UNIVERSITA'
DEGLI STUDI DI URBINO FACOLTA' DI GIURISPRUDENZA IL FACTORING E LA
CESSIONE DEI CREDITI D’IMPRESA La struttura
della convenzione. |
2.1
Le condizioni generali del contratto e gli usi negoziali. – 2.2 Il factoring e la cessione dei
crediti d’impresa. - 2.3
Le diverse varianti applicative dell’accordo. - 2.4 Le prestazioni del factor.
- 2.5 La convenzione e la
definizione dei suoi effetti sui terzi. - 2.6 La disciplina dei doveri nascenti dalla cessione
del credito.- 2.7 La
garanzia per la solvenza del debitore ceduto. - 2.8 Le relazioni negoziali generiche tra factor e fornitore. - 2.9 Il rapporto di conto corrente tra factor e cliente. - 2.10 L’estinzione del factoring. – 2.11 La trasparenza delle clausole
contrattuali. - 2.12
La natura giuridica della convenzione. - 2.13 Conclusioni.
Negli anni scorsi le Camere
di Commercio di Milano e di Torino hanno inserito gli usi negoziali di
factoring nelle proprie Raccolte, prendendo atto della forte capacità delle
più grandi imprese del settore, d’imporre l’uso generalizzato di clausole
predisposte. (109) Infatti, in mancanza di
una specifica normativa, si è realizzata una prassi uniforme sulle clausole
contrattuali del factoring e la pratica degli affari ha determinato
l’affermazione di veri e propri usi negoziali, operativi in assenza di
espressi richiami nel contratto e prevalenti rispetto a norme dispositive di
legge, in base all’art. 1340 c.c. (110) Successivamente un principio innovativo, introdotto dal d.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385, ha stabilito che
nell’ambito dei contratti finanziari, il cliente non può essere tenuto ad
obbligazioni, oppure sottostare a condizioni per lui sfavorevoli e non
risultanti dal testo negoziale. (111)
Tuttavia dalle singole
norme introdotte nelle raccolte provinciali, sono nate certe soluzioni
giuridiche innovative sull’argomento, accolte solo successivamente dalla
giurisprudenza prevalente. Ad esempio, la norma
consuetudinaria indicata al punto n. 6 della Rassegna torinese, prevede la
comunicazione della cessione al debitore ceduto con lettera raccomandata. Nel pronunciarsi sul tema,
i giudici di merito hanno dapprima affermato una rigida interpretazione
dell’art. 1264, che sembrava richiedere un’obbligo
generalizzato di notifica solenne, a mezzo ufficiale giudiziario (112), mentre l’elaborazione giurisprudenziale più recente, ha
considerato sufficiente l’invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno o
l’uso di un’altro sistema equivalente. (113) La pratica operativa
delle imprese del settore, ha determinato un modello negoziale abbastanza
omogeneo, attraverso la stabile diffusione dei moduli standard, anche se non
tutte le clausole contrattuali utilizzate nei formulari sono state inserite
negli usi e in particolare, non erano idonee a tale scopo, quelle contenute
soltanto in alcuni schemi negoziali. (114) Infatti, il ruolo di fonte
d’integrazione del contratto, non era attribuito alle norme pattizie uniformi
che individuavano la stessa natura del negozio in questione, come per esempio
la previsione della promessa della cessione globale dei crediti. (115)
Neanche le condizioni che
ripetevano le norme dispositive di legge e che perciò ne specificavano solo
il contenuto, come la previsione del dovere di trasferire i documenti di
prova del credito, si consideravano disposizioni utilizzabili in tal senso.
(116) Invece potevano essere
comprese negli usi quelle clausole che precisavano i doveri e gli oneri
accessori a carico delle parti, come l’obbligo del cedente di consentire le
ispezioni della contabilità o come il suo dovere d’informazione sulla
situazione economica dei debitori. (117) Un carattere sicuramente
usuale è stato attribuito a quelle norme che nelle Condizioni generali di
contratto attualmente adottate dai factors, che
definiscono le cause di decadenza o di sospensione dell’approvazione del
credito, in rapporto alle cessioni di credito attuate “pro soluto” (Art. 14, Add. Pro soluto, Factorcoop
Spa). Numerose disposizioni
sono invece riconducibili, alle clausole vessatorie previste dall’art.
1341,2° comma, come la tacita rinnovazione del contratto a tempo determinato
(Art. 13 Istituto Bancario S.Paolo), le ipotesi di
recesso a favore del factor e lo spostamento della
competenza giudiziale presso la sede del cessionario del credito. (118) Normalmente, le clausole
vessatorie non possono avere effetto, se non sono state specificamente
approvate, anche quando la loro previsione sia generalizzata, tanto da farle
valutare come disposizioni d’uso. Da questo punto di
vista, solo un controllo giudiziario delle condizioni generali dei contratti,
può individuare quelle d’esplicito oppure d’occulto contenuto vessatorio.
(119) Questa verifica può
riferirsi in particolare a quelle condizioni che permettono al factor di sottrarsi ai rischi che aveva in precedenza
assunto e che in genere, gli attribuiscono poteri non giustificati di
scioglimento del rapporto,in grado di recare danno
al cedente. (120)
Infatti, il
trasferimento del credito nel factoring ha una funzione accessoria e
strumentale, all’erogazione di una serie di servizi da parte dell’impresa di
gestione dei crediti. (122) Inoltre, l’accordo che
lega il factor al cedente ha la scopo di
alleggerire la sua struttura organizzativa, diretta alla gestione del c.d.
“portafoglio clienti” e d’ottenere un complesso di prestazioni, tra i quali
in particolare si evidenzia quello di finanziamento. (123) La
disciplina codicistica considera la cessione come
un singolo atto messo in opera tendenzialmente a scopo d’adempimento di una
precedente obbligazione pecuniaria (1198 c.c.), limitato da una serie
d’accorgimenti formali che tutelino i terzi (art.1265 c.c.) e con preclusioni
adatte a difendere lo stesso debitore (art.1260, 2° comma c.c.). (124) Invece, il contratto di factoring ha per
oggetto un flusso di crediti variabili in quantità e una serie di contenuti
articolati, che ne suggeriscono una considerazione giuridica unitaria e
distinta dall’aspetto essenziale, limitato al trasferimento del credito. Anche valutando
le numerose incertezze riscontrabili nel suo percorso legislativo, la legge
n. 52/1991 rafforza l’opinione appena esposta, non contenendo una qualsiasi
regolamentazione del factoring, sia per ciò che riguarda i requisiti
fondamentali della forma, della causa e dell’oggetto del contratto, sia in
rapporto alle clausole d’esclusiva, al regime delle eccezioni o dei criteri
che il factor deve adottare per l’accettazione dei
singoli crediti. La
possibilità di cedere i crediti futuri, anche prima che siano stipulati i
contratti dai quali tali diritti avranno origine (art. 3,1° comma),
attribuisce alla cessione prospettata dalla legge una struttura unitaria,
escludendo l’esigenza che il loro trasferimento sia l’effetto di un negozio
ulteriore e autonomo rispetto a quello iniziale. (125) Tuttavia
bisogna tenere conto che quest’effetto si produce al momento della
conclusione dell’accordo per i crediti già sorti, mentre per quelli futuri,
l’effetto traslativo avverrà al momento in cui questi verranno ad esistenza,
senza altra cooperazione tra le parti. La
funzione dell’istituto delineato dalla legge n. 52/1991, non è quindi quella
d’attribuire al factor un mandato a riscuotere e a
gestire il credito ceduto, in cambio del pagamento di una commissione per il
servizio reso, salvo il diritto del cedente ad ottenere la somma riscossa. La nuova normativa rappresenta una
specificazione della cessione già prevista dal codice civile e contiene la
previsione espressa di un corrispettivo al cedente, per il trasferimento dei
crediti al cessionario, che consente di qualificare il trasferimento
nell’ambito di una causa di scambio. Invece il
rapporto di factoring può delinearsi anche nella struttura di “un
programma pattizio di cooperazione”, considerata la natura di durata del
contratto e la finalità gestoria di una globalità
di crediti dell’impresa cedente, attuata a fronte del pagamento di una
commissione. Inoltre i
poteri di controllo contabile sul cedente e la riscossione dei crediti da
parte del factor, con la previsione di un
rendiconto periodico tra le parti e l’obbligo di restituzione delle somme
incassate, una volta operate le debite deduzioni, sono ulteriori aspetti
concreti che rafforzano questa convinzione. La
formulazione delle clausole negoziali, evidenziano che gli operatori si
riservano anche un diritto di scelta dei crediti da acquisire, che si
configura come riserva di gradimento, per cui il contratto si perfeziona
quando il factor esprime questa sua approvazione. Nel
rapporto delineato dalla cessione speciale, la determinazione del prezzo è
disposta dall’autonomia dei contraenti, i quali ne dovrebbero stabilire
l’importo, considerando sia il tempo di pagamento che la solvibilità del
debitore ceduto. Infine le
parti contrattuali dovrebbero stabilire se il pagamento dovrà essere regolato
in un’unica soluzione o in più quotee
contemporaneamente al perfezionamento, oppure alla scadenza del credito.
(126) Le
disposizioni della legge n. 52/1991, si applicano a quei contratti che avendo
funzioni di scambio, rispondano anche ai requisiti dell’art. 1 dello stesso
corpo normativo. Ma se le
parti daranno al contratto di factoring, un significato tale per cui il
corrispettivo convenuto, non abbia le caratteristiche effettive del prezzo di
vendita, allora l’accordo sarà qualificato sulla base del suo contenuto
sostanziale, probabilmente ravvisabile nel contratto di mandato.
La
realizzazione di una cessione globale di crediti, ha presentato svariate
difficoltà applicative nel nostro ordinamento e questo ha indotto i
cessionari ad evitare di formulare il contratto, come un trasferimento
attuale e istantaneo di una massa di crediti anche futuri. (127) Le incertezze originarie
che hanno caratterizzato lo sviluppo del factoring, spesso attribuiscono
all’intera operazione la forma di una convenzione base, seguita da ulteriori
negozi attuativi d’esecuzione della stessa. (128) Infatti,
negli iniziali orientamenti giurisprudenziali, si affermava la validità del
trasferimento di un credito futuro, solo se al momento della conclusione del
negozio traslativo, fosse già esistente il rapporto dal quale i crediti
avrebbero avuto origine, considerando questo elemento come un’indice della determinabilità dell’oggetto della
cessione. (129) Successivamente,
i giudici di merito hanno accolto un criterio analogo a quella usato dalla
Cassazione in materia di fideiussione omnibus, ritenendo valido il
contratto di factoring che prevede la cessione di crediti futuri solamente
determinabili, in base ai rapporti continuativi tra cedente e ceduto. (130) Per cui
originariamente e in mancanza del supporto della successiva evoluzione
giurisprudenziale, si è determinata una difficoltà pratica di estendere alle
posizioni creditorie non ancora esistenti, un effetto traslativo automatico,
simile a quello che si realizzerebbe in una normale vendita di beni futuri.
