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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI URBINO


FACOLTA' DI GIURISPRUDENZA

                                      

IL FACTORING E LA CESSIONE DEI CREDITI D’IMPRESA

        

        

  di  Fabio Giovagnoli.

 
 

 

Capitolo Terzo

La connotazione soggettiva delle parti contrattuali.



3.1 Le imprese di gestione dei crediti. - 3.2 Le forme giuridiche per l'esercizio dell'attività di factoring. - 3.3 Lo statuto delle società operanti - 3.4 La natura dell'iscrizione agli albi. - 3.5 L'elenco speciale degli intermediari finanziari. - 3.6 Il capitale nominale del cessionario. - 3.7 I requisiti d'onorabilità e professionalità. - 3.8 La vigilanza prudenziale. - 3.9 La vigilanza informativa. - 3.10 Il trattamento delle informazioni ottenute dai factors e la legge n. 675/1996. - 3.11 Il cedente. - 3.12 Il debitore ceduto. - 3.12.1 Il factoring nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. - 3.13 L'opponibilità della cessione nei confronti dei terzi. - 3.13.1 La data certa. - 3.14 L'abuso di factoring. - 3.15 Le eccezioni opponibili dal debitore. - 3.15.1. I vizi del contratto di factoring e il patto d'incedibilità del credito. - 3.15.2 Altre contestazioni dirette contro il cessionario.

 

 

 

3.1    Le imprese di gestione dei crediti.



 

       Il factoring è uno strumento di supporto alla gestione delle imprese nel quale è presente un'importante componente finanziaria, che tuttavia non determina le specificità del rapporto, in confronto all'aspetto gestionale riguardante il credito oggetto del contratto.

       La convenzione infatti, assicura lo svolgimento di un servizio più complesso e a maggiore valore aggiunto rispetto al credito bancario, anche se le prestazioni realizzate non sono direttamente confrontabili, con gli strumenti creditizi tradizionali.

       Il ricorso al contratto comporta intanto due ordini di costo: quello finanziario (interessi), relativo all'erogazione anticipata implicita nel pagamento del credito prima della scadenza e il costo amministrativo (commissione), relativo alla gestione ed eventualmente alla garanzia di buon fine del credito.

       Mentre gli interessi praticati dal factor sono in linea con i tassi del mercato, tenuto conto delle caratteristiche della clientela e del rischio delle operazioni, le commissioni dipendono dal tipo di servizi offerti e dalle caratteristiche (scadenze, importi, ecc.) dei crediti ceduti. (221)

       Secondo l'indagine sulla domanda di factoring delle imprese italiane, sono proprio le banche, uno dei principali canali di conoscenza delle opportunità offerte da questa forma negoziale agli operatori economici.

       Infatti storicamente, gli Istituti di credito sono stati i promotori delle iniziative di factoring più importanti nel nostro Paese, sia attraverso la costituzione di società specializzate, sia con lo svolgimento diretto dell'attività. (222)

       In effetti questo strumento gestionale, può essere un fattore di consolidamento dei legami di clientela, dato che esso privilegia una relazione duratura con l'impresa, in modo da poterla affiancare durevolmente nelle funzioni amministrative, organizzative e finanziarie relative all'amministrazione dei crediti. 

       I modelli organizzativi degli operatori del factoring si basano sulla struttura della società esterna, oppure sulle operazioni svolte dal c.d. gruppo creditizio. 

       La pari convenienza nella scelta tra questi due tipi d'operatori, richiederebbe un'assoluta neutralità della regolamentazione (ad esempio in riferimento ai coefficienti di solvibilità), nonché l'assenza delle varie imperfezioni dei mercati (ad esempio, la preferenza della clientela al mantenimento di una pluralità di relazioni tra i soggetti finanziatori). (223)

       La funzione di produzione caratteristica delle società di factoring, comporta un modello di formazione del reddito differente rispetto alle altre istituzioni finanziarie e in particolare un più basso livello di sofferenze o di perdite, ma contemporaneamente determina un più elevato volume di costi di gestione, necessari per assicurare lo svolgimento dell'attività. 

       Nella realtà italiana tali spese sono state coperte, ricorrendo anche ai notevoli proventi della gestione finanziaria, anche se in prospettiva le commissioni attive tendono progressivamente all'aumento, come corrispettivo dei servizi non finanziari svolti dal factor

       L'alternativa tra le forme organizzative in presenza di una vigilanza consolidata, rende indifferente la scelta rispetto alla dotazione di capitale necessaria, in presenza di un unico tasso di capacità di pagamento consolidato, pure in presenza di un coefficiente di solvibilità differenziato (5% per le società di factoring e 8 % per il gruppo creditizio e la banca universa

       Invece per quello che riguarda l'indebitamento risultante dall'esercizio dell'attività, l'alternativa del gruppo creditizio risulta conveniente, nel caso in cui la società di factoring non si basi interamente sui finanziamenti accesi presso il gruppo,oppure quando il mercato garantisca un più alto volume di fondi raccolti, attraverso le diverse unità del gruppo. (225)

       Nell'ambito dei rapporti coi debitori ceduti, la normativa bancaria sulla concessione degli affidamenti e sull'impostazione dei flussi informativi con la Centrale Rischi, non rende agevole mantenere la chiarezza del doppio rapporto con il cedente e il ceduto, nel caso di una banca universale, rendendo difficile un diretto apprezzamento del risch

       Sul tema dei profili fiscali e sull'Iva in particolare, lo svolgimento del factoring nel contesto di una c.d banca universale, comporta la rinuncia alle detrazioni operate nell'ambito distinto delle società esterna. (227)

       Un'importante comparto del mercato italiano è rappresentato dagli operatori di factoring finalizzato, che prestano i loro servizi a favore di gruppi industriali e commerciali di grandi dimensioni e di natura pubblica o privata, ma soprattutto intrattengono rapporti con i clienti e i fornitori del gruppo d'appartenenza, per attuare un supporto gestionale e finanziario nell'ambito di queste specifiche relazioni. 

       Il tratto specifico delle operazioni da loro svolte è la coincidenza del gruppo d'appartenenza, con una delle controparti tradizionalmente coinvolte nel contratto di factoring, il debitore ceduto o il creditore cedente. (228)

       L'elevata concentrazione della clientela è una caratteristica strutturale della loro attività, che viene appunto costituita per gestire molti rapporti di pagamento e non rappresenta perciò una scelta discrezionale delle politiche aziendali, ma un requisito fondamentale per il conseguimento degli obiettivi delle società finalizzate e dei loro soci fondatori. 

       In genere una società di factoring finalizzato, non modifica il valore economico del rischio complessivo del gruppo, neanche da punto di vista finanziario, perchè la sua capacità di indebitamento sul mercato dipende dalla consistenza creditizia del gruppo, che essa stessa contribuisce a determinare. (229)

       E in effetti sempre dal punto di vista economico, la natura delle attività svolte, da cui sorgono i crediti oggetto del factoring e anche le relazioni con i clienti-fornitori, sono tutti elementi autonomi rispetto alla stessa società finalizzata. 

       In definitiva, l'esame delle principali conseguenze della scelta del modello di esercizio dell'attività di factoring, non evidenzia un'unica opportunità organizzativa, anche se si individuano alcune convenienze a favore della soluzione esterna, con l'adozione perciò di una società specializzata.



