in nome proprio e nell’interesse del cedente.

Infatti il trasferimento del diritto di credito non sarebbe incompatibile con il tipo legale del mandato predisposto dal legislatore, perchè le parti hanno sicuramente la possibilità di disporre dei diritti con effetto reale, allo scopo di rendere possibile l’attività di cooperazione gestoria pattuita, mettendo in atto la cessione, definita come una “prestazione traslativa isolata”, che trova il proprio presupposto causale nella convenzione di factoring.

Per quanto riguarda poi le attività di finanziamento e di garanzia effettuate discrezionalmente dal cessionario, esse vanno considerate come l’espressione di negozi funzionalmente collegati al mandato generale senza rappresentanza, per la gestione di una massa di crediti del cedente.

Precisamente si avrebbe un’apertura di credito, nel caso che il factor si determinasse a concedere l’anticipo e una fideiussione nel caso in cui l’acquisto del credito avvenga senza rivalsa. (214)

Per l’Autore tali contratti conservano una loro autonomia causale e questo impedisce di considerare il factoring così come attuato in Italia, come un contratto a causa unitaria, mentre sembra più rispondente al vero individuarvi un fenomeno di collegamento negoziale.

Dovrà pertanto ritenersi effetto di questo collegamento, la dipendenza che le successive pattuizioni hanno rispetto all’accordo di mandato, poichè se questo cade, gli accordi posteriori lo seguono (un collegamento negoziale di tipo unilaterale: Cass., 9 aprile 1983, n. 2520 in Foro it., 1983, I, 1900). (215)

La convenzione base contenuta nei modelli negoziali contiene inoltre l’enunciazione a livello precontrattuale, della disponibilità del factor a trattare la conclusione di ulteriori affari, come la corresponsione di anticipazioni, la prestazione di garanzie e altri servizi.

Siccome le successive stipulazioni, sono prese sulla scorta della reciproca fiducia e sulla base della collaborazione che si instaura tra le parti in ragione di un rapporto di clientela, nel rapporto di factoring si intravede una similitudine con quanto avviene nel conto corrente di corrispondenza, tenuto nell’ambito di un’attività bancaria.

Il volume dei crediti assunti in gestione ricorda, nei confronti del factor,quanto è rappresentato dalla disponibilità che si crea presso una banca, anche perchè in base all’entità della somma, l’impresa di gestione valuterà se provvedere alle anticipazioni sui crediti da incassare oppure se concedere una sorta di “credito di firma”, con l’assunzione della garanzia per il pagamento.

La conseguenza della qualificazione della convenzione di factoring nello schema tipico del mandato, comporta l’applicazione in via integrativa delle relative disposizioni, tra le quali ad esempio, quella che prevede l’obbligo di diligenza del mandatario (art. 1710 c.c.), l’impossibilità per il mandatario di eccedere i limiti fissati nel compimento dell’attività di gestione (art. 1711 c.c), l’obbligo del mandatario di far riscuotere gli interessi sulle somme riscosse a causa del mandato e non ancora consegnate (art.1714 c.c.).

Inoltre saranno applicabili ad integrazione della disciplina pattizia, lo strumento di autotutela privata costituito dalla prededuzione del mandatario ex art. 1721 c.c., ma anche l’art. 78 della legge fallimentare che dispone, nel caso di fallimento dell’imprenditore cedente, lo scioglimento del contratto e comportala retrocessione a favore della massa, dei crediti trasferiti e non ancora incassati e delle somme riscosse e non ancora girate.

Queste disposizioni riguardano però il rapporto interno tra il cedente e il factor, perchè è il trasferimento reale dei crediti che costituisce l’impresa di gestione come titolare esclusiva nei confronti dei terzi e del debitore ceduto, nel rispetto degli artt. 1264 e 1265 e degli artt. 5-7 della legge n. 52/1991, tenuto conto però dell’effettiva configurazione del contratto.