(131) In
presenza di queste posizioni restrittive della giurisprudenza, era possibile
attuare una cessione automatica, solo per quei crediti che sorgevano da un
contratto stipulato precedentemente, oppure contemporaneamente all’accordo di
factoring (ad esempio: la somministrazione). Inoltre in
questo contesto, il trasferimento di crediti futuri derivanti da contratti conclusi
posteriormente, era attuato solo di volta in volta, con la ripetizione delle
cessioni e fuori dall’effetto dell’accordo iniziale di trasferimento. Per la
determinabilità dei crediti futuri, la dottrina giuridica ha poi segnalato
vari indicatori, tra i quali uno oggettivo, consistente nel riferimento al
contratto di fornitura, uno soggettivo con il richiamo ai clienti abituali
dell’impresa cedente e uno quantitativo, che si riferisce al fatturato
previsto o prevedibile. (132) Ma la
rischiosità di una cessione unitaria di crediti futuri, ha costretto lo
sviluppo dell’operazione di factoring, a seguire la strada di una serie di
cessioni singole, attuate in esecuzione di un accordo iniziale. (133) Le
condizioni generali di contratto che si sono diffuse nella prassi, di per se
stesse non stabiliscono nessuno spostamento patrimoniale tra le parti, ma si
limitano da un lato ad obbligare il fornitore a cedere i propri crediti e
dall’altro a porre una serie di disposizioni che dovranno regolare le
seguenti singole cessioni. Anche per
questo, qualche autore giuridico ha considerato la convenzione non come un
contratto definitivo, ma piuttosto come un contratto preliminare, rispetto
alle future cessioni e con caratteri anche normativi, siccome contenente una
regolamentazione unitaria dei singoli episodi di trasferimento. (134) La legge
n. 52/1991 non ha mutato la natura sostanziale del rapporto di factoring,
quanto piuttosto ha spinto le imprese del settore, a rendere maggiormente
omogenee le clausole adottate nei loro moduli negoziali e ad adattare la
regolamentazione affermata nella prassi, ai termini della disciplina di
favore. (135) Tutti i
moduli negoziali esaminati, prendono ad oggetto le cessioni di una massa di
crediti pecuniari presenti o futuri,sorti da un
contratto di fornitura di merci o di prestazioni servizi, ma mettono in
evidenza che il rapporto potrà riguardare anche la cessione di singoli
crediti e che ad esso sarà applicata la disciplina speciale in quanto
compatibile, oppure le disposizioni di cui agli artt. 1260 ss. del codice
civile. (136) La convenzione è fondata
prevalentemente su una promessa d’offerta prospettata per impegnare il
fornitore, ma che lascia libero il cessionario di valutare se sia conveniente
o meno diventare titolare del diritto. (137) Evidentemente questa
struttura della convenzione, piuttosto che la sua costruzione come una
cessione globale automaticamente traslativa è stata usata, allo scopo di
lasciare alle società del settore una via di fuga, permettendo il rifiuto
all’acquisto del credito. (138) Infatti i formulari
prospettano un’obbligo d’offerta in cessione del
fornitore, senza corrispettivo impegno d’acquisto da parte del factor, riguardante tutti i crediti sorti nei confronti
di soggetti determinati e che il cessionario abbia dichiarato di proprio
gradimento. (139) Un’aspetto ulteriore, che è stato messo
in ombra dalle previsioni degli attuali schemi contrattuali “pro solvendo” è
quello riguardante l’atteggiamento concreto che segna la conclusione del
contratto e cioè la manifestazione del gradimento del factor
rispetto al credito ceduto, probabilmente a causa delle preoccupazioni
avanzate sulla validità di tale clausola. Infatti nella
configurazione del contratto in termini di cessione obbligatoria, la libertà
assoluta del factor nell’accettare i crediti
offerti in cessione, avrebbe portato alla nullità del contratto, per
indeterminabilità dell’oggetto, sempre che tale facoltà non fosse legata a
parametri univoci ed a una specie di discrezionalità tecnica del factor, con esclusione di quei debitori che
all’imprenditore specializzato, sembrano oggettivamente non cedibili. Nei
contratti attuali, tale aspetto è riferito all’accettazione di tutti i
crediti pecuniari d’impresa presenti e futuri, derivanti da contratti
stipulati con debitori ceduti, individuati attraverso un apposito elenco
concordato tra le parti (Art 2/1 Istituto bancario S.Paolo)
o comunque verso un debitore, nei confronti del quale il factor
abbia espresso verbalmente, il suo preventivo gradimento (Art. 1, Factorcoop Spa). Rispetto
agli schemi negoziali precedenti, viene tralasciata dalla maggioranza dei
contratti, la previsione dell’obbligo d’esclusiva esplicita nei precedenti
formulari, poiché le Condizioni generali stabiliscono un più contenuto dovere
d’informazione, limitato a specificare l’esistenza deirapporti
di factoring, con altre imprese di gestione dei crediti (Art. 5 Ifitalia Spa). (141) La validità di tali
patti d’esclusiva, richiede una limitazione d’oggetto o di tempo, in base
all’art. 2596 e all’art. 1379 c.c., che era in ogni modo soddisfatta, da una
parte con il riferimento ai crediti oggetto dell’esclusiva e dall’altro, con
il collegamento alla durata del rapporto di factoring o nel caso di un
rapporto a tempo indeterminato, con la previsione della facoltà di recesso ad
nutum a favore del fornitore. (142) Nella
prassi domestica, l’assimilazione ad un contratto di vendita del rapporto che
si instaura tra le parti, si realizza con una specie di “mascheramento”
dell’anticipazione, ossia di quella che è in realtà un autonoma prestazione
di finanziamento del factor verso il cedente, nella
forma di un versamento preventivo del corrispettivo, del quale sia l’entità
che il momento di corresponsione sono comunque stabiliti, attraverso
un’ulteriore attività negoziale dei contraenti. (143) Se le regole poste dalla
nuova legge n. 52/1991 venissero applicate coerentemente, la configurazione
dell’accordo influenzata da questa disciplina delle cessioni, dovrebbe
avvicinarsi al modello tipico dei paesi anglosassoni, dove ha avuto la
connotazione originaria di un trasferimento attuale di un flusso di crediti
anche futuri. (144) Del resto,
l’avvicinamento della prassi contrattuale italiana a quella statunitense,
sarebbe anche indicato dal fatto che il mancato gradimento del credito da
parte dell’impresa, non è tanto rifiuto del diritto, quanto quello
dell’assunzione del rischio dell’insolvenza del debitore ceduto (Art. 11, Centrofactoring Spa). (145)
2.4 Le
prestazioni del factor.
Ad esempio la Banca
Monte dei Paschi di Siena, svolge per i crediti acquistati un servizio
complesso, i cui termini sono esplicitamente chiariti nell’art.1: “Il
presente contratto ha per oggetto la disciplina dell’esecuzione delle
seguenti prestazioni: a) il sollecito,
l’intimazione del pagamento e l’incasso dei crediti vantati dal fornitore nei
confronti dei suoi debitori, nonchè la
registrazione sulle proprie evidenze, dei crediti e dei fatti amministrativi
e gestionali ad essi connessi ; b) il pagamento anticipato in tutto o in
parte del corrispettivo dei crediti ceduti ; c) l’assunzione in tutto o in
parte, del rischio per il mancato pagamento dovuto ad inadempimento dei debitori.
Inoltre a richiesta del Fornitore, il factor sarà
in grado di effettuare altre prestazioni, quali la valutazione dei potenziali
clienti italiani o esteri, il recupero giudiziale dei crediti, l’assunzione
del rischio per il ritardato pagamento da parte dei debitori. Tali
prestazioni saranno disciplinati da separati accordi”. Questa clausola è
assunta quasi generalmente in tutti i contratti esaminati e chiarisce che i
servizi prestati dal factor sono essenzialmente
tre, dei quali solo quello gestionale è l’unico certamente e sempre costante. Infatti il supporto
finanziario è estremamente richiesto dalle imprese clienti e si realizza
attraverso un pagamento anticipato del corrispettivo di cessione, che
formalmente viene determinato al valore nominale del credito. (146) Il versamento è dovuto
dal factor al momento in cui riceve il pagamento
dal debitore ceduto o nel caso di cessione “pro soluto”, entro un dato
termine della scadenza, oppure nel diverso periodo contrattualmente
stabilito. (147) Le Condizioni generali
di contratto dimostrano la discrezionalità dell’impresa di gestione crediti,
nella determinazione degli aspetti concreti dell’anticipazione, poichè a tale scopo è sempre richiesta un’ulteriore
attività negoziale tra le parti, anche per precisare il momento del
pagamento. (148) In seguito alla
cessione, il factor diventa titolare del credito
acquistato e come tale provvede al suo incasso, alla sua contabilizzazione e
se richiesto, all’assunzione delle liti giudiziarie, alleggerendo il cedente
di una serie di costi, che l’impresa cessionaria assume in modo più economico,grazie alla sua specializzazione. Un altro servizio
eventuale è quello “assicurativo” del credito, che si realizza attraverso un
acquisto “pro soluto”, anche se diversamente del modello statunitense o
tedesco, il factoring italiano è essenzialmente una convenzione basata su una
cessione “pro solvendo”, che può anche essere circoscritta ad una parte
limitata dei crediti. Dagli schemi di
contratto che pure prevedono la cessione “pro soluto”, emerge come l’effetto
normale del trasferimento del credito nel factoring venga inteso come un’acquisto, con facoltà di rivalsa verso il cedente in
caso di mancato pagamento e come solo dietro esplicita e specifica
approvazione del credito, il factor si assuma il
rischio dell’insolvenza. Rispetto all’art. 1267 c.c.,considerando l’innovazione dell’art. 4 della legge
n.52/1991, le clausole che prevedono l’acquisto “pro soluto”, dispongono che
alla richiesta del cliente, segua successivamente una dichiarazione scritta
del cessionario, in cui saranno precisati i termini dell’assunzione di
garanzia, per il mancato pagamento del debitore. (149) Il factor
è liberato dall’onere di iniziare o di proseguire diligentemente le istanze
contro il debitore, che viene normalmente imposto dall’art. 1267,2° comma
(per tutti, art. 9,4° sez. III, Centrofactoring
Spa). Una volta verificatosi
il comportamento inadempiente, l’impresa cessionaria è legittimata a
considerare risolto l’acquisto del credito, con il conseguente sorgere del
diritto, alla restituzione degli anticipi eventualmente concessi. Ma anche quando
l’approvazione viene concessa, i factors mettono in
atto numerose cautele, prima tra tutte la facoltà di revocare in qualsiasi
momento la stessa approvazione: in genere la revoca ha effetto purchè pervenga al cliente, anteriormente all’esecuzione
della fornitura. Inoltre, i contratti
contengono delle clausole di revoca automatica dell’approvazione che
dimostrano come il rischio assunto dal factor,riguardi
solo il mancato pagamento dovuto all’inabilità finanziaria del debitore e non
quello dovuto ad altri motivi. (150) Così ad esempio, l’art.
7.1 del formulario Ifitalia Spa, prevede la revoca
in diversi casi, tra i quali vengono annoverati l’adempimento irregolare del
debitore, la violazione dell’obbligo del fornitore di offrire in cessione
tutti i crediti vantati verso lo stesso imprenditore e infine la mancata
corresponsione al factor, dei compensi spettanti, a
fronte del servizio di cessione “pro soluto”. (151) D’altra parte, si
verifica la sospensione della garanzia anche in caso d’inadempienze
contrattuali del cliente e di contestazioni sulle forniture di merci, oppure
di compensazioni con crediti nei confronti del fornitore (art.7.2, Ifitalia Spa). In queste ultime
situazioni, il cliente sarà tenuto ad arrivare ad una composizione amichevole
nei confronti del debitore, altrimenti dovrà restituire gli anticipi ricevuti
dal cessionario, maggiorati degli interessi maturati fino al momento della
restituzione e riacquisire il credito, per effettuare la tutela giudiziaria
delle proprie ragioni. In tutti i casi di
revoca o sospensione della garanzia, la regolamentazione contrattuale torna
ad essere quella applicabile ai casi di mancato pagamento da parte del
debitore, previsto dalle condizioni generali, con rimborso del finanziamento
al factor e retrocessione del credito al fornitore.
(152) Al cliente si chiede
di assicurare che i crediti offerti in cessione siano certi e liquidi, alla
data di fatturazione ed esigibili alla data di scadenza e che tali diritti
siano incontestabilmente dovuti, quali corrispettivo di merci effettivamente
fornite o servizi concretamente resi. (153) Inoltre è parte della
stessa garanzia, la certezza che il debitore sia puntualmente adempiente rispetto
a tali contratti e che i beni e i servizi, nonchè i
documenti ad essi relativi, non siano soggetti a sequestro, pignoramento,
oppure gravati da pegni o privilegi nei confronti di terzi (art. 3, ABF
Factoring Spa). Nella cessione “pro
soluto”, la revoca della garanzia nei casi di mancata offerta di tutti i
crediti del cliente, si ricollega al ruolo della definizione del rischio per
la posizione del factor. Infatti, il calcolo del
rischio assunto dall’impresa cessionaria con l’approvazione del credito,
viene effettuato sull’intera massa dei diritti di cui è titolare il cedente,
in base alla quale si individua statisticamente una percentuale di probabili
insolvenze, misurata sull’ammontare complessivo delle ragioni del fornitore.