 

3.2      Le forme giuridiche per l'esercizio dell'attività di factoring.



 

       La disciplina sulla cessione dei crediti d'impresa, stabilisce che il cessionario deve essere una società oppure un'ente pubblico o privato, avente personalità giuridica, sempre che il capitale sociale non sia inferiore a dieci volte il capitale minimo previsto per le società per azioni (lettera c) dell'art. 1,1° comma). 

       Inoltre, l'oggetto sociale dell'impresa cessionaria, deve contenere la previsione dell'attività d'acquisto di crediti d'impresa, mentre a partire dal 1° gennaio 1994, le caratteristiche soggettive sono state nuovamente definite dall'art. 156,2° comma del t.u. del credito, stabilendo che l'impresa specializzata possa essere una banca o un'intermediario disciplinato dallo stesso testo unico, il cui oggetto sociale consenta lo svolgimento dei trasferimenti di credito verso corrispettivo. (230)

       L'art. 2 della legge si occupava interamente dell'albo delle "imprese di factoring" e della relativa vigilanza e infatti riservava alla Banca d'Italia l'esercizio dei controlli e delegava il Ministro del Tesoro a regolare con un proprio decreto,l'iscrizione e la cancellazione dal Registro, i contenuti della vigilanza e le relative sanzioni amministrative. (231)

       Infine, l'ultimo comma dell'articolo imponeva alle società esercenti il factoring, l'obbligo di certificazione del bilancio annuale. (232)

       Il coordinamento tra i principi posti dalla legge n. 52/1991 e le norme di attuazione contenute nella normativa secondaria, ha sollevato diversi dubbi sul significato da attribuire al requisito della personalità giuridica, richiesto all'impresa cessionaria. 

       Anche se questa qualità va intesa in senso formale, con l'esclusione quindi delle società di persone, le società in nome collettivo e le società in accomandita, comunque regolari, sono state escluse con molta difficoltà dall'esercizio dell'attività di cessione dei crediti d'impresa. (233)

       Infatti è stato osservato che esistono società fornite di personalità giuridica che non sono società di capitali, come le cooperative (234) che acquistano tale caratteristica con l'iscrizione al registro delle imprese ( artt. 2331, 2519 del c.c ). (235)

       Inoltre non si può affermare che la disciplina codicistica delle società di persone, sia priva di norme di tutela dell'integrità del capitale sociale, contenute ad esempio, negli artt. 2295, 2300, 2303 del c.c. 

       Allo stesso modo, la necessaria presenza di un organo interno di controllo, al quale la normativa secondaria si richiama spesso (art. 5, d.m. 12 maggio 1992, n. 334), non risulterebbe neanche soddisfatta per gli enti pubblici o per gli enti privati con personalità giuridica, che possono esserne privi. (236)

       Anche i problemi di coordinamento causati dalla necessità di certificazione del bilancio, non sono utili ad escludere le società di persone, poichè questi non sono certamente minori di quelli esistenti per gli enti pubblici o privati con personalità giuridica. (237)

       La norma contenuta all'art. 2, che nell'originaria formulazione prevedeva per i cessionari la forma delle società per azioni, nel suo percorso parlamentare è stata modificata in senso ampliativo, comprendendo gli istituti di credito di diritto pubblico, le Casse di Risparmio e i Monti di Pegno, che sono comunque autorizzati ad esercitare il factoring già sulla base della Seconda Direttiva Bancaria. 

      In ogni caso, l'art. 14,1° comma, lett. a) del Testo Unico del credito, consente alla Banca di svolgere l'attività di cessionaria, rivestendo la forma della società per azioni o della società cooperativa per azioni a responsabilità limitata. (238)

       Ma il factor potrà anche essere un'intermediario finanziario che adotterà la forma di società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata o di società cooperativa, in base all' art. 106,3° comma, lett. a) dello stesso corpo normativo. 

       Mentre le SICAV, ossia le società di investimento a capitale variabile, sebbene debbano costituirsi sotto forma di società per azioni, si dovrebbero considerare escluse dall'esercizio dell'attività di factoring, appunto per la particolarità del loro capitale variabile, piuttosto per l'esclusività del loro oggetto sociale. (239)

       Anche il Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE) è estraneo all'applicazione di questa disciplina, poichè non ha ottenuto dal d.lg. 23 luglio 1991, n. 240 l'attribuzione della personalità giuridica, anche se il regolamento istitutivo europeo n. 2137/85 sembrava concedere quella prerogativa (art. 1,3°comma). (240)



 

3.3      Lo statuto delle società operanti.



 

       Il problema del riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite è una delle ragioni, che ha motivato la presentazione in Parlamento di numerose iniziative legislative, per definire un'assetto più omogeneo del settore creditizio. 

       Questa preoccupazione ha condotto alla modifica della legge sulla cessione dei crediti d'impresa, con la previsione di un'albo delle società esercenti,tenuto dalla Banca d'Italia quale autorità di vigilanza, "anche al fine di impedire l'impiego di danaro, beni ed altre utilità di provenienza illecita". (241)

       Il disegno di legge originario, non aveva tra i propri scopi la regolamentazione soggettiva del cessionario e i redattori di quell'articolato, tenendo conto del limitato numero di operatori presenti sul mercato, avevano giudicato sufficiente richiedere un'ammontare minimo di capitale per l'esercizio, senza esclusive o albi necessari per svolgere l'attività. (242)

       A questo proposito è noto che l'istituzione di elenchi, può realizzare scopi diversa natura in relazione alle imprese operanti sul mercato, come il controllo all'entrata, il monitoraggio dell'esercizio della loro attività o una funzione di sola anagrafe. 

       La nuova normativa però, non ha attuato una vera e propria uniformità tra tutte le imprese creditizie e infatti l'art. 106, 2° comma del testo unico, prescrive che gli intermediari debbano effettuare solo attività finanziaria, mentre l'art. 1,1° comma, lett. c) della legge n. 52/1991, stabilisce per l'impresa un generico obbligo d'indicare l'attività di acquisto di crediti nel proprio oggetto sociale. 

       Perciò a differenza di quelle altre funzioni creditizie che non richiedono ulteriori prescrizioni, per l'esercizio del factoring è necessario un richiamo espresso allo svolgimento dell'attività finanziaria. (243)

       Nel contesto della legge n. 52/1991, l'iscrizione all'albo era solamente funzionale all'applicazione della disciplina civilistica e fallimentare prevista e quindi gli intermediari che non avendone i requisiti, non intendevano assoggettarsi alla legge, potevano ugualmente esercitare l'attività di factoring, regolata dagli artt. 1260 e ss. del codice civile. (244)

       Notevoli innovazioni sono intervenute con legge n. 197 del 5 luglio 1991, che allo scopo di combattere il riciclaggio del "denaro sporco", si proponeva di riorganizzare la normativa di vigilanza delle società finanziarie. 

       In particolare, gli operatori che esercitano prevalentemente l'attività di erogazione di finanziamenti sotto qualsiasi forma,"di assunzione di partecipazioni, di intermediazioni in cambi, di servizi di incasso, trasferimento e pagamento di fondi", devono iscriversi nell'elenco redatto dal Ministero del tesoro, attraverso la collaborazione dell'Ufficio Italiano Cambi. (245)

       Le attività economiche appena richiamate sono da considerarsi riservate agli intermediari iscritti all'albo, ai quali si richiede di rispettare il requisito dell'onorabilità, nelle persone dei loro rappresentanti e nel loro ambito sociale. (246)

       Inoltre gli intermediari iscritti nell'elenco generale, i quali hanno intenzione di esercitare la loro attività nei confronti del pubblico o di credito al consumo, hanno l'obbligo di costituirsi in forma di società di capitali o di cooperativa, con capitale sociale minimo e gli esponenti aziendali devono assicurare anche il rispetto dei requisiti dell' "onorabilità" e di quello della "professionalità". (247)

       Infine l'art. 7 della normativa in questione, prevede che il Ministero del tesoro determini i criteri oggettivi, in base ai quali le imprese che hanno un'alto "standing" e che siano anche intermediari iscritti all'Elenco generale ed esercenti le loro attività nei confronti del pubblico, vengano sottoposti all'obbligo di iscrizione ad un Elenco speciale tenuto dalla Banca d' Italia. 