2.13  Conclusioni.

 

 

I tratti salienti dell’operazione, com’è definita dalla modulistica presa in considerazione e rinnovata rispetto alla precedente, dopo l’entrata in vigore della legge n. 52/1991, sono a parte qualche modifica di taglio prevalentemente formale e terminologico, gli stessi che erano espressi negli schemi contrattuali elaborati prima della riforma. 

Infatti il factoring rimane un rapporto che si fonda sulla cessione dei crediti, ma che poi nella realtà si compone di una serie di contenuti che spesso tolgono al trasferimento del credito, il ruolo centrale che molti autori gli attribuiscono.

Il legislatore non sembra delineare la fattispecie del factoring, conferendogli una tipicità legislativa con tecnica simile a quella seguita ad esempio, per la commissione e spedizione rispetto al mandato.

La maggioranza degli autori concorda sul fatto che il contratto rimane sostanzialmente innominato, da un lato per via del giudizio generale sulla varietà delle funzioni che si presta a svolgere nella pratica e dall’altro, perchè la nozione di tipicità sembra riguardare piuttosto il contenuto del contratto, che le sue tecniche di attuazione.

L’effetto giuridico più appariscente del factoring è costituito dal trasferimento di una globalità di crediti, nell’ambito di un rapporto professionale e continuativo tra due imprenditori.

La traslazione della titolarità di un complesso di crediti, dal cliente-fornitore al factor, dietro pagamento di una provvigione per i servizi resi, permette all’imprenditore specializzato di mettere in atto una gestione amministrativa e contabile dei diritti, svolta in nome proprio e per conto del cedente, compiendo in definitiva, un’attività articolata e funzionale alle specifiche esigenze della controparte.

La considerazione dei poteri di controllo contabile esercitati sul cedente e della riscossione dei crediti effettuata dal factor, con la previsione di un rendiconto periodico tra le parti e con l’obbligo di restituzione delle somme incassate, una volta operate le debite deduzioni, rafforza la convinzione di un rapporto più ampio di una semplice vendita di crediti (per tali aspetti: Art. 4, 8, 16, 18, Banca Monte dei Paschi). 

Da questo punto di vista, la sottoscrizione delle Condizioni generali di contratto, indica un regolamento d’interessi dichiarato dalle parti corrispondente al tipo legale della vendita, dove sono presenti i noti elementi costitutivi rappresentati dal diritto, dal prezzo e dal trasferimento di proprietà.

            Anche l’eventuale esecuzione di erogazioni finanziarie o l’assunzione di garanzia per la solvenza, solitamente è ricondotta dalla disciplina convenzionale, alla realizzazione di un programma di scambio del diritto di credito contro prezzo.

Le dichiarazioni dei contraenti però, non concludono la ricerca con la quale si assegna rilevanza alle regole concordate, perchè raccolti gli elementi costitutivi dell’accordo e delle finalità pratiche perseguite, bisogna qualificare il negozio attraverso il confronto, tra lo scopo individuato nel dispositivo e quello effettivamente perseguito.

Infatti dal punto di vista funzionale, la convenzione di factoring evidenzia il contrasto tra le affermazioni proprie dell’impresa cessionaria e del suo cliente-cedente e le effettive finalità pratiche realizzate dal contratto.

Alcuni autori hanno affermato che il legislatore italiano ha ritenuto di poter meglio tutelare le società finanziarie, configurando il trasferimento del credito come una vendita, perchè in altri ordinamenti questa struttura permette di escludere l’applicazione di una serie di onerose disposizioni, come quelle sul trasferimento di denaro e quelle sugli adempimenti pubblicitari previsti dalla cessione (in tal senso la legge n. 52/1991). 

Se tuttavia il factor venisse considerato solo un’acquirente, non si potrebbe spiegare perchè per esercitare le prerogative del proprietario e quindi per riscuotere, contabilizzare, recuperare i crediti, si faccia poi pagare un’apposita commissione. (216)

Nella pratica poi, rimane difficile contestare la validità di clausole contrattuali che contengono la previsione del prezzo, poichè le parti ad esclusione della sua determinabilità, hanno un’ampio potere di stabilirne i termini e i modi di corresponsione.