(154) In questa prospettiva,
la revoca dell’approvazione del credito collegata alla modifica delle
condizioni contrattuali, ad opera del fornitore e senza il consenso del factor, esprime uno degli aspetti più interessanti del
rapporto contrattuale e cioè il possibile controllo del factor
sull’attività del suo cliente. In pratica, l’impresa di
gestione dei crediti, tende a fare in modo che il proprio cliente persegua il
suo giudizio favorevole, ad esempio con l’individuazione iniziale degli
acquirenti accettati e con la sottoposizione ad approvazione degli schemi
contrattuali e cerchi di conservarlo successivamente, mantenendo il proprio
campo d’attività nei termini già consueti. (155) Le cautele introdotte
dal factor in caso di acquisto “pro soluto”, non si
esauriscono con la previsione di cause di revoca o di sospensione, poichè in questi casi l’approvazione del credito, anzichè essere data volta per volta, funziona attraverso
la fissazione di un plafond. In sostanza, l’impresa
specializzata determina un’ammontare globale per
ogni singolo debitore approvato, per il quale il factor
assume il rischio dell’insolvenza. (156) Il servizio assicurativo
del credito ha visto aumentare la propria quota di mercato negli ultimi
quindici anni e tuttavia, in considerazione degli incisive cautele di cui si
valgono le imprese cessionarie in caso di approvazione del credito, appare
certamente un servizio complementare nell’ambito del factoring. Invece la grande
diffusione dell’altro servizio integrativo, quello finanziario, ha finito per
far accogliere una visione del contratto, come uno strumento accessorio e
complementare al credito bancario e diretto essenzialmente a fornire
liquidità all’impresa. (157) Tuttavia dal punto di
vista strettamente economico, il fatto che il servizio gestionale sia una
costante, rafforza l’idea che come qualificazione giuridica, si abbia a che
fare con un contratto di collaborazione alla gestione dell’impresa, che può
essere integrato da scopi di finanziamento, o da finalità assicurative, o da
entrambe insieme. Poichè l’effetto traslativo
permette di raggiungere dei risultati economici di gestione, di concessione
di credito e spostamento dei rischi, è comprovato dalla corrispondenza
commerciale, che in ragione di qualsiasi servizio reso, il cliente riconosce
al factor una commissione percentuale quale suo
compenso, che risulterebbe priva di causa se la cooperazione gestoria tra imprese, non avesse alcuna importanza nella
causa del negozio. (158) L’interesse delle
imprese del settore è quello d’imporre al debitore delle forme di
comunicazione, il più possibile semplificate, mutuando il contenuto di quelle
sentenze che giudicano sufficiente qualsiasi forma d’intervento, adatto ad
avvertire il debitore dell’avvenuta modifica del destinatario del pagamento. In particolare è comune
la previsione che sulle fatture dirette ai debitori, sia stampata l’avvertenza
che il relativo pagamento può essere liberatorio, solo se effettuato nei
confronti del factor. (159) Altri meccanismi,
prevedono l’invio per raccomandata, di un modulo predisposto dal factor che trasmette l’avvenuta cessione (art. 4,2°, Factorcoop Spa), ma l’impresa cessionaria può riservarsi
d’imporre tale comunicazione a spese del fornitore, nelle forme più adatte al
caso singolo (art. 2, Ifitalia Spa). In sostanza, i factors tendono a considerare sufficiente un’avviso del tutto informale, ma alcuni di loro
preferiscono cautelarsi imponendo, quando questo sembri consigliabile, dei
sistemi che possano certificare la data di notificazione, soprattutto quando
si pensa che a breve termine, potranno nascere delle controversie, ad esempio
nel caso del fallimento del cedente. Infatti la
giurisprudenza più seguita, ha avuto per lungo tempo una posizione molto
rigida, basata sugli artt. 2914 e 1265 del c.c., richiedendo una notifica con
precisi caratteri formali, per risolvere il conflitto tra cessionario e terzi,
oppure tra cessionario e creditori pignoranti. Inoltre i moduli,
prevedono il caso in cui il debitore paghi al cedente, piuttosto che al
cessionario e a proposito dell’effetto liberatorio di questi pagamenti, gli
schemi negoziali dimostrano la tendenza ad evitare i percorsi giudiziali, che
coinvolgano anche il ceduto e quindi si propongono di risolvere la questione
solo tra le parti. (160) Un’importante novità è
stata introdotta dall’art. 5 della legge n. 52/1991, che ha previsto un nuovo
criterio d’opponibilità, stabilendo accanto alla notificazione e
all’accettazione del debitore, anche il pagamento provvisto di una data certa. La disciplina
legislativa, richiamata dalle condizioni generali di contratto, presuppone la
presenza nelle parti dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla
legge, ma è stata oggetto di numerose critiche, poiché sembra giudicare
equivalente il concetto d’efficacia della cessione indicato nella rubrica,
con quello dell’opponibilità della stessa, contenuta nel testo della norma.
(161) Infatti, può sicuramente
accadere che la cessione sia opponibile ai creditori del cedente in base
all’art. 5 lett. b), siccome il pagamento del
corrispettivo ha data certa, ma contemporaneamente può darsi che il
trasferimento sia inefficace nei loro confronti, poichè
tale pagamento è stato eseguito nell’anno anteriore al fallimento e prima
della scadenza del credito ceduto (art. 7). Il legislatore ha
voluto tutelare il cessionario che procede al pagamento di una parte del corrispettivo
della cessione, contestualmente all’accordo, quale acconto anticipato e prima
che le formalità di cui all’art. 1265 c.c. possano divenire efficaci. Di conseguenza, la norma
rappresenta una protezione degli interessi del factor
che abbia concesso un finanziamento, sul credito non ancora riscosso e di
solito non ancora scaduto. (162) Invece la disposizione
non ha stabilito nulla, circa il rapporto tra l’entità dell’anticipo e il
valore dei crediti ceduti e nessun richiamo al riguardo è contenuto nei
formulari contrattuali che sul punto, collegano strettamente l’anticipazione
a un’ulteriore accordo tra le parti. Rimane evidente che in
ipotesi di conflitto tra il cessionario e i creditori del cedente, il factor che esegue il pagamento parziale, risulta debitore
del fornitore per il residuo e che quindi, il creditore pignorante del
cedente potrà agire nei confronti dell’eccedenza. Il coordinamento
dell’art. 5 con il precedente art. 4, deve tenere conto che il limite della
garanzia del cliente verso il cessionario è il corrispettivo pattuito e
dunque l’efficacia del pagamento si estende a tutta la cessione, non
limitandosi all’eventuale parte del credito coperta dal corrispettivo. (163)
Le imprese di gestione
del credito, tendono a richiamare gli effetti legali della cessione in ordine
ad una serie abbastanza ampia di problemi, che vanno dalla garanzia per
l’esistenza del credito (art. 4, l. 52/1991), ai doveri di collaborazione tra
cedente e cessionario, fino alla trasmissione degli accessori del credito
(art. 1263 c.c). In particolare, sul
tema della garanzia per il c.d. “nomen verum”, i factors sembrano
orientati a non includere nell’elenco delle ipotesi previste, l’inesistenza
materiale del credito, sostenendo l’opinione per la quale, l’insussistenza
costituisce una causa di nullità del contratto (in proposito, art. 7/2 lett. c), Istituto Bancario S.Paolo).
(164) Sicchè gli schemi negoziali,
sembrano considerare operante la garanzia, solo per i crediti materialmente
esistenti, ma di fronte ai quali un'ampia serie di eccezioni opponibili dal
debitore, oppure di ragioni accampabili dai terzi, potrebbe bloccare
l’esercizio del diritto da parte del cessionario. (165) In definitiva, il
risultato economico è quello di accollare al cedente, il rischio delle
eccezioni opposte al debitore, visto che quasi tutte le contestazioni mosse
da quest’ultimo, comportano la revoca dell’approvazione. Infatti, tutta la
modulistica esaminata prevede che i pagamenti del debitore, prima debbano
essere imputati alla parte approvata dei crediti e solo in un secondo
momento, alla parte non approvata. In questo modo, il factor che abbia ricevuto pagamenti solo parziali, tenta
d’esaurire subito il plafond per cui ha assunto il rischio, in modo da poter
effettuare la rivalsa verso il cedente per la parte residua. (166) Una possibile
imputazione del pagamento fatta dal debitore ceduto nel rispetto dell’art.
1193 c.c., non potrebbe essere disattesa dal factor,
poichè il ceduto è estraneo rispetto alla
convenzione di factoring e quindi non può essere tenuto al rispetto di
quest’assetto di rapporti. Perciò nei limiti di
legge, se il debitore ha più di un debito rispetto al fornitore, sarà libero
di effettuare l’imputazione che ritiene più conveniente, considerando che
nell’ambito della relazione che lo lega al fornitore, il creditore
subentrante potrà convenire liberamente l’ascrizione dei pagamenti. La responsabilità del
cedente e del ceduto sono alternative e il cessionario può agire o contro
l’uno, o contro l’altro, ma non contemporaneamente nei confronti di entrambi. In effetti, se il factor desidera conservare la titolarità del credito,
dovrà agire contro il debitore e solo dopo averlo inutilmente escusso, verso
il cedente in veste di garante. Se viceversa il factor ricorre alla garanzia, la cessione del credito
dovrebbe considerarsi risolta di diritto, senza un ulteriore atto con cui
dover realizzare la retrocessione del diritto. (167) Uno dei costanti
richiami degli schemi negoziali è quello che stabilisce il dovere del
cedente, di trasmettere al factor tutti i documenti
probatori del credito, nonche gli eventuali effetti
cambiari opportunamente girati. Precisamente, l’art. 2 delle
Condizioni Monte dei Paschi,dispone che a tali
titoli si applichino le norme che regolano i servizi d’incasso e accettazione
degli effetti, documenti o assegni sull’Italia o sull’estero, che formano
parte integrante della disciplina sui conti correnti. Se le modalità di
pagamento, dovessero prevedere l’emissione di ricevute bancarie o di
bollettini d’incasso, il factor s’impegna ad
emettere la relativa documentazione, addebitandone le relative spese al
fornitore. La trasmissione dei
documenti, oltre ad essere rispettosa dell’art. 1262 c.c. è anche un aspetto
specifico di quei generali doveri di collaborazione del cedente, diretti a
facilitare la soddisfazione del cessionario. Tali doveri sono
accessori rispetto alla prestazione principale del rapporto obbligatorio, ma
comunque la loro inosservanza, può dar luogo alla piena responsabilità del
debitore per l’inadempimento. Infatti, i formulari
specificano che tra questi doveri di collaborazione del cedente rientrano
quelli di fornire a proprie spese, copie o estratti autentici delle scritture
contabili, riguardanti il rapporto di factoring e di stipulare gli atti e di
firmare le lettere e i documenti utili al cessionario, per incassare i
crediti ceduti e le somme accessorie. All’impresa di gestione
del credito, vanno inoltre comunicati tutti i dati e le notizie, di cui il
cedente è a conoscenza, circa la solvibilità dei debitori ceduti e ogni loro
pretesa o domanda giudiziale, anche non collegata al rapporto commerciale
(art. 7, ABF Factoring Spa). Però gli atti o i
documenti che il fornitore sarà tenuto a rilasciare o a sottoscrivere,
dovrebbero riguardare strettamente il rapporto costitutivo del credito, in
modo da soddisfare il factor e sottrarlo a
eventuali eccezioni opponibili dal debitore. Questi adempimenti,
non potranno svantaggiare il cedente, facendogli assumere oneri
ingiustificati, contrari alla logica del rapporto, oppure peggiorare le sue
relazioni con la clientela. Così ad esempio, il
fornitore potrà essere chiamato a sottoscrivere dichiarazioni utili sul piano
probatorio e a stipulare atti accessori al contratto costitutivo del credito. Il cliente potrà anche
rilasciare una procura alle liti, nel caso in cui il debitore contesti
giudizialmente l’esecuzione della fornitura, ma anche rifiutarla giustamente,
quando la sua controparte contrattuale, abbia criticato a ragione la
fornitura e nonostante ciò, il factor pretenda di
agire in giudizio. Perciò il significato
complessivo del rapporto, impone che gli oneri d’informazione in capo al
cedente, non debbano essere tanto estesi da gravare con scomodi adempimenti,
colui che col contratto cerchi appunto di alleggerirsene. Infatti, uno dei motivi
di ricorso a questo negozio di collaborazione è proprio quello di sollevare
il fornitore dalle attività legate alla gestione dei crediti e quindi sarebbe
assurdo imporre particolari doveri in questa direzione, obbligando il cliente
a tenersi informato oltre misura sullo stato dei propri debitori. Di conseguenza, l’inciso
“d’iniziativa” contenuto nelle clausole relative a quest’attività
d’informazione del fornitore, deve essere limitato all’obbligo di comunicare
solamente le notizie conosciute e non anche quelle conoscibili con uno sforzo
diligente. (168) Invece si allontanano
da quei doveri di collaborazione in senso stretto, quasi per costituire un
logico effetto del trasferimento del credito, quelle disposizione che
impegnano il cedente, a “non concedere riduzioni di prezzo, ne ad autorizzare
restituzioni di merci, a qualsiasi titolo, se non col consenso scritto del factor”(art. 6,4°,Centrofactoring Spa ). In pratica al
fornitore, viene imposto di mettere a disposizione le merci al cessionario
del credito, nel caso in cui esse vengano restituite dal debitore e a patto
che nel contempo, non si sia verificata la restituzione del corrispettivo
anticipato dal factor (art 8,3°,Factorcoop Spa). Le clausole di questo
tenore, rendono esplicito il risultato della cessione che in quanto tale,
priva il cedente di ogni potere dispositivo sul credito ceduto e fa diventare
inopponibile al cessionario, l’eventuale risoluzione convenzionale del
contratto, da cui deriva il credito, se essa è stipulata dopo la conoscenza
della cessione da parte del debitore (App. Milano
21 febbraio 1975, in Giur. comm, 1978, II,
p. 387). La tutela dell’impresa
cessionaria del credito, di fronte ad atti dispositivi del cedente è tuttavia
abbastanza immediata, perchè anche quando il
credito sia stato acquistato “pro soluto”, il factor
si sottrae a ogni garanzia a fronte di sconti, arrotondamenti e abbuoni di
prezzo, che il debitore, anche senza titolo trattenga all’atto del pagamento. Le
disposizioni esaminate, prevedono che qualora i contratti con i debitori
stabiliscono depositi cauzionali e il cedente intende usare gli stessi come
ratei e canoni dovuti dal debitore, dovrà chiederne autorizzazione al factor, al quale saranno successivamente versate le
citate disponibilità (art. 6, Banca Monte dei Paschi ). Il contenuto dell’art.