       L'Istituto di emissione ha il compito di assoggettarli alla "vigilanza prudenziale sul corretto svolgimento e sulla stabilità" della loro impresa, emanando istruzioni obbligatorie in tema di "adeguatezza patrimoniale" e sui criteri per evitare la "concentrazione del rischio".

       La correlazione tra i vari provvedimenti normativi è stata subito difficile, poichè la legge n. 52/1991 non imponeva riserve di attività, mentre la legge 197/1991, trattava dell'iscrizione agli Elenchi generale e speciale, come avente effetti autorizzativi all'esercizio delle previste attività. 

       Altre divergenze riguardavano il regime dei controlli: infatti l'art. 2 della legge n. 52/1991 riconosceva in capo alla Banca d'Italia poteri d'ispezione e di vigilanza, per la scoperta di illeciti penali e invece l'art 8, 2° comma,della legge n. 197/1991, escludeva l'applicazione della normativa di vigilanza, nei confronti di quei soggetti già sottoposti a specifiche e analoghe norme sulla base di leggi speciali. 

      Inoltre per la mancata iscrizione ai relativi albi la legge n. 52/1991 stabiliva sanzioni amministrative, mentre la legge n. 197/1991 dispone sanzioni anche penali. (248)

      Più esplicitamente il provvedimento della Banca d'Italia del giugno 1992, descriveva l'iscrizione come condizione per l'esercizio professionale, che realizzava anche la funzione di portare a conoscenza dei terzi l'esistenza di tali imprese. (249)

      L'intento originario della legge n. 52, era riferito alla creazione di un'albo di operatori esercenti l'attività, ai sensi della stesso corpo normativo e sicuramente non era quello di obbligare tutti gli imprenditori del settore, ad assumere la forma di società avente personalità giuridica. 

       Perciò a quelle imprese che avendo deciso per una forma giuridica diversa e che volevano esercitare l'attività, nell'ambito degli schemi del codice civile, non si imponeva di iscriversi all'albo e originariamente anche gli enti creditizi erano stati esonerati dall'iscrizione, grazie al disposto della disciplina secondaria. (250)

       A partire dal 1994 il t.u. del credito ha abrogato l'art. 2 e riscritto l'art. 1,1° comma lett c) della legge n. 52/1991 e in seguito a tale riordino, la disciplina civilistica del factoring è diventata la stessa, venendo a mancare la disciplina speciale dei cessionari che si distinguono adesso, solo in Banche ed in intermediari finanziari. 

       Gli intermediari finanziari non bancari sono attualmente individuabili nelle imprese iscritte nell'elenco generale di cui all'art.106 del T.U. del credito e in quelle comprese all'elenco speciale di cui all'art.107 del suddetto testo, ma anche nelle società finanziarie aventi sede legale in Italia, sottoposte alla vigilanza c.d. "prudenziale" e controllate da banche italiane e nelle società finanziarie capogruppo. (251)

         Dovrebbero invece giudicarsi esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina, quegli intermediari che esercitano l'attività di acquisto dei crediti d'impresa in via secondaria e non nei confronti del pubblico e anche quelli iscritti ai sensi dell'art. 113 del T.U. in una sezione speciale dell'Elenco generale in quanto non esercenti nei confronti del pubblico. (252)

 

 

 

3.4    La natura dell'iscrizione agli albi.



 

       L'importanza di stabilire l'effettiva portata delle disposizioni di attuazione dell'art. 2 della legge speciale, deriva dalla necessità di accertare se fossero tenuti all'iscrizione tutti coloro che svolgevano attività di acquisto di crediti d'impresa, fuori dai requisiti richiesti dalla legge n. 52/1991, oppure solo quelli che possedevano i requisiti precisati dall'art. 1 lett c). 

       Il testo della norma si esprime nel senso che l'iscrizione riguarda soltanto le imprese che esercitino tale attività, ai sensi della presente legge, come conferma la prima sezione del Provvedimento della Banca d'Italia, nonchè la Circolare del Ministero del tesoro n. 1 del 1992, che ha considerato equivalenti i controlli sul cessionario, stabiliti dalla legge n.197/1991 e dalla legge n. 52/ 1991. 

       In pratica, la natura dichiarativa dell'iscrizione è sostenuta da quegli autori che mettono in evidenza come l'intento del legislatore, non sia tanto quello di favorire il soggetto cessionario, quanto quello di facilitare lo smobilizzo dei crediti e il finanziamento del cedente. 

       Essi sostengono che l'iscrizione non è costitutiva, soprattutto perchè il regolamento di attuazione, non potrebbe legittimamente considerare la registrazione come un presupposto d'applicazione della disciplina speciale. 

       Da questo punto di vista, l'attribuzione di un'effetto costitutivo potrebbe arrivare da una specifica indicazione legislativa, come l'art. 2331c.c. per le professioni intellettuali, anche se un'indizio della volontà del legislatore in tal senso, sarebbe rappresentato dall'art. 1,1°comma, rimasto a definire l'ambito di applicazione della legge, anche dopo l'istituzione dell'albo. (253)

       La maggior parte dei commentatori della disciplina, sostiene invece la natura costitutiva di tale registrazione, sottolineandone la necessità ai fini dell'applicazione della normativa in questione. 

       In fondo l'albo è istituito sia per i soggetti esercenti in via esclusiva o principale, che per quelli che svolgono l'attività in via marginale e quindi non sarebbe logico, sulla base dell'ex art. 2,3° comma, che tutti i cessionari fossero stati obbligati alla certificazione del bilancio d'esercizio e che invece non tutti fossero tenuti all'iscrizione. 

       Come ricordato più volte però, l'art. 2 e la normativa secondaria, sono stati abrogati a partire dal 1 gennaio 1994 ( art. 161,2° comma del T.U.) e attualmente le Banche e gli intermediari finanziari, soggetti alla disciplina, devono ora iscriversi all'albo di cui all'art. 13 (Banche) e nell'elenco di cui al successivo art. 106 del t.u. (intermediari). (254)

        Inoltre l'iscrizione degli operatori, rappresenta una modalità essenziale di attuazione della vigilanza, alla quale è tenuta la Banca d'Italia ed è stabilito che "l'iscrizione assolve altresì la funzione di portare a conoscenza dei terzi, l'esistenza delle società che svolgono professionalmente l'attività di cessione e acquisto dei crediti d'impresa" . 

        L'iscrizione non ha tuttavia efficacia pubblicitaria, come invece indica il Provvedimento della Banca d'Italia, poichè questa esce dai limiti dalle direttive dettate della legge e del Ministero, entro le quali il potere regolamentare dell'Istituto di emissione doveva essere esercitato. 