Però i criteri usati per la definizione del corrispettivo, devono risultare compatibili almeno con la funzione contrattuale che si afferma di voler realizzare.

Perciò, sembra poco credibile il ruolo economico di una vendita di crediti, il cui corrispettivo pagato è pari al valore nominale dei diritti ceduti e che non tiene in alcun conto la solvibilità dei relativi debitori, la cui diversa valutazione invece, dovrebbe incidere sul valore del bene trasferito. (217)

Il fatto che il cessionario si obblighi a pagare a fronte della cessione, un’importo pari al valore nominale del credito ceduto, indica un rapporto privo di funzione economica, oppure rappresenta un qualifica di comodo del fenomeno contrattuale, in cui l’anticipo si giustifica quando la prestazione del factor non è il pagamento, ma la gestione in cambio delle commissioni a carico del cliente.

     Inoltre, la comune clausola contrattuale che stabilisce l’accredito del corrispettivo al momento dell’effettivo l’incasso, a parte il caso di cessioni “pro soluto” o a meno che non sia stato pattuito diversamente, considera eccezionale una circostanza che invece dovrebbe giudicarsi normale e cioè il pagamento del corrispettivo al momento dello scambio.

Ma le anticipazioni concesse dal factor al cliente, sono state assimilate ad una forma di anticipo in conto prezzo, richiamando in tal modo la disciplina di cui all’art. 1185,2° comma c.c., che permette al debitore di adempiere prima del termine.

In realtà, si tratta di finanziamenti concessi al fornitore cedente, perchè la circostanza che la somma erogata frutti un’interesse al cessionario, significa che essa fa ancora parte del suo patrimonio e che l’utile ricavato, rappresenta il compenso pagato dal cedente al factor, per l’utilizzazione di un bene che deve essere restituito al cessionario.

Questo rafforza l’opinione che il pagamento dell’anticipo, non sia una prestazione che si contrappone alla cessione, ma piuttosto sia un’elemento collegato nell’ambito di un rapporto di portata più vasta.

La compravendita del credito può sicuramente svolgere una funzione finanziaria, ma tale soluzione passa attraverso il riconoscimento di un reddito dell’acquirente, da individuarsi in uno scarto tra l’entità del credito ceduto e il prezzo corrisposto, elemento che non trova una conferma invece nelle caratteristiche formali dichiarate del rapporto. 

Questa ricostruzione è confermata dalla constatazione che gli interessi corrispettivi, vengono calcolati dalla data dell’erogazione finanziaria e che spesso i versamenti anticipati,sono riferiti alla data di scadenza dei crediti ceduti, smentendo in tal modo che si tratti di un pagamento del debito del prezzo, come avverrebbe invece, se ci si rapportasse alla data di scadenza del debito del factor verso il cedente. 

Le ragioni appena esposte fanno pensare che il rapporto di factoring, sia costituito da una convenzione-base che si perfeziona mediante la sottoscrizione di una serie di condizioni generali di contratto e che questa sia completata da una serie di negozi successivi di puro trasferimento, che trovano la loro causa in una preesistente relazione giuridica.

In certi casi qualcuno di questi accordi è diretto ad attuare la cessione dei crediti e si ricollega con immediatezza alla stipula della ricordata convenzione, mentre altri negozi si presentano come strutturalmente autonomi.

Infatti, la convenzione li prevede in via solamente programmatica, poichè essi sono diretti ad ottenere la prestazione di alcuni dei servizi tipici del factor come le anticipazioni, la gestione del credito e la collaborazione commerciale (in tal senso, Art 1 Add. pro solvendo, di tutti i nuovi schemi negoziali).