1263 del c.c., riguarda il trasferimento degli accessori del credito e delle
legittime cause di prelazione già esistenti in capo al cedente e le sue
previsioni si possono riscontrare costantemente, in tutti i formulari
esaminati. (169) Tuttavia i factors, non sembrano accontentarsi di questa ampia
successione di garanzie e in passato hanno tentato di crearne altre forme
atipiche, che nelle intenzioni di questi imprenditori dovrebbero somigliare
al c.d. factor’s lien
di common law. Tale garanzia
costituisce una legittima causa di prelazione, che i factors
statunitensi vantano sulle merci destinate alla produzione e sui prodotti
diretti alla vendita, in mancanza però del loro spossessamento. (170) Sebbene non siano molto
diffuse, sono riscontrabili disposizioni che costituiscono le merci in pegno
a favore del factor, nel caso in cui il
destinatario le restituisca o si rifiuti di prenderle in custodia. In altri casi, altre
regole impongono divieti d’alienazione sulle merci riconsegnate al fornitore
(art. 18, ABF Factoring Spa), oppure pretendono che i beni oggetto della
fornitura siano tenuti a disposizione a favore del factor
(art 8,Factorcoop Spa). Invece un’assetto dei rapporti di carattere più marcato è quello
stabilito dall’art. 8/6 dell’Istituto Bancario S.Paolo,
che contrariamente all’orientamento comune, prevede appunto la costituzione
in pegno. (171) Il nostro ordinamento,
non conosce forme di pegno che prescindano dallo spossessamento, come invece
farebbero ritenere tali disposizioni in esame e forse il loro abbandono o
quanto meno il loro mancato uso generalizzato, esprime le preoccupazioni
diffuse circa la loro nullità. Probabilmente,
dovrebbero considerarsi nulli i divieti di alienazione, che se venissero
inseriti nelle condizioni contrattuali senza limiti di tempo, in base
all’art. 1379 c.c., non avrebbero valore obbligatorio tra le parti.
In definitiva, la norma
ha accolto un uso comune nelle condizioni negoziali, anche se la garanzia
deve ritenersi estesa solamente al corrispettivo pattuito ed è più limitata,
rispetto al valore nominale dei crediti ceduti. (173) Nella prassi
contrattuale perciò, l’assunzione di garanzia può essere limitata solo ad una
parte del credito ceduto, siccome il fornitore potrà chiedere al factor, di assumere il rischio dell’eventuale insolvenza
del debitore ceduto. Il cessionario, a sua
volta comunicherà con un modulo debitamente sottoscritto, l’approvazione o
meno, il relativo importo e la data di decorrenza dell’intera operazione
(Art. 6/1, Istituto Bancario S.Paolo). A parte le possibili
clausole negoziali di diverso contenuto, la garanzia non deve estendersi alla
responsabilità del cedente e agli accessori previsti dall’art. 1267 c.c. Infatti nel testo di
legge, manca il riferimento alle “spese, agli interessi e ai danni” e la
nuova disciplina descrive un rapporto contrattuale“verso
corrispettivo pattuito”, nel quale le suddette poste passive, non sono
considerate una conseguenza necessaria. (174) Le stesse Condizioni contrattuali
in uso, non prevedono a carico del cedente obbligazioni ulteriori, rispetto a
quella di restituzione delle somme già ricevute, nell’ambito del
corrispettivo stabilito per la cessione (Art. 14/a, Centrofactoring
Spa). Gli autori che si sono
occupati di tale aspetto, non considerano ammissibile un’aggravamento
convenzionale della garanzia legale del cedente e giudicano senza effetto,
ogni patto diretto ad aggravare la sua responsabilità, applicando appunto la
disciplina codicistica (art. 1267,1° comma
c.c.).(175) Il cedente potrebbe
essere liberato dalla garanzia, in applicazione di un principio generale,
cioè della regola contenuta nell’art. 1267,2° comma c.c., per la quale, alla
negligenza del cessionario, che impedisce la realizzazione del credito, per
insolvenza del debitore, consegue la liberazione dell’alienante. Tuttavia, gli schemi
negoziali escludono concordemente l’applicabilità al factor
di tale disposizione (per tutti, Art. 9, ABF Factoring Spa, “...Il factor è in ogni caso esonerato dal disposto di cui al II
comma dell’art. 1267 c.c...”). La garanzia di cui
all’art. 1267 del codice civile, copre il cessionario dal rischio
dell’inadempimento, mentre quella stabilita dall’art. 4 è riferita anche al
rischio dell’inefficacia del pagamento del debitore, obbligando il cedente a
garantire la non revocabilità del pagamento. (176) A conferma di questa osservazione,l’art. 6,2° comma della l. 52/1991,
impedisce all’alienante del credito d’agire in rivalsa verso il cessionario e
di richiedere i pagamenti revocati, a meno che il factor
non abbia rinunciato alla garanzia per la solvenza. (177) Le eventuali difficoltà
di prova relative ad una cessione pro soluto sono eliminate attraverso
l’utilizzo della forma scritta, poichè se il
cliente sostenesse che la rinuncia solamente verbale della garanzia, fosse
intervenuta prima o durante la stipulazione del contratto, gli sarebbe
impedita la prova ex art. 2722 c.c. Mentre se il patto fosse
successivo rispetto alla convenzione, la prova per testimoni sarebbe consentita
con alcune difficoltà nel caso di specie, in base all’art. 2723 c.c. (178) Dal momento che con
l’acquisto “pro soluto”, il factor assume solo il
rischio dell’insolvenza del debitore e non quello dell’inadempimento
dipendente da altre cause, gli schemi contrattuali prevedono specifiche
ipotesi che determinano la cessazione dell’assunzione di garanzia, da parte
dell’imprenditore cessionario a favore del cedente. Le cosiddette cause di
decadenza, affiancano la revoca per volontà del factor
ed in fondo sono condizioni risolutive, del particolare patto in base al
quale l’impresa cessionaria rinuncia alla rivalsa sul cedente, obbligandosi
ad agire verso il debitore. (179) Mentre la decadenza è
legata a fatti specifici e puntualmente circostanziati nei formulari,
l’eventuale revoca è concepita come esercitabile in qualsiasi momento, sempre
che il fornitore non abbia ancora eseguito la prestazione verso il ceduto. In entrambi i casi,
l’approvazione si considera come non concessa fin dall’inizio, facendo venir
meno con efficacia retroattiva, la garanzia di pagamento assunta dal factor. Un’ipotesi di revoca
dell’approvazione del credito è determinata dalla contestazione del debitore
circa l’esatto adempimento del cedente e si collega ad un suo mancato
pagamento dipendente da fondate eccezioni (Art. 7.1, Add.
pro soluto, Ifitalia Spa). Alcuni dubbi nascono
però, dove si consideri l’effetto di questa condizione nello svolgimento
pratico del rapporto, dal momento che sono frequenti i casi di coloro che
essendo in difficoltà economica, ritardano il pagamento, sollevando eccezioni
ingiustificate sull’esattezza della prestazione del creditore (Art. 7.2, Add. pro soluto, Ifitalia Spa). Tuttavia anche di fronte
a questo tipo di contestazioni infondate, il factor
sembrerebbe potersi sottrarre al rischio di insolvenza, visto che spesso la
clausola non fa riferimento alla fondatezza dell’eccezione. In particolare, la
deroga generalmente prevista dell’onere di attivarsi per proporre le azioni
contro il debitore, trasformala revoca della garanzia in una risoluzione
dell’acquisto del credito, con la contemporanea cessazione anche del servizio
gestionale attinente all’assunzione delle liti giudiziarie. (180) Questo carattere
condizionale dell’assunzione del rischio, consente di applicare le norme che
impongono doveri di correttezza in pendenza della condizione, ma anche il
principio della buona fede nei comportamenti reciproci, in costanza del
rapporto obbligatorio. (181) In sostanza, il factor potrà invocare la condizione risolutiva, solo a
patto che l’abbandono delle pretese verso del debitore non sia un
ingiustificata sottrazione di un rischio già accettato, ma sia effettivamente
una scelta attuata dopo un attento esame dell’eccezione. La valutazione dovrà
dimostrare che il mancato pagamento, non dipende da un’insolvenza nascosta
sotto altre forme, ma invece da un motivo estraneo al rischio assunto. Le stesse motivazioni
spingono a considerare come cause di sospensione dell’approvazione del
credito, sia le situazioni per le quali il debitore eccepisca compensazioni
con crediti verso il fornitore e sia la dichiarazione del debitore di voler intrarprendere un’azione contro il fornitore (Art.7/2, Ifitalia Spa, Add. pro soluto). A proposito di
quest’ultima ipotesi, la sua interpretazione dovrebbe essere piuttosto
restrittiva, se non si vuole arrivare alla conseguenza che il factor si sottrae al rischio assunto, quando il debitore
dichiara di voler agire giudizialmente verso il fornitore, per rapporti
estranei a quelli costitutivi il credito ceduto. La condizione risolutiva
potrà attivarsi solo se l’azione del debitore riguardi il credito ceduto o le
circostanze opponibili al cessionario e se venga accertato che il mancato
pagamento dipende da un evento diverso da una semplice impossibilità a pagare
del debitore, solo momentaneamente nascosta dalla minaccia di agire contro il
creditore. In tutti questi casi, il
fornitore dovrà raggiungere un accordo amichevole con il debitore ceduto,
entro sessanta giorni dalla data in cui sia venuto a conoscenza delle
previste eccezioni. In mancanza, le
Condizioni generali di contratto prevedono la retrocessione del credito al
cliente, perchè provveda a tutelare giudizialmente
le proprie ragioni e la restituzione al factor
degli anticipi corrisposti, maggiorati degli interessi convenzionali decorsi,
fino al momento della restituzione.