        Infatti il Regolamento doveva essere indirizzato a delimitare "contenuti e modalità" del potere di controllo e questo fa pensare che si tratti di aspetti che non toccano il regime della pubblicità. (255)

        E poi il Ministero ha delegato l'Istituto d'emissione a precisare gli adempimenti per l'iscrizione (art. 1,3° comma), ad emanare istruzioni sulle segnalazioni periodiche, sulla trasmissione dei documenti, sulla rilevazioni dei rischi e sulla definizione del patrimonio e infine sui coefficienti patrimoniali (art. 4, art.6, 1°, 7°, 8° comma). 

        Ai fini dell'iscrizione all'albo, nonostante che la legge n. 52/1991 non disciplini il factoring, la Banca d'Italia richiede la presentazione di uno schema illustrativo dell'attività svolta dall'impresa, che includa il tipo di operazioni e il genere di servizi offerti. (256)



 

3.5    L'elenco speciale degli intermediari finanziari.



 

       La disciplina amministrativa contenuta nelle Istruzioni della Banca d'Italia, ha precisato i requisiti e le prerogative richieste ai cessionari, che siano iscritti nell'elenco speciale di cui all'art. 107 del t.u. del credito. 

       Il controllo effettuato dall'Istituto di emissione al momento dell'iscrizione è un'esame di mera legalità sostanziale e non di merito, accompagnato però dalla discrezionalità tecnica esercitata da questa Autorità amministrativa. (257)

       L'art 1,3° comma del decreto del Ministero del tesoro, regola i tempi entro i quali l'organo di vigilanza, effettua oppure rifiuta motivatamente, l'iscrizione della società nell'albo e la stessa Banca d'Italia si è richiamata a questi limiti, proprio al punto 6 del Provvedimento. (258)

       La normazione secondaria non precisa se, decorsi i previsti 60 giorni, senza una dichiarazione formale, si formi  il silenzio rifiuto o silenzio assenso, che ormai rientra tra i principi dell'attuale procedimento amministrativo. (259)

       La richiesta alla Banca d'Italia è obbligatoria, ma questa può procedere d'ufficio per l'iscrizione nell'Elenco speciale, di quegli operatori esercenti il finanziamento sotto qualsiasi forma, che abbiano un volume di attività pari o superiore a 200 miliardi di lire, oppure mezzi patrimoniali pari o superiori a 10 miliardi di lire. 

       Si prevede che se gli intermediari appartenenti ad un medesimo gruppo creditizio, non avessero singolarmente i requisiti previsti, l'iscrizione sarebbe comunque obbligatoria, se i parametri fossero raggiunti a livello consolidato e in questo caso gli obblighi relativi, spetterebbero sia al soggetto controllante che a quello controllato. 

       Inoltre sono soggetti all'iscrizione nell'elenco speciale gli intermediari che svolgono attività di assunzione di partecipazioni e che abbiano un volume di attività finanziaria pari a 100 miliardi di lire , oppure mezzi patrimoniali pari ad almeno 50 miliardi di lire. (260)

       In via generale, la normativa vigente accoglie il principio che se un soggetto economico non iscritto nell'Elenco generale, controlla una o più società, l'accertamento delle condizioni sarà attuato aggregando i dati di bilancio relativi ai singoli soggetti, che dovranno iscriversi all'elenco speciale, se rientranti nel calcolo dei parametri a livello aggregato. 

       Le Circolari della Banca d'Italia, chiariscono che i parametri devono essere accertati con riferimento ai dati dell'ultimo bilancio approvato e devono essere mantenuti, almeno per i sei mesi successivi alla chiusura del relativo esercizio. 

       Sulla base di queste valutazioni, l'Istituto di emissione dispone, oppure nega l'iscrizione all'Elenco speciale, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della domanda o dalle ulteriori informazioni richieste. 

       In seguito, il provvedimento motivato sarà comunicato alla società che ha fatto istanza e se nel corso del tempo, si modificassero le condizioni aziendali che hanno portato all'iscrizione, si procederà alla cancellazione dall'Elenco, per iniziativa dell'intermediario, corredata dalla documentazione necessaria o anche d' ufficio. (261)



 

3.6    Il capitale nominale del cessionario. 



 

       Non tutti i presupposti che riguardano l'ambito d'operatività, della disciplina speciale della cessione dei crediti, rappresentano contemporaneamente dei requisiti di validità e dunque la loro mancanza, impedisce soltanto l'applicabilità delle norme di favore riferibili ai factors

       Nel caso in cui il capitale della società cessionaria scenda al di sotto del minimo previsto dalla legge n. 52/1991, le disposizioni in essa contenute continueranno ad essere applicate, poichè se la disciplina del tipo societario, non considera la perdita abbastanza grave da imporre una riduzione di capitale nominale, si potrà continuare a fare riferimento al solo capitale nominale, invece che a quello effettivo. 

       L'attuale testo di legge prevede che il capitale sociale dell'impresa cessionaria, non sia inferiore a dieci volte il capitale minimo stabilito per le società per azioni e che tale requisito costituisca un presupposto per l'iscrizione all'albo speciale, previsto in origine dall'art. 2 della stessa legge. 

       L'iscrizione è infatti una condizione per l'esercizio effettivo e la società interessata, che tra l'altro può prevedere nel proprio oggetto altre attività, può costituirsi con un capitale inferiore. 

       Quando poi gli amministratori dovessero decidersi, a rendere effettiva anche l'attività di acquisto dei crediti d'impresa, per avvalersi della legge n. 52/1991, potranno adeguarsi e procedere all'iscrizione all'albo.  (262)

       Nell'ipotesi che l'oggetto sociale, preveda unicamente l'acquisto in massa dei crediti di impresa, da attuare avvalendosi esclusivamente della legge speciale, la mancanza della previsione esplicita, metterebbe l'ente fin dall'inizio nell'impossibilità di funzionare. 

       In questo caso si renderebbe necessaria la verifica dell'adeguatezza legale del capitale e il controllo dell'adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, per la costituzione della società (art. 2330, 3°comma c.c.) . 

       In altri casi, il limite di capitale non costituisce una condizione per la costituzione della società in base all'art. 2329, 1° comma del c.c., così che il giudice dell'omologazione, non potrà rifiutare l'autorizzazione all'iscrizione nel registro, quando l'oggetto sociale non sia coincidente con l'art 1 della legge n. 52/1991. (263)



 

3.7     I requisiti di onorabilità e professionalità. 



 

 

       L'art. 108 del T.U. del credito prescrive che i soci dei soggetti che svolgono la loro attività nel settore finanziario debbono soddisfare il c.d. requisito dell'onorabilità. 

       L'art. 5,1° comma del D.P.R. n. 350/1985 ha stabilito che non possono essere soci di un'intermediario coloro i quali, possedendo direttamente o indirettamente anche attraverso fiduciarie o per interposta persona, partecipazioni in misura superiore al 2 % del capitale sociale, siano sottoposti a misure di prevenzione disposte dall'autorità giudiziaria, in base alla legge 1423/1956 e n. 575/1965.

       Alla stessa maniera, l'impedimento riguarda coloro i quali siano stati condannati con sentenza irrevocabile ad una pena detentiva, per uno dei reati previsti nel r.d.l. n. 375/1936 (la vecchia legge bancaria) e successive modifiche, oppure per i reati societari previsti dal titolo XI del libro V del codice civile o anche della legge fallimentare. (264)

        A tali soggetti è anche interdetto l'esercizio del diritto di voto sulle azioni eccedenti il limite del 2 % , ma la loro partecipazione è calcolata ai fini della determinazione del "quorum" costitutivo dell'assemblea. 