Dunque, il fine costante della cessione attuata nel factoring è quello di trasferire al cessionario la titolarità dei crediti, affinchè l’imprenditore specializzato possa esercitare in nome proprio e per conto del cliente, la loro gestione contabile e amministrativa. (218)

La compatibilità del rapporto, con le caratteristiche dello schema del mandato è stata posta in discussione anche con riferimento alla facoltà del cessionario di scegliere quali crediti accettare, dichiarandoli fattorizzabili e quali invece rifiutare, poichè in tal caso sarebbe il factor e non il mandante, a determinare l’oggetto stesso del contratto. (219)

Tuttavia le critiche portate nei confronti della descritta ricostruzione dei rapporti costituiti tra le parti non sembrano cogliere nel segno.

La concreta prassi contrattuale, di collegare l’acquisto di una globalità di crediti verso un solo debitore al “plafond”, cioè ad un massimale prestabilito e concordato tra le parti, ma anche la dichiarazione di procedere alla cessioni in massa nei confronti di ogni debitore specificamente accettato anticipo, non lascia una totale discrezionalità di scelta al factor e sicuramente non permette di affermare, che il cliente non abbia un sufficiente spazio negoziale, per indirizzare le prestazioni del factor verso il proprio campo di interesse.

Da altro punto di vista, non vanno seriamente considerate limitative della libertà di determinare l’oggetto contrattuale, da parte del fornitore-cedente, le clausole negoziali che escludono dal rapporto determinati categorie di crediti come quelli derivanti da contratti condizionati o rappresentati unicamente da fatture provvisorie o “pro forma” (Art. 2/1, Istituto Bancario S. Paolo).

Inoltre si è messo in evidenza che quando il factor approva il credito ceduto e la cessione è quindi “pro soluto”, per il cedente diventa assolutamente indifferente che il ceduto adempia oppure si rifiuti di pagare.

In questo caso, il rapporto non potrebbe neanche delinearsi come un mandato “in rem propriam”, in quanto l’unico interesse giuridico apprezzabile, sarebbe quello proprio del factor e la posizione del cedente non verrebbe ad essere minimamente influenzata, dall’esito dell’azione del mandatario. (220)

Anche questa considerazione sembra smentita nelle cessioni attuate “pro soluto”, dove la mancata riscossione è di sicuro interesseper il fornitore, perchè determina un’assenza protratta di liquidità.

Infatti il pagamento del corrispettivo, avviene non prima dei 210 giorni dalla scadenza o dopo che sia comunque trascorso il periodo di ritardo medio, desunto dai precedenti pagamenti del debitore (Art. 15, BancaMonte dei Paschi).

Per di più, non sembra essere irrilevante il fatto che sulle somme erogate, decorrono gli interessi convenzionali dal momento effettivo della corresponsione, a quello del pagamento o in mancanza, a quello contrattualmente stabilito (Art. 6, Factorcoop).

In definitiva, se l’effetto giuridico della cessione permette di raggiungere dei risultati economici di gestione, finanziamento e traslazione dei rischi, la considerazione degli aspetti funzionali effettivamente costanti nel rapporto di factoring, giustifica l’idea che il credito non sia attribuito al factor a causa di vendita, ma piuttosto per realizzare un programma di cooperazione gestoria caratteristico della causa del mandato.

Considerando che la qualificazione giuridica del rapporto, che è alla base di una domanda giudiziale è una prerogativa del giudice, si potrà estendere legittimamente la disciplina del tipo legale del mandato per quanto compatibile, a quelle relazioni contrattuali delle quali si possa escludere, la causa di vendita e la presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge n. 52/1991.


 


 Tesi di Laurea: Il factoring e la cessione dei crediti d’impresa, Libera Università degli Studi di Urbino, Facoltà di Giurisprudenza, Anno Accademico 1999/2000, Candidato: Fabio Giovagnoli,  Arcevia (AN), Relatore: Chiar.mo  Prof. Antonio Nuzzo. Email: fabio.giovagnoli@libero.it.