2.8 Le
relazioni negoziali generiche tra factor e
fornitore. Il factor
è genericamente obbligato ad agire, tenendo in considerazione l’interesse del
fornitore a mantenere buoni rapporti con i propri acquirenti, soprattutto con
riguardo al potere d’eseguire in qualsiasi momento, gli opportuni controlli
sull’azienda e sulle strutture contabili del fornitore (art. 17, Factorcoop Spa). (182) Con la previsione di
queste facoltà,i factors
tendono a cautelarsi da un lato nell’acquisto dei crediti, dal momento che
dall’esame della contabilità del fornitore, essi possono rendersi conto dello
stato dei rapporti con la clientela e della puntualità di questa nei
pagamenti. Inoltre dalle scritture
contabili, emergono elementi attinenti la solvibilità dei soggetti
interessati, nonchè dati rivelatori del rispetto
del patto di cessione globale. Alcuni autori giuridici,
hanno ravvisato in questo potere di ispezione, un’espressione del controllo
del factor sui propri clienti, nel senso indicato
dall’art. 2359,2° comma c.c., perchè esso si
risolverebbe in un’influenza dominante in base ai vincoli contrattuali
imposti. (183) Un’indiscriminata
rinuncia del cedente alla propria riservatezza commerciale può essere
contraria ai principi di ordine pubblico economico, ma le attuali previsioni
contrattuali sono meno gravose che in passato e non evidenziano ingerenze
ingiustificate, rispetto alsignificato del
contratto. Il fornitore potrebbe
giustamente sottrarsi alle indagini che compromettono la propria attività economica,
ad esempio nel caso di un’impresa cessionaria, che pretenda di esaminare la
documentazione relativa al trasferimento di un brevetto industriale, la quale
non abbia almeno un diretto collegamento con le cessioni del credito. (184) In relazione alla
diversa tipologia di servizi assicurata dal factor
al cliente, la modulistica adottata dalla ABF Factoring Spa, ad esempio,mostra sia la presenza di spese fisse annue,
dovute per l’istruttoria della pratica del fornitore, sia l’esistenza di
costi amministrativi annui, collegati ad ogni nominativo proposto nell’ambito
di una cessione “pro soluto” o “pro solvendo”. Inoltre gli stessi
accordi integrativi dei contratti di factoring, distinguono la commissione
per le operazioni con rivalsa, in una percentuale “una tantum” da
corrispondersi in occasione di ogni cessione e in un’altra frazione
percentuale, sempre del valore del credito ceduto e non interamente pagato
alla scadenza, da versare al momento della consegna del documento
rappresentativo del credito. Tali pattuizioni
complementari che intercorrono tra le parti hanno anche lo scopo di definire
l’entità delle spese poste a carico del fornitore, per ogni documento
rappresentativo dei crediti ceduti, per le spese di tenuta conto da
addebitare ad ogni chiusura, per l’incasso effetti e ricevute bancarie su
carta. Le parti contrattuali
sono solite precisare l’entità del carico IVA e dell’imposta di bollo a spese
del fornitore, dove applicabile e gli eventuali costi di cessione a mezzo
Ufficiale giudiziario. I prospetti esaminati,
dedicano ampio spazio all’elencazione degli interessi da applicare sui
corrispettivi anticipati, puntualizzandone la capitalizzazione mensile e
definendo l’entità degli eventuali interessi di mora, nella misura di tre
punti sopra il tasso precedentemente pattuito. Altra funzione di
questi accordi è quella di stabilire le valute calcolabili, sui versamenti
intercorrenti tra le parti, relativi alle anticipazioni da effettuarsi a
mezzo assegno o bonifico, sulla base di un numero di giorni lavorativi
antecedenti ad esempio, la data d’emissione dell’assegno. Tali valute infatti,
sono poi definite per ogni sistema di pagamento a favore del factor, poichè esso può essere
eseguito a mezzo assegno circolare, bancario su o fuori piazza, o tramite bonifico.
L’impresa di
factoring, registra le somme di propria competenza nella partita “dare” e
nella categoria “avere” gli importi dovutial
proprio cliente-fornitore. In particolare,
vengono registrate tra le poste attive per il factor,
le somme riguardanti gli anticipi corrisposti, i relativi interessi e le
somme che rappresentano il corrispettivo dei servizi prestati, che si
calcolano in misura percentuale sull’importo del credito. In genere, i crediti
vengono acquistati al valore nominale e l’iscrizione del valore avviene in
tempi diversi, a seconda del tipo di cessione messa in atto. (185) Nella cessione
realizzata “pro solvendo”, la registrazione viene effettuata al momento del
pagamento e nei limiti dell’importo effettivamente ricevuto, mentre per
quella senza rivalsa, il factor annota l’importo,
quando riceve il pagamento e se questo avviene, oppure entro un termine dalla
scadenza che può variare tra i 150 e 210 giorni. Il conto corrente e i sottoconti in cui può articolarsi, sono soggetti ad una
chiusura con periodicità anche mensile, a cui segue l’invio dell’estratto
conto al fornitore (art. 15, Ifitalia Spa) e le
relative risultanze, si intendono approvate in mancanza di contestazioni,
decorso il previsto termine di 60 giorni dalla spedizione. Le scritture contabili
del factor, i cui movimenti non siano contestati,
si considerano come facenti piena prova nei confronti del fornitore e in caso
di errori di calcolo, di scritturazione o di omissioni, il cliente dovrà
chiederne la rettifica al factor a pena di
decadenza, entro sei mesi dal ricevimento delle scritture da cui siano
comprovati. In tendenza, i formulari
prevedono un sistema di compensazione volontaria,tra
il saldo del conto corrente e le somme eventualmente dovute dal fornitore al factor, anche quando tali crediti non siano liquidi ed
esigibili e pure sesi tratti di crediti verso il fornitore,che il factor abbia
accettato in cessione da terzi (art. 17, Centrofactoring
Spa).
In genere, i formulari
esaminati prevedono tre gruppi di cause di cessazione del rapporto di factoring,
il quale a differenza dello strumento della cessione del credito, si
qualifica nettamente come un rapporto di durata. Un primo
gruppo di tali disposizioni è costituito dalle clausole risolutive espresse,
che elencano una serie di ipotesi d’inadempimento, automaticamente produttive
di risoluzione e rappresentano situazioni in cui sia il factor
che il fornitore, potranno risolvere il rapporto in base all’art. 1453 c.c.
(186) L’impresa
cessionaria dei crediti, avrà titolo alla risoluzione, anche in riferimento
all’art. 1456 c.c., tramite lettera raccomandata ed in seguito alla mancata
esecuzione degli obblighi conseguenti alla garanzia dell’esistenza del
credito o in assenza dei dovuti pagamenti delle somme spettanti al factor. Ma anche
la violazione da parte del fornitore, degli obblighi previsti nelle sezioni
relative ai suoi doveri di informazione e di collaborazione e di quelli
connessi con l’anticipo del corrispettivo, comportano la conseguente
risoluzione del rapporto (art. 19, Ifitalia Spa). Di solito però, anche
altre norme danno al factor la possibilità di una
risoluzione: ad esempio, nel caso in cui il fornitore divenga insolvente,
fallisca, venga comunque sottoposto alle procedure concorsuali, compresa
l’Amministrazione controllata (art. 20, ABF Factoring Spa). Invece diverse
disposizioni riguardano la durata del contratto, che in tutti i formulari
considerati viene fissata a tempo indeterminato con facoltà di recesso “ad nutum”, attribuita ad entrambe le parti e da comunicarsi
in forma scritta, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno,
telegramma o telefax all’altra parte, senza obbligo di motivazione o di
preavviso (art. 18, Banca Monte dei Paschi). In questo tipo di
accordo, la facoltà di recesso rappresenta una normale applicazione del
principio della recedibilità dei contratti a tempo
indeterminato. Di conseguenza, non
sembra criticabile il fatto che alcune clausole, sottraggano alle parti
l’onere del preavviso, da esercitarsi entro un congruo termine, poichè la regola è indirizzata ad entrambi i contraenti
in una posizione di eguaglianza. (187) Sebbene l’onere del
preavviso, sia riprodotto nella disciplina di vari contratti tipici (artt.
1725, 1833 c.c.), sembra sicura la sua disponibilità convenzionale, perchè il suo scopo è quello di tutelare gli interessi
d’esclusiva pertinenza delle parti. Tuttavia è agevole
comprendere come la clausola sia piuttosto sfavorevole al fornitore, poichè questi potrebbe trovarsi a dover improvvisamente
fronteggiare un’aspetto organizzativo della propria
attività d’impresa, che prima aveva delegato ad altri, con la necessità di
una veloce riorganizzazione del servizio. La
considerazione della norma sul preavviso, nell’ambito della disciplina del
mandato e anche la convenienza del fornitore, fanno ritenere giusto che tutti
quei contratti che non escludono il preavviso, ma che nemmeno lo prevedono,
debbano essere valutati in collegamento con i principi generalmente accolti e
quindi a favore della sua implicita necessità. Non si è riscontrata la
prevalenza di rapporti contrattuali di durata annuale, con tacito rinnovo in
mancanza di recesso, da comunicarsi tre mesi prima della scadenza, se si
esclude la previsione dell’art 13, del formulario dell’Istituto Bancario S.
Paolo di Torino. (188) Le società di gestione
dei crediti, stabiliscono la risoluzione del contratto, quando contro il
fornitore vengano levati protesti o si propongano azioni cautelari esecutive. Tuttavia
lo stesso risultato è collegato alla presentazione a carico del fornitore di
istanze d’ammissione ad una procedura concorsuale, comprese anche
l’amministrazione controllata e quella straordinaria. In altri casi il factor si vale della risoluzione, se l’impresa cliente
sia posta in stato di liquidazione, in caso d’inadempienza oppure in costanza
di un ampio genere di situazioni in cui si manifesta la garanzia, che
comprendono l’esclusiva titolarità, la liquidità, l’esigibilità alla
scadenza, l’incontestabilità e l’inesistenza di eccezioni del debitore ceduto
sullavalidità del credito (Art. 11/1, Istituto
Bancario S.Paolo). In tutti queste ipotesi
indicate, il fornitore dovrà restituire le eventuali anticipazioni ricevute,
compresi gli interessi maturati e le spese, entro un termine prescritto dalla
successiva richiesta scritta, dopo di che decorso tale termine, il factor agirà nei confronti del fornitore, di eventuali
garanti dello stesso, dei terzi aventi causa e se possibile del debitore
ceduto. In tema di scioglimento
i formulari applicano il principio generale per cui lo scioglimento dei
contratti di durata, lascia sopravvivere le prestazioni già effettuate dalle
parti. Più precisamente, lo
scioglimento del negozio non pregiudica la validità e l’efficacia delle
cessioni già perfezionate o da perfezionare, in correlazione con le disposizioni
che prevedono l’assunzione della garanzia per il pagamento da parte del factor. Di conseguenza, in
questi casi, continueranno ad applicarsi le norme delle Condizioni generali
di contratto e di ogni altro accordo che le integri o le modifichi, poichè avranno efficacia le obbligazioni e le garanzie
assunte rispettivamente dal fornitore e dai terzi eventualmente intervenuti
(art. 20,Ifitalia Spa). Si accomuna alle
previsioni appena citate, anche l’art. 20, delle condizioni contrattuali
della Banca Monte dei Paschi, dove viene stabilito che entro 15 giorni dal
verificarsi dell’evento risolutivo o dalla ricezione della dichiarazione di
recesso, le parti provvederanno alla liquidazione del rapporto.
2.11 La
trasparenza delle clausole contrattuali. La legge 17 febbraio
1992 n. 154, perseguiva lo scopo di garantire alla clientela una chiara e
corretta informazione, rendendola consapevole dei costi relativi all’acquisto
dei servizi finanziari. Infatti la normativa
sulla “trasparenza bancaria”, si riferiva ai principi stabiliti dal Consiglio
delle Comunità europee, nella Direttiva n. 87/102 del 22 novembre 1986, in
tema di omogeneità delle norme degli Stati membri sul credito al consumo ed è
stata recepita nel nostro ordinamento, con gli artt. 18 e ss. della l. 19
luglio 1992, n.142. (189) Le disposizioni in
parola riguardano la pubblicità degli enti creditizi e degli altri
intermediari professionali nei rapporti con la clientela (art. 2), ma anche
prescrizioni sulla forma dei contratti (art. 3) ed gli obblighi di
comunicazione periodica da adempiere verso i consumatori. La disciplina è stata
poi sostanzialmente riprodotta nel titolo VI del t.u.
del credito, che pur non valutando nel merito le condizioni economiche
praticate, richiede il rispetto di prescrizioni dal contenuto sia formale che
sostanziale. Le società di factoring,
anche in conformità dell’art. 2,7° comma del decreto del Ministero del tesoro
del 24 aprile 1992, devono esporre e mettere a disposizione i fogli informativi
che spiegano analiticamente le operazioni finanziarie e i relativi costi ed
affiggere alle pareti, gli avvisi sintetici relativi alle condizioni
praticate, secondo schemi elaborati dalla Banca d’Italia. (190) Questa pubblicità deve
aver identico contenuto su tutto il territorio nazionale e risultare
aggiornata con prontezza, circa le modifiche disposte ai tassi, ai prezzi e
alle condizioni praticate. In particolare i tassi
d’interesse, debbono essere indicati al valore nominale e su base annua, con
l’ulteriore avvertimento della periodicità di capitalizzazione. Lo schema preparato
dalla Banca d’Italia, intende distinguere gli oneri e le spese riguardanti
l’intervento finanziario del factor, dalle spese
pertinenti la gestione ordinaria dell’operazione. Infatti la normativa
di base può essere distinta in tre parti: una riguardante le anticipazioni e
i finanziamenti, che riporta la misura del tasso applicabile, degli interessi
di mora e di quelli di massimo scoperto. Un’altra sezioneè dedicata alle voci riferite alle spese di
istruttoria, di tenuta di conto, di valutazione dei debitori, di riscossione
effetti ed altri documenti e alle valute applicabili agli incassi e agli
accrediti e infine l’ultima parte dello schema, prende in considerazione le
spese di invio delle comunicazioni. Per ciò che riguarda la
forma e il contenuto dei contratti, l’art. 117 del T.U. del credito pone
l’importante principio, per cui le prestazioni economiche a carico del
cliente, sono solo quelle determinate o determinabili nel testo contrattuale. I contratti devono avere
la forma scritta (art. 117,1° comma e anche art. 4 del d.m.