       La relativa delibera assembleare, presa contro questo divieto è impugnabile ex art. 2377 del c.c., quando venga dimostrato che la partecipazione questi soci alla votazione, sia stata determinante per la realizzazione della volontà sociale. 

       Inoltre per l'art. 108 del T.U. del credito, gli amministratori e i sindaci sono obbligati ad impugnare la delibera assembleare viziata, poichè in caso contrario, sarà proponibile nei loro confronti un'azione di responsabilità ex artt. 2392, 2393, 2407 del c.c. 

       Questa disposizione non è però ripetuta nel contenuto dell'art. 25, 3° comma del t.u., che si applica propriamente alle banche e che conferisce alla Banca d'Italia il potere di impugnare la delibera assembleare. 

       Per la verifica del requisito dell'onorabilità, l'Istituto di emissione si riserva di prendere in considerazione gli estratti del libro dei soci e le comunicazioni dovute ai sensi dell'art. 110 del T.U., che prevede un obbligo di informazione, a carico di chi acquisisce una partecipazione del 5% in intermediari iscritti negli Elenchi generale e speciale, considerando che la verifica deve essere fatta in tempo utile, per l'eventuale impugnativa della delibera. 

       In pratica per gli amministratori e i sindaci e i direttori generali e i dirigenti con rappresentanza, il possesso del requisito dell'onorabilità in base all'art 8,2° comma della legge 197/1991, richiede l'assenza dello stato d'interdizione temporanea o permanente, dall'ufficio direttivo di una persona giuridica e di un'impresa. 

       Infine, nei confronti degli interessati non debbono essere disposte misure di prevenzione previste dalle leggi n. 1423/1956 e 575/1965 e neanche sentenze definitive di responsabilità penale, salvi gli effetti della riabilitazione, per uno dei reati previsti dalla precedente legge bancaria.

       Queste disposizioni, includono anche la reclusione per i reati regolati nella legge fallimentare o relativi alla materia societaria e la carcerazione di durata non inferiore ad un'anno, per i delitti contro la Pubblica Amministrazione, la fede pubblica, il patrimonio, l'ordine pubblico, la materia valutaria e tributaria. 

        In caso di inosservanza, di queste norme in tema di onorabilità, si verifica la decadenza e la sospensione degli incarichi e la relativa presa d'atto compete al Consiglio di Amministrazione, che è tenuto a farla risultare da apposita delibera. (265)

       Per le successive modifiche degli organi sociali sarà necessaria una comunicazione alla Banca d'Italia entro 15 giorni dall'avvenimento, mentre entro 60 giorni dovranno essere trasmesse le delibere relative. 

       Inoltre il Presidente del Consiglio d'Amministrazione, l'Amministratore Delegato e il Direttore Generale, devono aver svolto un'esperienza almeno triennale, in un'attività professionale attinente al settore giuridico, economico o finanziario o nell'insegnamento di tali materie, oppure anche nello svolgimento di funzioni amministrative o dirigenziali, presso società di capitali o enti pubblici economici. 

       Tale requisito, riguarda anche il Collegio Sindacale, perchè almeno uno dei sindaci effettivi, un supplente e il presidente devono essere iscritti all'albo dei ragionieri, dei dottori commercialisti o dei revisori dei conti. (266)

       L'art. 2397, 2° comma del codice civile, in seguito alla modifica del 1992, prevede che i sindaci siano scelti nell'albo dei revisori contabili, istituito presso il Ministero di Grazia e Giustizia. 



 

3.8    La vigilanza prudenziale. 



 

        L'art. 107 del testo unico del credito ha trovato attuazione con la delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio del 29 Marzo 1994, anche se il complesso delle altre disposizioni riguardanti la vigilanza era già stato emanato nei confronti delle Banche, delle società di intermediazione mobiliare e delle stesse società di factoring, in presenza dell'originario testo dell'art. 2 della legge n. 52/1991. 

       Inoltre l'art. 64 del d.l. n. 415/1996 ha attribuito il potere alla Banca d'Italia di emanare istruzioni sull'organizzazione interna amministrativa, contabile e anche la facoltà di adottare specifici provvedimenti verso i soggetti vigilati. 

       Questo modello di monitoraggio, si propone di rispettare la varietà tipologica degli operatori, e d'altra parte presenta meno complessità di quello previsto per le Banche, tenendo conto che in questo caso c'è una minore influenza dell'attività considerata sul sistema finanziario, grazie al divieto di emettere passività di natura monetaria. (267) 

       Le disposizioni emanate, tendono ad assicurare che gli organi aziendali siano aggiornati sulla consistenza dei rischi, verificando il loro livello complessivo e la concentrazione, in rapporto al valore dei mezzi patrimoniali. 

       In particolare i rischi possono definirsi "di credito" e in questo caso sono inerenti agli inadempimenti della clientela e "di mercato", se invece sono collegati all'andamento dei corsi dei valori mobiliari, dei tassi d'interesse ecc. 

       Le segnalazioni di vigilanza obbligatorie verso la Banca d'Italia, sono imposte per tenere sotto controllo la posizione degli intermediari, relativa al "rischio di credito", mentre per il "rischio di mercato" viene considerato il grado di trasformazione delle scadenze e quindi della gestione che limita le perdite patrimoniali, collegata alla variazione sfavorevole dei tassi di interesse. 

       La disciplina della concentrazione dei rischi, tende invece ad evitare che siano concessi finanziamenti d'importo eccessivo rispetto al patrimonio di vigilanza, dal momento che la posizione di rischio rappresenta la somma delle esposizioni verso un cliente riferite al debitore, anche in presenza di garanzie personali, valutate attraverso un coefficiente che tenga conto di tali affidamenti e delle caratteristiche generali della controparte debitrice. 

       Il patrimonio di vigilanza è costituito dal patrimonio di base, sommato a quello che viene definito supplementare, calcolato al netto di partecipazioni verso Banche o società finanziarie. 

       Il patrimonio di base invece, si compone del capitale versato, dalle riserve diverse da quelle di rivalutazione e dal fondo di rischio bancario generale, dedotte le perdite d'esercizio dal valore delle azioni proprie in portafoglio e dalle attività immateriali. (268) 

       Il patrimonio supplementare è computabile entro il limite del patrimonio base e a sua volta, è composto dalle riserve di rivalutazione, dai fondi di rischio su crediti, dagli incrementi misti di patrimonio e dalle passività subordinate (269) che non possono superare il 50 % del patrimonio base. (270) 

       Gli intermediari hanno l'obbligo di contenere i c.d. "grandi rischi", quelli cioè di valore pari o superiore al 10  % del patrimonio di vigilanza,entro un limite di otto volte la stessa disponibilità di controllo. 

       Nel factoring gli anticipi effettuati a fronte di acquisto di crediti, sono considerati attività a rischio, nei confronti del debitore ceduto, per le operazioni "pro soluto" e attività a rischio verso il cedente per le operazioni "pro solvendo". 

       Sono valutate attività di rischio fuori bilancio, gli impegni assunti per crediti ceduti "pro soluto", mentre quelli per cui il cessionario provveda solo all'incasso senza dare ne anticipi o garanzie a fronte della cessione, vanno considerati esclusi dal computo delle attività di rischio. (271) 

       L'art. 107, 2° comma del T.U. permette alla Banca d'Italia di emanare disposizioni riguardanti l'organizzazione interna dei factors, richiedendo in particolare la formazione di una struttura di controlli interni e di un sistema informativo tale, da assicurare le condizioni di efficienza e di stabilità necessarie ad un regolare funzionamento. 

       Con le stesse finalità, un provvedimento del 31 luglio 1992 dell'Istituto di emissione, ha dettato precise istruzioni per la redazioni dei bilanci d'impresa e di quelli consolidati. 

       Queste norme dovrebbero risultare ancora in vigore, poichè con il decreto del Ministero del tesoro del 17 novembre 1993 è stato definito il passaggio negli Elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del T.U. del credito, degli intermediari finanziari inclusi nei registri previsti dalla legge n. 197/1991 e nell'albo delle società di factoring, di cui all'ex art. 2 della legge n. 52/1991. (272) 



3.9    La vigilanza informativa.



 

       La Banca d'Italia può richiedere ai factors la comunicazione di segnalazioni periodiche, da realizzarsi con particolari modalità e ogni altra documentazione ritenuta necessaria, ai fini delle attività di monitoraggio degli operatori del settore.

       Da questo ultimo punto di vista, entro trenta giorni dalla data della d'assemblea, vanno trasmessi alla filiale territorialmente competente, i verbali dell'adunanza dei soci contenenti modifiche statutarie, operazioni di fusione e scissione e liquidazione, nonchè l'eventuale emissioni di obbligazioni. (273) 

       Entro lo stesso termine di trenta giorni dall'approvazione, va inviato anche il bilancio d'esercizio, corredato dal verbale da cui risulta la delibera d'approvazione e le relazioni degli amministratori e dei sindaci.

       Invece nelle segnalazioni di vigilanza con cadenza trimestrale, devono essere trasmessi dati relativi alla situazione patrimoniale, le determinazioni attinenti il rispetto delle regole prudenziali di gestione e il monitoraggio delle posizioni di rischio e del patrimonio di vigilanza, mentre le notizie riguardanti il conto economico si inviano con periodicità semestrale. (274) 

       Ai sensi della normativa antiusura, di cui alla legge 108 del 7 marzo 1996, vengono effettuate le rilevazioni dei tassi medi praticati dal sistema bancario e finanziario, periodicamente pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. 

       Tali rilevazioni, riferite a diverse tipologie di operazioni tra cui segnatamente il factoring, pongono in evidenza fra l'altro, il livello dei tassi praticati alla clientela, dagli operatori del comparto del factoring. 



 

3.10   Il trattamento delle informazioni ottenute dai factors e la legge 675/1996 . 



 

       Con le innovazioni normative entrate in vigore nel corso del 1998, le società di factoring hanno dovuto avviare le segnalazioni alla Centrale Rischi della Banca d'Italia, con lo scopo di censire i rapporti con la propria clientela cedente e con i debitori ceduti.

       L'utilizzo della Centrale Rischi, esteso anche alle operazioni di factoring, consente ai finanziatori di un'impresa di acquisire una visione completa dei bisogni finanziari e delle relative modalità di copertura, migliorando anche la gestione economica aziendale.

       Gli intermediari finanziari e non solo gli operatori delle società di factoring, sono tenuti ad inviare flussi informativi (di norma, consistenze a fine periodo e dati di flusso) sulle poste patrimoniali ed economiche, sulle operazioni (forma tecnica, tipologia dei titoli gestiti o negoziati) e sulle controparti (localizzazione e attività economica), nonchè importanti profili utili, per l'esame di elementi tecnici di rilievo (concentrazione degli impieghi, esposizioni e rapporti creditizi ad andamento anomalo). 

       Ulteriormente gli operatori segnalano alla Centrale (delibera del CICR del 29.3.1994, assunta ai sensi degli artt. 53, 67, e 107 del t.u. bancario), le posizioni di rischio di spettanza delle proprie unità operative, limitatamente a quelle accettate nei confronti dei soggetti residenti in Italia. 

       Va comunicata mensilmente, la posizione debitoria, di cui risulta titolare ogni cliente sia singolarmente, che in obbligazione solidale con altri soggetti ed inoltre la segnalazione è dovuta se il totale del finanziamento accordato o utilizzato o delle garanzie rilasciate al cliente, raggiunge o supera i 150 milioni di lire o a prescindere dal rapporto, se nel mese in riferimento, la posizione del cliente è in sofferenza o viene passata in perdita. 

       Quando la segnalazione è dovuta anche in relazione al superamento di uno solo dei limiti previsti, nella comunicazione l'intermediario dovrà indicare tutti i rapporti connessi al nome del cliente a cui essa si riferisce. (275) 

       Una recente delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio intervenuta nel corso del 1999, ha istituito un sistema centralizzato di rilevazione, gestito dalla SIA, relativamente ai rischi creditizi di importo inferiore al limite minimo di censimento previsto per la Centrale Rischi della Banca d'Italia, al quale sono tenuti ad aderire le banche e gli intermediari finanziari che già partecipano a quest'ultima. 

       Le Banche, le assicurazioni e le società di intermediazione mobiliare o che emettono carte di credito, i fondi pensione e di assistenza, le agenzie di selezione del personale, le società che effettuano sondaggi e ricerche di mercato e i centri di elaborazione dati, possono utilizzare alcuni dati relativi ai loro clienti, nel rispetto delle prescrizioni poste dal Garante, a tutela della riservatezza delle persone. 

       A tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, sono state definite  dalla legge n. 675/96 alcune regole fondamentali: in particolare, le informazioni raccolte e le successive comunicazioni, devono essere circoscritte a quelle indispensabili, rispetto alle legittime finalità perseguite e raccolte sulla base del consenso scritto e informato degli interessati. I dati personali oggetto del trattamento, dovranno essere usati in modo lecito e secondo correttezza, raccolti e registrati per scopi determinati espliciti e legittimi ed inoltre queste notizie devono essere esatte e se necessario aggiornate e non eccedenti, rispetto al trattamento a cui sono destinate. 

       La loro conservazione deve avvenire nella forma che consenta l'identificazione dell'interessato, per un periodo di tempo non superiore a quello utile, agli scopi per i quali essi sono stati raccolti (art. 9). 

       L'interessato o l'ente presso il quale sono assunte le informazioni, debbono essere previamente informati per iscritto, circa le finalità e le modalità del trattamento a cui sono destinati e la natura obbligatoria o facoltativa della raccolta dati. 

       Infine devono essere noti il nome, la denominazione sociale e il domicilio del titolare e se designato, del responsabile del trattamento dei dati. 

       L'informativa può non comprendere, gli elementi già noti alla persona che fornisce i dati e quando i dati personali non sono custoditi presso l'interessato, la comunicazione è inoltrata al richiedente al momento della loro registrazione o all'atto della successiva comunicazione (art. 10). 

       I factors effettuano un generico richiamo a tale aspetto, nell'ambito degli obblighi di informazione del cedente, di solito stabilendo che: "Il fornitore autorizza sin d'ora il factor, a comunicare alle autorità di vigilanza e alle banche dati senza fini di lucro e notizie concernenti tale rapporto negoziale, manlevandolo da ogni responsabilità che possa derivarne" (Art. 5 ABF Factoring Spa). 

       L'art. 14, Ifitalia Spa invece, si sofferma maggiormente sul tema, disponendo che: "Il fornitore dichiara di essere informato che i dati comunicati al factor, ivi compresi quelli relativi ai debitori di cui all'art. 5, saranno registrati e utilizzati insieme a quelli autonomamente acquisiti, al fine degli adempimenti di legge e per l'esecuzione degli obblighi contrattuali, nel quadro generale delle attività funzionali di factoring, con riferimento particolare, alle valutazioni di merito creditizio, alle attività di marketing, nonchè ad altri rapporti in cui il fornitore dovesse trovarsi quale debitore ceduto o garante nei confronti del factor..". 