tesoro 24 aprile 1992) e in mancanza sono considerati nulli (art.117,3°comma)
e inoltre richiedono l’indicazione degli interessi e di ogni altro prezzo e condizione
praticata (art.117,4° comma ). Infine, la variazione
delle condizioni economiche nel senso sfavorevole al cliente, deve essere
contenuta in un’apposita clausola contrattuale sottoscritta specificamente,
mentre si considerano nulle le clausole di rinvio agli usi per la
determinazione di prezzi, interessi e condizioni, meno agevoli rispetto a
quelli esplicitamente pubblicizzati. L’art. 118 del t.u. dispone poi, che se nei contratti di durata, è
convenuta la facoltà di modificare unilateralmente le varie condizioni, le
variazioni sfavorevoli debbono essere comunicate al cliente, nei modi e tempi
previsti dai provvedimenti del Comitato Interministeriale Credito e Risparmio. Il factoring costituisce
una relazione di durata tra il cessionario e l’impresa cedente e i formulari
contrattuali riconoscono alle due parti un potere di recesso “ad nutum” (Art. 19 Centrofactoring
Spa, art. 18 Banca Monte dei Paschi), ma la disciplina dei rapporti reciproci
mette al sicuro l’efficacia delle cessioni già concluse, al momento in cui
diventa operante l’atto di recesso. In
aggiunta a questa fattispecie di carattere generale, si è affermata
un’ulteriore ipotesi in favore del fornitore e cioè il recesso che questi
potrà esercitare, entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione
scritta, con la quale viene informato delle modificazioni dei vari aspetti
contrattuali (art. 17,2° comma, Ifitalia Spa).
Secondo un’orientamento sostenuto da molti autori, il factoring è
un contratto di scambio (191), dove alle cessioni di credito
va riconosciuta una causa di vendita e all’eventuale anticipazione va
attribuita la natura di pagamento parziale del corrispettivo, perchè gli interessi corrisposti sulle somme erogate dal
cessionario, al pari della commissione, sono una componente negativa del
prezzo. (192) Questa qualificazione si
basa anche sulla struttura dei modelli contrattuali approntati dalle imprese,
in cui il factor dichiara di acquistare i crediti
dell’impresa cliente, obbligandosi al pagamento del corrispettivo pattuito,
pari al valore nominale del credito. Nella convenzione sono
anche disciplinati in via programmatica i tratti essenziali di altre prestazioni
ulteriori del factor, come l’assunzione del rischio
di solvenza del debitore ceduto e la frequente corresponsione di
anticipazioni a valere sul prezzo di acquisto. Nella determinazione
della disciplina applicabile al negozio, il De Nova ha sostenuto la necessità
di far riferimento ai contratti di scambio, tenendo però presente che il
factoring, pur avendo tale struttura, può sicuramente svolgere una funzione
di finanziamento. (193) La causa complessa del
factoring è stata individuata dal Porro nella sua adattabilità a realizzare
un contenuto di scambio, nelle forme della vendita vera e propria oppure
nell’attuazione di altre funzioni, come quella creditizia o quella della
prestazione diun servizio. (194) Anche secondo il
Santangelo, la definizione del factoring coincide con quella di un contratto
innominato a funzione complessa, che deriva dall’unificazione diretta al
medesimo scopo, di varie cause tipiche in esso ricorrenti e quindi la formula
negoziale assomma in se, un’insieme di prestazioni
di servizi, tra i quali il finanziamento, la gestione del credito e la
garanzia per la solvenza del debitore ceduto. Ma la figura differisce
dall’assicurazione, in quanto nel caso in cui il factoring avvenga senza
rivalsa, l’assicuratore si impegna a corrispondere l’indennità al momento in
cui si verifica l’insolvenza, mentre il factor paga
in anticipo e poi di norma l’assicuratore copre il rischio solo in parte,
laddove l’impresa cessionaria garantisce per l’intero. (195) Diversamente
dall’opinione appena ricordata, la Corte d’Appello di Milano, in un passo di
una sentenza interpretata come uno dei motivi fondanti la pronuncia, ha
affermato che “ il contratto di factoring ha natura aleatoria perchè per i crediti approvati, il cessionario ha
l’obbligo di accreditare il corrispettivo anche nel caso d’insolvenza del
debitore ceduto. (196) Tuttavia in un vero e
proprio contratto aleatorio, l’alea renderebbe incerti dall’inizio, i margini
di guadagno e di danno di entrambe le parti, così da diventare
sostanzialmente bilaterale. (197) Invece il credito
oggetto della cessione, ha un valore determinato o determinabile, che deve
essere valutato dal factor, anche in considerazione
della solvibilità del debitore. Quindi nel factoring,
sarebbe rilevabile solo una generica alea in senso economico, che rappresenta
la misura normale di un rischio ragionevolmente prevedibile di qualsiasi
negozio bilaterale e che non può essere accomunata, con quella che impedisce
la risoluzione e la rescissione in base agli artt. 1448 e 1467 c.c. Inoltre il factor, non sempre assume il rischio per l’insolvenza del
debitore e anche quando decide di farlo, il contenuto della modulistica ne
evidenzia i limiti precisi: la decadenza dalla garanzia avviene sia per causa
di forza maggiore, sia quando il mancato pagamento del debitore, dipende da
eccezioni che il ceduto basa sul contratto intercorso con il cedente ( per
tutti, Art. 7.2 lett e), Istituto Bancario S.Paolo ). In uno studio dedicato
al contratto di sconto, il Panzarini ha osservato
come le società di factoring sono solite invadere il campo delle imprese
bancarie e come i trasferimenti di crediti avvengono in funzione di garanzia,
se contestuali ad un finanziamento e se successivi, si realizzano a scopo
tipicamente solutorio. (198) Anche se il factoring
non è qualificabile all’interno di uno schema unitario, secondo quest’autore,il meccanismo della vendita è lo strumento
principale per ottenere la mobilizzazione dei crediti d’impresa e
l’anticipazione concessa dal factor, non avviene a
titolo di sconto e neanche come pagamento versato “pro quota”. In particolare,
dovrebbe escludersi il contratto di sconto, perchè
lo scarto tra la somma anticipata, che in genere costituisce circa l’80% del
credito ceduto e il suo valore nominale, considerato come costo
dell’operazione, verrebbe a rappresentare un tasso fortemente usurario, ma
anche perchè gli interessi dovuti al factor sulle somme anticipate, non sono prededotti, come nel contratto previsto dall’art. 1588
c.c., ma sono calcolati e pagati successivamente. In base a queste considerazioni,il modo adatto per spiegare il decorso
degli interessi sugli anticipi, sarebbe quello di ammettere che il fornitore
riceve questi importi con l’obbligo di restituirli e di conseguenza, al
contratto di vendita di crediti deve considerarsi collegato funzionalmente un
contratto di mutuo. Il termine
per al restituzione del “tantundem” è fissato per
il cliente al momento della scadenza del credito, mentre il debito che si
crea per la restituzione è regolato mediante compensazione dei reciproci
debiti delle parti contrattuali. A questa ricostruzione
sembra aderire il Tribunale di Napoli nella Sentenza 4 luglio 1986,
riguardante la controversia SMAC Spa c. Barclays Factoring Spa, in Fallimento
(1987), in cui i giudici hanno ravvisato il sinallagma contrattuale nella
prestazione reciproca di un mutuo e di una cessione che sorgono
contestualmente, in maniera tale da non risultare consentita l’impugnativa
separata, della cessione rispetto a quella del mutuo. Invece tra coloro che
non ritengono corretto seguire la valutazione del contratto in termini di
vendita dei crediti, alcuni ne hanno messo in evidenzala
variabilità della causa tenendo conto delle diverse forme possibili di
attuazione del rapporto, mentre altri hanno qualificato il factoring come un’accordo avente causa unica. (199) Nell’ambito del primo
orientamento, il Carnevali ha evidenziato la natura di durata della
convenzione, come contratto atipico di liquidità da un lato e di garanzia
dall’altro, giudicando la cessione del credito come un’effetto
solamente strumentale dell’accordo. (200) Precisamente, l’impresa
cedente utilizza a questo scopo la cessione di credito e contemporaneamente
garantisce al cedente, una disponibilità economica attuale attraverso gli
anticipi concessi dal factor, realizzando una
specie di mandato all’incasso con piena titolarità, se non vi siano anticipi
e al contempo un’anticipato regresso, per l’ipotesi
in cui il factor garantisca la solvenza del
debitore ceduto. Sempre il Carnevali ha
interpretato innovativamente alcuni aspetti del
rapporto, ad esempio definendo la facoltà dell’imprenditore cessionario di
acquistare o meno tali crediti, come una condizione potestativa, con la quale
il factor si tutela nel caso in cui il fornitore
voglia occultarli. L’Autore descrive il
contratto come una cessione globale condizionata di crediti presenti e
futuri, ma critica l’idea che nel contratto di factoring si metta in atto
unicamente un trasferimento di crediti a scopo di garanzia, poichè il negozio non vieta al factor
di disporre del credito ricevuto in cessione, cedendolo al terzo e
scontandolo per rifinanziarsi. Inoltre il factor, nel caso di adempimento del debitore ceduto, si
soddisfa direttamente sull’oggetto della garanzia e tutto ciò sembra contrario
alla struttura e alla funzione di tale istituto, nel nostro ordinamento, poichè il creditore che ha ricevuto in garanzia un
credito verso terzi, non può liberamente disporne (art. 2792 c.c.) e neanche
rivalersi direttamente su di esso ( art. 2803 e 2804 c.c). Ulteriormente nella
reale configurazione del rapporto, il pagamento da parte del debitore ceduto
costituisce il normale mezzo di soddisfacimentodel
cessionario e la rivalsa verso il cedente, alla quale il factor
può rinunciare, viene considerata eventuale ed eccezionale. L’atteggiamento dei
rapporti reciproci tra factor e cliente-cedente non
delinea una prestazione in luogo dell’adempimento dell’obbligo di restituire
le somme anticipate. Nel factoring, l’impresa
di gestione dei crediti decide sia sul “se”, che sul “quanto” del
finanziamento, che rimane pur sempre una prestazione eventuale, a differenza
che nella “datio in solutum”. Per il Carnevali, il
factoring senza rivalsa non è un contratto aleatorio, come non lo è allo
stesso modo la fideiussione, dal momento che il factor
non garantisce ogni rischio riguardante il credito, ma si trova nella
medesima posizione di un fideiussore o del mandatario con il patto dello star
del credere, siccome essi per non pagare, possono opporre tutte le
eccezioni esperibili dal debitore ex art. 1945 c.c. La caratterizzazione
mutevole della causa del factoring venne sostenuta anche dallo Zuddas, il
quale definì il rapporto come operazione creditizia o assicurativa, poichè la sua causa si specifica proprio nelle singole
cessioni dei crediti. Queste cessioni
dovrebbero essere intese come negozi attuativi di trasferimento, messi in
atto in adempimento di un “pactum de contrahendo” stipulato in precedenza. (201) L’Autore individua nel
contratto un carattere di definitività, dato dal fatto che le successive
cessioni non ne costituiscono il superamento, ma la specificazione e anche perchè la convenzione non è soggetta ad essere sostituita
con altra situazione giuridica finale. Quindi nel factoring, va
individuata una funzione non unica ma “articolata”, perchè
si compone di una varietà di atteggiamenti funzionali che si specificano in
ogni singola cessione, come negozi traslativi “solvendi
causa”, ossia negozi di attribuzione di un’operazione giuridica già impostata. Per essere valide,
queste prestazioni richiedono un riferimento causale esplicito, hanno bisogno
cioè di adempiere ad un precedente rapporto obbligatorio. Questo è quanto accade
nel factoring, dove il trasferimento del diritto ha causa esterna e viene
attuato in esecuzione di in patto precedente,contenuto
nel negozio iniziale. Il rapporto si
configura perciò come un fenomeno di pluralità negoziale e non è un contratto
preliminare, poiché mentre quest’ultimo anticipa un futuro assetto
d’interessi, che si concretizza poi in un contratto definitivo avente causa
propria, il patto che è obbligo a contrarre, esprime un regolamento
d’interessi definitivo, ma contenuto in parte indeterminato. Altri Autori
giuridici, hanno individuato nel factoring un contratto avente causa unica,
nel cui ambito assume un particolare rilievo l’anticipazione creditizia a