       In effetti, la disposizione contrattuale, precisa che i dati e le notizie in questione, possono essere oggetto di comunicazioni a terzi, in particolare delle autorità di vigilanza, ma anche di quei soggetti di cui l'impresa di gestione dei crediti si possa avvalere nel rispetto della attuale normativa riguardante il segreto aziendale e industriale. 



 

3.11    Il cedente.

             

 

 

       Il codice civile nella vigente stesura dell'art. 1260, non richiede particolari qualità legate al cedente del credito, mentre l'art.1, 1° comma, lett. a) della legge n. 52/1991, per lo stesso soggetto prescrive la qualifica d'imprenditore, cioè di colui che "esercita professionalmente un'attività economica organizzata, al fine dello scambio di beni e servizi" ( art. 2082 c.c.). (276) 

       Perciò, quando l'art. 7 della legge speciale considera il caso specifico del fallimento del cedente, tale normativa dovrebbe ricomprendere anche l'artigiano e il piccolo imprenditore (art. 2083 c.c.), perchè il caratteristico ambito d'interesse della nuova disciplina riguarda i rapporti genericamente intercorrenti tra le imprese. (277) 

       Dunque l'art. 7, sarà applicabile quando e se il cedente sia sottoponibile a procedura fallimentare, con esclusione dei consumatori e dei lavoratori autonomi. 

       Anche sul piano contrattuale, non saranno utilizzabili regole esplicite destinate ai consumatori, come ad esempio gli art. 1469-bis e 1469-sexies del c.c., in tema di condizioni vessatorie,data la particolare natura imprenditoriale del cliente. 

       La prassi commerciale dei Paesi europei indica l'esistenza della figura dell'Honorarfactoring, destinato ai creditori cedenti che esercitano le c.d. professioni liberali e che intendono mobilizzare i compensi spettanti verso la loro clientela. (278) 

       Nel nostro Paese, la disciplina speciale sarebbe applicabile ai crediti professionali, in quanto le professioni liberali possano svolgersi in forma d'impresa, anche sprovvista della qualifica commerciale, a causa dell'art. 2195 del c.c . (279) 

       L'espressa previsione legislativa della cedibilità dei crediti futuri e in massa, in collegamento con la natura imprenditoriale del cedente, non esclude la possibilità della cedibilità globale, da parte di chi non abbia la qualifica di imprenditore. 

       Infatti la legge speciale non stabilisce una modifica del regime della cessione ordinaria dei crediti e perciò, quando manchino i presupposti di cui all'art. 1, oppure sia assente la qualifica imprenditoriale, andranno applicati i principi correnti enunciati dalla Corte di Cassazione. (280) 

       Se ad esempio, si ritiene che nell'ambito dei presupposti richiesti dalla legge n. 52, si realizza una presunzione assoluta di determinatezza dell'oggetto contrattuale, nelle cessioni ordinarie di crediti futuri, questa determinabilità dovrà essere verificata in ogni caso, avendo riguardo alle parti, alla loro qualifica professionale, al tipo di crediti, e alle circostanze contrattuali. (281) 



 

3.12    Il debitore ceduto.



 

       Nella disciplina della cessione dei crediti d'impresa, il debitore ceduto non è particolarmente caratterizzato e in base all'art. 3, 3° comma della legge n. 52/1991, questa qualifica può essere assunta da chiunque abbia intrattenuto o intratterrà rapporti commerciali con il cedente, nei successivi due anni dalla conclusione dell'accordo. 

       La circostanza che l'art. 6 del testo di legge sia intitolato "Revocatoria fallimentare dei pagamenti del debitore ceduto", non impone al debitore la qualifica imprenditoriale e infatti la norma troverà applicazione se e in quanto il ceduto possieda tale qualifica. 

       Se però il debitore è un consumatore, i contratti da lui stipulati con l'impresa cedente dovranno essere regolati, diversamente da altre situazioni, dalla normativa sulle clausole abusive e vessatorie. 

       La disciplina di tutela del cliente consumatore può sicuramente influire sulla minore solidità della posizione contrattuale del cedente, poichè riguarda le azioni e le eccezioni esercitabili, il contenuto economico dell'accordo, nonchè la possibilità di variare alcune clausole negoziali da parte del venditore. (282) 

       La comunicazione dell'avvenuta cessione al debitore ceduto, affinchè la notizia del trasferimento gli sia opponibile per l'art. 1264 c.c. è stata oggetto di numerosi interventi giurisprudenziali e in particolare un'aspetto molto controverso ha riguardato il significato attribuibile al termine "notifica" contenuto nella norma. (283) 

       La soluzione maggiormente motivata ritiene valido, agli effetti previsti dalla disposizione del codice civile, ogni mezzo di comunicazione adatto a produrre nel debitore ceduto una "effettiva e diretta conoscenza dell'avvenuta cessione" e non giudica necessaria una notifica nel senso tecnico indicato nell'art. 137 del c.p.c. (284) 

       Nel factoring, il problema si è riproposto con il riferimento alla prassi di comunicare il trasferimento del diritto all'acquirente debitore ceduto, mediante lettera raccomandata e in relazione alle contrastanti sentenze che si sono susseguite. (285) 

        In effetti dopo una prima serie di decisioni, per le quali i giudici hanno ritenuto sufficiente ai fini dell'opponibilità della cessione, una notifica non qualificata ed hanno conseguentemente ammesso la validità, agli effetti dell'art. 1264 c.c., di una comunicazione effettuata per mezzo di una lettera raccomandata, si è successivamente assistito ad un cambiamento di indirizzo. 

       Il Tribunale di Milano infatti, in una serie di sentenze emesse nel 1973 e basate su principi espressi nella pronuncia n. 1162 del 1966 della Corte di Cassazione, ha affermato che: " le cessioni di credito, anche se in attuazione di un contratto di factoring, non acquistano efficacia nei confronti del ceduto, se non gli sono state notificate formalmente a mezzo di ufficiale giudiziario ". 

       Tale opinione non sembra essere conforme alla logica seguita dall'art. 1264 c.c., il cui scopo concreto si evidenzia dalla lettura congiunta dei due commi di cui si compone, ed è quello di far sì che il debitore abbia sicura conoscenza del trasferimento del diritto, agli effetti del 2° comma dello stesso articolo. (286) 

       La funzione del "render noto" quindi, non richiederebbe necessariamente una notifica formale, quanto invece prevederebbe una comunicazione idonea a garantire una semplice conoscenza del trasferimento del credito. (287) 

       Peraltro la giurisprudenza di merito più recente, ha reputato mezzi di comunicazione adatti a procurare un'effettiva conoscenza del trasferimento ex art. 1264 c.c., la domanda giudiziale di pagamento del factor, gli estratti conto e i solleciti da questo inviati al debitore, nonchè le fatture a quest'ultimo trasmesse, con l'usuale stampa della clausola di pagamento al cessionario. (288) 

       L' opinione si basa sul principio di libertà delle forme, che nel caso di specie, permette di affermare che per gli scopi previsti dall'art. 1264, non è necessaria una comunicazione scritta, potendo anche essere sufficiente un'informazione verbale, purchè idonea a conseguire la conoscenza dell'avvenuta cessione. (289)



 

3.12.1      Il factoring nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.



 

       La cessione dei crediti verso la Pubblica Amministrazione è sottoposta a particolari formalità dalle norme del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, riguardante la contabilità dello Stato.