favore del cliente. Perciò la causa del
contratto, intesa come elemento di unità delle parti essenziali del negozio,
consiste secondo il Clarizia, in un finanziamento
operato con l’acquisto “pro soluto” dei crediti e con la concessione di
anticipazioni da parte dei cessionari. (202) In seguito, l’Autore
ha avuto modo di rettificare la sua opinione, prendendo atto che le cessioni
che costituiscono il momento attuativo della convenzione, sono
prevalentemente realizzate con rivalsa verso il cedente. Contro tale definizione
di causa di finanziamento, si è obiettato che le anticipazioni rappresentano
solamente l’estinzione dell’obbligo di pagare il prezzo della cessione e che quindi
la funzione di finanziamento, non può essere realizzata attraverso la dazione
anticipata, di una somma che è già in altro modo dovuta. Inoltre l’applicazione
analogica delle norme sul mutuo e sugli altri contratti di credito alla
convenzione, sarebbe impedita dalla mancanza nel factoring di un’elemento qualificante di tali contratti, come
l’obbligo di restituire il “tantundem” (203). Invece una sentenza del
Tribunale di Firenze del 16 luglio 1984, riguardante la controversia Raccuglia Grazia c. Centro Factroring
S.p.a., ha accolto la tesi del Clarizia e ha
criticato allo stesso tempo, che il factoring sia un “contratto normativo
unilaterale da cui discendono negozi giuridici particolari”. (204) Sicchè seguendo tale orientamento,
dovrebbe ipotizzarsi l’uso delle norme relative la disciplina legale dei
contratti di credito, per risolvere i problemi della convenzione di
factoring, mentre nei riguardi delle singole prestazioni esecutive, sarebbero
utilizzate le norme proprie dei tipi già legislativamente disciplinati in
quanto compatibili. Invece la Cassandro Sulpasso, pur
qualificando la cessione di crediti in termini di vendita strumentale, ha
ravvisato nel factoring un contratto di collaborazione alla gestione delle
imprese. (205) Il tratto significativo
dell’intera operazione è stato individuato, nello stretto rapporto tra il factor e il cliente che ne utilizza i servizi, poichè gran parte dell’attività prestata dal cessionario,
come la gestione contabile, amministrativa e contenziosa, le ricerche di mercato
e l’orientamento vendite, è ugualmente necessaria al funzionamento e
all’espansione della stessa società di factoring. Per l’Autrice,
rappresentare il trasferimento globale di una massa di crediti, come un
preliminare di cessione, ha determinato la frammentazione del negozio in una
serie di distinte manifestazioni di volontà delle parti, tendenti
rispettivamente a cedere e ad acquistare i singoli crediti, nei diversi
momenti in cui vengono ad esistenza. Infatti una sentenza
connessa ad un’aspetto fondamentale dell’operazione,affermava che la comunicazione della cessioneper essere valida ed efficace,doveva
realizzarsi in modo formale e che il debitore avrebbe dovuto ricevere notizia
qualificata del relativo trasferimento. (206) Inoltre il conflitto tra
più cessionari dello stesso credito, si risolveva rispetto al debitore
ceduto, con la prevalenza della cessione a lui notificata o di quella
accettata per prima con atto avente data certa, ancorché posteriore (1265
c.c.). Invece la strutturazione
del contratto, nei termini di cessione in massa di crediti futuri comporta
una semplificazione rispetto a tali questioni, poichè
per l’opponibilità del trasferimento nei confronti dei debitori ceduti,
basterebbe la comunicazione del cedente della stipulazione dell’accordo di
factoring e delle conseguenze che da esso derivano. Da quel momento il
ceduto non potrebbe più affermare l’ignoranza della cessione di un singolo
credito, proprio perchè gli è stato notificato
l’accordo globale, magari in forma di presa nota e accettazione della
cessione in massa, con il vantaggio dell’inopponibilità della compensazione,
in base all’art. 1248,1° comma c.c. Del resto il factor sarebbe tutelato rispetto a qualsiasi successivo
avente causa del cedente, poichè la cessione
globale è opponibile ai terzi con riguardo delle prescrizioni riferite non
più alle singole cessioni, ma bensì alla convenzione di factoring. La stessa valutazione
può farsi nel caso del fallimento, allo scopo di rendere opponibili
l’acquisto del factor di tutti i crediti sorti
prima della sentenza dichiarativa. In tal caso, la tutela
del cessionario sarebbe possibile non solo verso i crediti già sorti, ma
anche nei confronti di quelli per i quali è già stato stipulato ma non ancora
eseguito il contratto di fornitura, poiché per essi il factor
potrebbe aver anticipato parte del corrispettivo pattuito. Infatti in questa
ipotesi il curatore avrebbe la scelta tra l’esecuzione o meno del contratto
di fornitura (art. 72,4° comma l. fall.), ma se
decidesse per l’esecuzione del contratto il relativo credito spetterebbe al factor. Nella prospettiva di
un unico accordo di cessione globale di crediti futuri, la convenzione di
factoring rappresenta il solo atto di disposizione dei crediti effettuato dal
fornitore-cedente. Perciò per coloro che
sostengono tale impostazione, non sarà possibile procedere all’esercizio
delle azioni revocatorie nei confronti di ogni singola cessione. L’orientamento appena
descritto ricomprende in se diverse opinioni riguardanti la modalità, diretta
per alcuni e mediata per altri, con cui si realizza l’effetto traslativo dei
crediti quando essi vengono ad esistenza. (207) Sempre nell’ambito di
questa ricostruzione, la posizione del factor è
definita da taluno come una posizione di attesa, per cui nel periodo
intercorrente la stipulazione del contratto di cessione ed il sorgere del
credito futuro, la situazione giuridica dell’acquirente è quella di
un’aspettativa giuridicamente tutelata, di cui l’ordinamento favorisce la
conservazione e l’attitudine a trasformarsi in un diritto soggettivo. (208) La maggior parte degli
giuristi che si sono occupati del contratto di factoring, ne hanno messo in
evidenza l’estrema flessibilità e la natura di contratto atipico di durata. L’impostazione appena
illustrata trova ancora oggi, dopo la legge n. 52/1991, un limite nella
posizione assunta dalla giurisprudenza, poichè per
ciò che concerne il momento traslativo, la Cassazione ha affermato che il
contratto di cessione di un credito futuro ha efficacia solamente obbligatoria
ed il suo trasferimento avviene unicamente nel momento in cui esso viene ad
esistenza. (209) In tema di
ammissibilità della cessione di crediti futuri, l’art. 3 della legge 21
febbraio 1991, n. 52, non si applica a tutte quelle cessioni nelle quali non
si rinvengano i presupposti richiesti dalla nuova disciplina. In questi casi, i
giudici tendono ad affermare che: “al momento della conclusione del negozio
debba sussistere già il rapporto giuridico di base, dal quale possano trarre
origine i crediti futuri, perchè questi siano
determinati o determinabili”. (210) Anche il Frignani, in uno dei suoi molteplici contributi
sull’argomento, ha avuto modo di precisare che pur realizzandosi attraverso
una cessione di credito, il factoring ha un più ampio contenuto giuridico ed
economico ed i suoi caratteri principali come la durata, l’onerosità i
diritti e gli obblighi reciproci tra le parti, incidono nel loro rispettivo
comportamento anche conobbligazionidi fare o
prestare. (211) In particolare, il contratto
base sarebbe un negozio normativo bilaterale e individuale, poichè le parti convengono di applicare le norme lì
stabilite nei loro futuri rapporti reciproci. Inoltre considerando la
differenza con il contratto collettivo che pure merita la qualifica di normativo,su questa strutturasi
innesterebbeun contratto preliminare, a patto che
le parti si obblighino a stipulare i contratti dei quali hanno concordato il
contenuto. Tale ricostruzione in
termini di contratto preliminare unilaterale è criticabile sulla base di
certe osservazioni giurisprudenziali, per cui al momento della stipula della
convenzione, le parti non sono a conoscenza di molti aspetti essenziali del
rapporto. Questo potrebbe far
propendere per la nullità di un simile contratto, per indeterminatezza
dell’oggetto, poichè per non incorrere nella
sanzione di cui all’art. 1418,2° comma c.c., il preliminare deve contenere
gli elementi essenziali del futuro contratto definitivo. (212) Inoltre le espressioni
utilizzate dai contraenti non sembrano confermare completamente questa
ricostruzione, siccome le Condizioni generali regolano il rapporto come un
contratto di durata, approntando una disciplina puntuale ed esauriente da
lasciare in secondo piano, le singole successive cessioni di credito, che
sono ridotte ad una fase solamente esecutiva. Infine la natura di
contratto preliminare è stata contestata anche da chi ha osservato che nel
factoring, quelli che costituirebbero altrettanti contratti definitivi, non
hanno una loro funzione economica tipica, adatta a restare costante anche
senza un collegamento con un’altro negozio, ma le
singole cessioni di credito ricevono una loro funzione, proprio in
collegamento con la convenzione di base. Un’opinione contraria
all’atipicità del contratto di factoring è stata proposta dal Nuzzo, il quale
ha completato la sua opinione, sostenendo che la cessione dei crediti
nell’ambito dell’accordo di factoring avvenga a causa di mandato. (213) Da questo punto di
vista, l’imprenditore cessionario è tenuto quale mandatario senza
rappresentanza, a realizzare la gestione dei crediti trasferiti, in nome
proprio e nell’interesse del cedente. Infatti il trasferimento
del diritto di credito non sarebbe incompatibile con il tipo legale del
mandato predisposto dal legislatore, perchè le
parti hanno sicuramente la possibilità di disporre dei diritti con effetto
reale, allo scopo di rendere possibile l’attività di cooperazione gestoria pattuita, mettendo in atto la cessione, definita
come una “prestazione traslativa isolata”, che trova il proprio presupposto
causale nella convenzione di factoring. Per quanto riguarda poi
le attività di finanziamento e di garanzia effettuate discrezionalmente dal
cessionario, esse vanno considerate come l’espressione di negozi
funzionalmente collegati al mandato generale senza rappresentanza, per la
gestione di una massa di crediti del cedente. Precisamente si avrebbe
un’apertura di credito, nel caso che il factor si
determinasse a concedere l’anticipo e una fideiussione nel caso in cui
l’acquisto del credito avvenga senza rivalsa. (214) Per l’Autore tali
contratti conservano una loro autonomia causale e questo impedisce di
considerare il factoring così come attuato in Italia, come un contratto a
causa unitaria, mentre sembra più rispondente al vero individuarvi un
fenomeno di collegamento negoziale. Dovrà pertanto ritenersi
effetto di questo collegamento, la dipendenza che le successive pattuizioni
hanno rispetto all’accordo di mandato, poichè se
questo cade, gli accordi posteriori lo seguono (un collegamento negoziale di
tipo unilaterale: Cass., 9 aprile 1983, n. 2520 in
Foro it., 1983, I, 1900). (215) La convenzione base
contenuta nei modelli negoziali contiene inoltre l’enunciazione a livello
precontrattuale, della disponibilità del factor a
trattare la conclusione di ulteriori affari, come la corresponsione di
anticipazioni, la prestazione di garanzie e altri servizi. Siccome le successive
stipulazioni, sono prese sulla scorta della reciproca fiducia e sulla base
della collaborazione che si instaura tra le parti in ragione di un rapporto
di clientela, nel rapporto di factoring si intravede una similitudine con
quanto avviene nel conto corrente di corrispondenza, tenuto nell’ambito di
un’attività bancaria. Il volume dei crediti
assunti in gestione ricorda, nei confronti del factor,quanto
è rappresentato dalla disponibilità che si crea presso una banca, anche perchè in base all’entità della somma, l’impresa di
gestione valuterà se provvedere alle anticipazioni sui crediti da incassare
oppure se concedere una sorta di “credito di firma”, con l’assunzione della
garanzia per il pagamento. La conseguenza della
qualificazione della convenzione di factoring nello schema tipico del
mandato, comporta l’applicazione in via integrativa delle relative
disposizioni, tra le quali ad esempio, quella che prevede l’obbligo di
diligenza del mandatario (art. 1710 c.c.), l’impossibilità per il mandatario
di eccedere i limiti fissati nel compimento dell’attività di gestione (art.
1711 c.c), l’obbligo del mandatario di far riscuotere
gli interessi sulle somme riscosse a causa del mandato e non ancora
consegnate (art.1714 c.c.). Inoltre saranno
applicabili ad integrazione della disciplina pattizia, lo strumento di
autotutela privata costituito dalla prededuzione
del mandatario ex art. 1721 c.c., ma anche l’art. 78 della legge fallimentare
che dispone, nel caso di fallimento dell’imprenditore cedente, lo
scioglimento del contratto e comportala retrocessione a favore della massa,
dei crediti trasferiti e non ancora incassati e delle somme riscosse e non
ancora girate. Queste disposizioni
riguardano però il rapporto interno tra il cedente e il factor,
perchè è il trasferimento reale dei crediti che
costituisce l’impresa di gestione come titolare esclusiva nei confronti dei
terzi e del debitore ceduto, nel rispetto degli artt. 1264 e 1265 e degli
artt. 5-7 della legge n. 52/1991, tenuto conto però dell’effettiva
configurazione del contratto.
Infatti il factoring
rimane un rapporto che si fonda sulla cessione dei crediti, ma che poi nella
realtà si compone di una serie di contenuti che spesso tolgono al trasferimento
del credito, il ruolo centrale che molti autori gli attribuiscono. Il legislatore non
sembra delineare la fattispecie del factoring, conferendogli una tipicità
legislativa con tecnica simile a quella seguita ad esempio, per la
commissione e spedizione rispetto al mandato. La maggioranza degli
autori concorda sul fatto che il contratto rimane sostanzialmente innominato,
da un lato per via del giudizio generale sulla varietà delle funzioni che si
presta a svolgere nella pratica e dall’altro, perchè
la nozione di tipicità sembra riguardare piuttosto il contenuto del
contratto, che le sue tecniche di attuazione. L’effetto giuridico più
appariscente del factoring è costituito dal trasferimento di una globalità di
crediti, nell’ambito di un rapporto professionale e continuativo tra due
imprenditori. La traslazione della
titolarità di un complesso di crediti, dal cliente-fornitore al factor, dietro pagamento di una provvigione per i servizi
resi, permette all’imprenditore specializzato di mettere in atto una gestione
amministrativa e contabile dei diritti, svolta in nome proprio e per conto
del cedente, compiendo in definitiva, un’attività articolata e funzionale
alle specifiche esigenze della controparte. La considerazione dei
poteri di controllo contabile esercitati sul cedente e della riscossione dei
crediti effettuata dal factor, con la previsione di
un rendiconto periodico tra le parti e con l’obbligo di restituzione delle
somme incassate, una volta operate le debite deduzioni, rafforza la
convinzione di un rapporto più ampio di una semplice vendita di crediti (per
tali aspetti: Art. 4, 8, 16, 18, Banca Monte dei Paschi). Da questo punto di
vista, la sottoscrizione delle Condizioni generali di contratto, indica un
regolamento d’interessi dichiarato dalle parti corrispondente al tipo legale
della vendita, dove sono presenti i noti elementi costitutivi rappresentati
dal diritto, dal prezzo e dal trasferimento di proprietà. Anche
l’eventuale esecuzione di erogazioni finanziarie o l’assunzione di garanzia
per la solvenza, solitamente è ricondotta dalla disciplina convenzionale,
alla realizzazione di un programma di scambio del diritto di credito contro
prezzo. Le dichiarazioni dei
contraenti però, non concludono la ricerca con la quale si assegna rilevanza
alle regole concordate, perchè raccolti gli
elementi costitutivi dell’accordo e delle finalità pratiche perseguite,
bisogna qualificare il negozio attraverso il confronto, tra lo scopo
individuato nel dispositivo e quello effettivamente perseguito. Infatti dal punto di
vista funzionale, la convenzione di factoring evidenzia il contrasto tra le
affermazioni proprie dell’impresa cessionaria e del suo cliente-cedente e le
effettive finalità pratiche realizzate dal contratto. Alcuni autori hanno
affermato che il legislatore italiano ha ritenuto di poter meglio tutelare le
società finanziarie, configurando il trasferimento del credito come una
vendita, perchè in altri ordinamenti questa
struttura permette di escludere l’applicazione di una serie di onerose
disposizioni, come quelle sul trasferimento di denaro e quelle sugli
adempimenti pubblicitari previsti dalla cessione (in tal senso la legge n.
52/1991). Se tuttavia il factor venisse considerato solo un’acquirente, non si
potrebbe spiegare perchè per esercitare le prerogative
del proprietario e quindi per riscuotere, contabilizzare, recuperare i
crediti, si faccia poi pagare un’apposita commissione. (216) Nella pratica poi,
rimane difficile contestare la validità di clausole contrattuali che
contengono la previsione del prezzo, poichè le
parti ad esclusione della sua determinabilità, hanno un’ampio
potere di stabilirne i termini e i modi di corresponsione. Però i criteri usati per
la definizione del corrispettivo, devono risultare compatibili almeno con la
funzione contrattuale che si afferma di voler realizzare. Perciò, sembra poco
credibile il ruolo economico di una vendita di crediti, il cui corrispettivo
pagato è pari al valore nominale dei diritti ceduti e che non tiene in alcun
conto la solvibilità dei relativi debitori, la cui diversa valutazione
invece, dovrebbe incidere sul valore del bene trasferito. (217) Il fatto che il
cessionario si obblighi a pagare a fronte della cessione, un’importo
pari al valore nominale del credito ceduto, indica un rapporto privo di
funzione economica, oppure rappresenta un qualifica di comodo del fenomeno
contrattuale, in cui l’anticipo si giustifica quando la prestazione del factor non è il pagamento, ma la gestione in cambio delle
commissioni a carico del cliente. Inoltre, la comune clausola contrattuale che stabilisce
l’accredito del corrispettivo al momento dell’effettivo l’incasso, a parte il
caso di cessioni “pro soluto” o a meno che non sia stato pattuito
diversamente, considera eccezionale una circostanza che invece dovrebbe
giudicarsi normale e cioè il pagamento del corrispettivo al momento dello
scambio. Ma le anticipazioni
concesse dal factor al cliente, sono state
assimilate ad una forma di anticipo in conto prezzo, richiamando in tal modo
la disciplina di cui all’art. 1185,2° comma c.c., che permette al debitore di
adempiere prima del termine. In realtà, si tratta di
finanziamenti concessi al fornitore cedente, perchè
la circostanza che la somma erogata frutti un’interesse
al cessionario, significa che essa fa ancora parte del suo patrimonio e che
l’utile ricavato, rappresenta il compenso pagato dal cedente al factor, per l’utilizzazione di un bene che deve essere
restituito al cessionario. Questo rafforza
l’opinione che il pagamento dell’anticipo, non sia una prestazione che si
contrappone alla cessione, ma piuttosto sia un’elemento
collegato nell’ambito di un rapporto di portata più vasta. La compravendita del
credito può sicuramente svolgere una funzione finanziaria, ma tale soluzione
passa attraverso il riconoscimento di un reddito dell’acquirente, da
individuarsi in uno scarto tra l’entità del credito ceduto e il prezzo
corrisposto, elemento che non trova una conferma invece nelle caratteristiche
formali dichiarate del rapporto. Questa ricostruzione è
confermata dalla constatazione che gli interessi corrispettivi, vengono
calcolati dalla data dell’erogazione finanziaria e che spesso i versamenti anticipati,sono riferiti alla data di scadenza dei
crediti ceduti, smentendo in tal modo che si tratti di un pagamento del debito
del prezzo, come avverrebbe invece, se ci si rapportasse alla data di
scadenza del debito del factor verso il cedente. Le ragioni appena
esposte fanno pensare che il rapporto di factoring, sia costituito da una convenzione-base
che si perfeziona mediante la sottoscrizione di una serie di condizioni
generali di contratto e che questa sia completata da una serie di negozi
successivi di puro trasferimento, che trovano la loro causa in una
preesistente relazione giuridica. In certi casi qualcuno
di questi accordi è diretto ad attuare la cessione dei crediti e si ricollega
con immediatezza alla stipula della ricordata convenzione, mentre altri
negozi si presentano come strutturalmente autonomi. Infatti, la convenzione li
prevede in via solamente programmatica, poichè essi
sono diretti ad ottenere la prestazione di alcuni dei servizi tipici del factor come le anticipazioni, la gestione del credito e
la collaborazione commerciale (in tal senso, Art 1 Add.
pro solvendo, di tutti i nuovi schemi negoziali). Dunque, il fine costante
della cessione attuata nel factoring è quello di trasferire al cessionario la
titolarità dei crediti, affinchè l’imprenditore
specializzato possa esercitare in nome proprio e per conto del cliente, la
loro gestione contabile e amministrativa. (218) La compatibilità del
rapporto, con le caratteristiche dello schema del mandato è stata posta in
discussione anche con riferimento alla facoltà del cessionario di scegliere
quali crediti accettare, dichiarandoli fattorizzabili e quali invece
rifiutare, poichè in tal caso sarebbe il factor e non il mandante, a determinare l’oggetto stesso
del contratto. (219) Tuttavia le critiche
portate nei confronti della descritta ricostruzione dei rapporti costituiti
tra le parti non sembrano cogliere nel segno. La concreta prassi
contrattuale, di collegare l’acquisto di una globalità di crediti verso un
solo debitore al “plafond”, cioè ad un massimale prestabilito e concordato
tra le parti, ma anche la dichiarazione di procedere alla cessioni in massa
nei confronti di ogni debitore specificamente accettato anticipo, non lascia
una totale discrezionalità di scelta al factor e
sicuramente non permette di affermare, che il cliente non abbia un
sufficiente spazio negoziale, per indirizzare le prestazioni del factor verso il proprio campo di interesse. Da altro punto di vista,
non vanno seriamente considerate limitative della libertà di determinare
l’oggetto contrattuale, da parte del fornitore-cedente, le clausole negoziali
che escludono dal rapporto determinati categorie di crediti come quelli
derivanti da contratti condizionati o rappresentati unicamente da fatture
provvisorie o “pro forma” (Art. 2/1, Istituto Bancario S. Paolo). Inoltre si è messo in
evidenza che quando il factor approva il credito
ceduto e la cessione è quindi “pro soluto”, per il cedente diventa
assolutamente indifferente che il ceduto adempia oppure si rifiuti di pagare. In questo caso, il
rapporto non potrebbe neanche delinearsi come un mandato “in rem propriam”, in quanto l’unico interesse giuridico
apprezzabile, sarebbe quello proprio del factor e
la posizione del cedente non verrebbe ad essere minimamente influenzata,
dall’esito dell’azione del mandatario. (220) Anche questa
considerazione sembra smentita nelle cessioni attuate “pro soluto”, dove la
mancata riscossione è di sicuro interesseper il
fornitore, perchè determina un’assenza protratta di
liquidità. Infatti il pagamento del
corrispettivo, avviene non prima dei 210 giorni dalla scadenza o dopo che sia
comunque trascorso il periodo di ritardo medio, desunto dai precedenti
pagamenti del debitore (Art. 15, BancaMonte dei
Paschi). Per di più, non sembra
essere irrilevante il fatto che sulle somme erogate, decorrono gli interessi
convenzionali dal momento effettivo della corresponsione, a quello del
pagamento o in mancanza, a quello contrattualmente stabilito (Art. 6, Factorcoop). In definitiva, se
l’effetto giuridico della cessione permette di raggiungere dei risultati
economici di gestione, finanziamento e traslazione dei rischi, la
considerazione degli aspetti funzionali effettivamente costanti nel rapporto
di factoring, giustifica l’idea che il credito non sia attribuito al factor a causa di vendita, ma piuttosto per realizzare un
programma di cooperazione gestoria caratteristico
della causa del mandato. Considerando che la
qualificazione giuridica del rapporto, che è alla base di una domanda
giudiziale è una prerogativa del giudice, si potrà estendere legittimamente
la disciplina del tipo legale del mandato per quanto compatibile, a quelle
relazioni contrattuali delle quali si possa escludere, la causa di vendita e
la presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge n.
52/1991. Tesi di Laurea: Il factoring e la cessione dei crediti
d’impresa, Libera Università degli Studi di Urbino, Facoltà di Giurisprudenza,
Anno Accademico 1999/2000, Candidato: Fabio
Giovagnoli, Arcevia (AN), Relatore: Chiar.mo Prof. Antonio Nuzzo. Email: fabio.giovagnoli@libero.it. |