       In particolare l'art. 9 stabilisce che la cessione, risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, richiede la notifica nei confronti dell'Amministrazione, che secondo l'opinione più condivisa, doveva essere effettuata tramite ufficiale giudiziario. 

       Inoltre il contenuto dell'art. 70, che riproduce la norma stabilita nell'art. 9 della legge 20 marzo 1865, n. 2448 all. E, richiedeva espressamente l'adesione al trasferimento del credito, degli organi di volta in volta competenti.

       La presenza di questi requisiti ha limitatolo sviluppo e l'utilizzo della figura contrattuale, in un settore dove pure le imprese potrebbero avere un particolare interesse alla sua attuazione, per tutelarsi dai ritardi posti in essere dall'Amministrazione,con l'impegno delle sue migliori energie. 

       Nell'ambito delle condizioni generali di contratto predisposte dall'Ifitalia Spa, si prevede che la cessione di crediti verso la P.A. sia realizzata a mezzo atto notarile, da notificare al debitore nelle forme e nei modi di legge e che le spese relative siano totalmente a carico del fornitore, comprese quelle relative all'eventuale retrocessione dei crediti. 

       In proposito, la giurisprudenza della Cassazione si è più volte espressa per la validità tra le parti e l'inefficacia verso la P.A. debitrice ceduta, della cessione stipulata con scrittura mancante dell'autentica notarile. (290) 

       Nello stesso schema contrattuale esaminato, si rileva che le anticipazioni del corrispettivo sono subordinate alla notifica dell'atto e all'accettazione del debitore, ferma restando però la facoltà riservata cessionario, di procedere al finanziamento indipendentemente da quest'ultima. 

       Infine la disposizione contrattuale mette in evidenza che le parti potranno anche convenire di procedere alla cessione con la c.d. modalità non notification (art. 11, Sez IV, Ifitalia Spa).

       Le regole definite dall'art. 1264 del c.c. e riguardanti la notifica al debitore ceduto, come condizione per il perfezionamento della cessione, sono state anche esaminate, in rapporto alla P.A. debitrice dell'indennità di espropriazione di un fondo agricolo. 

       La Cassazione ha recentemente stabilito, che non è necessario che l'Amministrazione si associ al trasferimento, con adempimenti formali prefissati, essendo sufficiente che le venga data notizia della cessione in modo tale, da consentirle le opportune variazioni negli ordini di pagamento.

       Secondo tale pronuncia infatti, la notifica non va identificata in quella prevista dall'ordinamento processuale, ma costituisce un atto a forma sostanzialmente libera, che si può individuare sia nella citazione, sia in qualsiasi altra manifestazione di volontà, compiuta nel corso del giudizio, purchè sia adatta a far conoscere al debitore la nuova titolarità del rapporto obbligatorio (Cass., 2 settembre 1997, n. 8387, in Mass., 1997, 659 ). (291) 



 

3.13       L'opponibilità della cessione nei confronti dei terzi.



 

       Il problema del significato da dare al termine "notifica" si è riproposto in relazione all'art.1265 c.c., il quale ricollega la risoluzione di un'eventuale conflitto sull'opponibilità della cessione nei confronti di terzi cessionari, usufruttuario creditori pignoratizi del medesimo credito, all'anteriorità della notifica della cessione o della sua accettazione al debitore ceduto con atto avente data certa. (292) 

       Nel trasferimento di crediti futuri e in massa per esempio, non sarebbe affatto oneroso fornire di data certa, l'unico atto di cessione stipulato per ogni singolo debitore, notificandolo al ceduto o sottoponendolo alla sua accettazione, in un'unica volta all'inizio del biennio previsto dalla legge. (293) 

       Con riguardo alle cessioni attuative del rapporto di factoring, la giurisprudenza prevalente, tende a richiedere l'intervento dell'ufficiale giudiziario per la notifica prevista dall'art. 1265 c.c. (294) 

       Tuttavia viste le modalità di comunicazione adottate dal factor, questo lo sfavorirebbe di fronte ai terzi aventi causa del cedente e proprio per tali ragioni, alcuni autori giuridici hanno sostenuto che nella fattispecie dovrebbe considerarsi sufficiente, una comunicazione con atto fornito di data certa. 

       Lo scopo della norma codicistica, sembra essere quello di predisporre un sicuro confine temporale, per risolvere i possibili contrasti e questo non solo nell'ipotesi di accettazione, ma anche nel caso di notifica della cessione. 

       In proposito, la giurisprudenza afferma costantemente che la data risultante dal timbro postale apposto sulla lettera raccomandata, inviata dai factors per comunicare l'avvenuta cessione, conferisca alla missiva una data certa, quando il timbro stesso è posto in modo tale da dimostrare l'anteriorità della formazione del documento (2704,1° comma c.c.), come nel caso in cui si sovrapponga allo scritto. (295) 

       Invece un criterio innovativo, posto per risolvere tale problema è stato individuato dall'art. 5 della legge n. 52/1991, con la previsione della corresponsione dell'anticipo totale o parziale del corrispettivo, quale regola d'opponibilità della cessione nei confronti dei terzi, operante nei confronti di trasferimenti del diritto, che presentino i requisiti oggettivi e soggettivi presupposti dalla nuova normativa. 

        La particolarità dell'acquisto dei crediti d'impresa e gli aspetti di finanziamento impliciti nell'anticipo, spiegherebbero la concezione giurisprudenziale di preferenza graduale, che sembra far prevalere il criterio del pagamento avente data certa, sulla notifica e sull'accettazione. 

       Tale principio funzionerebbe in base ad una data certa anteriore e al maggior importo del pagamento e di conseguenza per verificare l'anteriorità dell'atto, rispetto ai casi indicati alle lettere a) e c) dell'art. 5 della legge 52/1991, ci si dovrebbe riferire al momento della corresponsione del denaro, perchè in questo caso, il cessionario esegue la sua prestazione e non deve essere svantaggiato rispetto alle posizioni di altri soggetti. (296) 

       Però questa valutazione non ha riscontro nella normativa speciale, che si limita a prevedere il pagamento di data certa, esclusivamente quale fattispecie alternativa, rispetto a quelle comuni previste dall'art.1265 c.c., senza proporre tra esse gradazioni o prevalenze. (297) 

       Inoltre il criterio della prevalenza del pagamento con data certa, non si può collegare al momento dell'effettiva corresponsione, perchè il problema si porrebbe comunque, per altri cessionari che non possono avvalersi della nuova disciplina e che hanno già corrisposto l'anticipo, eseguendo la loro prestazione, considerando anche che non tutte le operazioni di factoring prevedono il pagamento preventivo. 



 

3.13.1     La data certa. 



 

 

       Stabilire il momento esatto dell'avvenuto pagamento dell'anticipo sul credito ceduto è importante per determinarne l'opponibilità rispetto ai terzi della cessione. 

       In casi particolari, quando il versamento non si realizza con il supporto di un documento, la prova dell'esborso e del momento in cui si verifica può essere raggiunta in base all'art. 2726 c.c. (298) 

       Se invece c'è una quietanza di pagamento, a parte la sua registrazione, la data può essere accertata con qualsiasi mezzo di prova (art. 2701, ult. comma c.c.). 

       Tuttavia la portata dell'art. 2704, 3° comma, non è tale da far pensare che per le quietanze non si ponga un problema di data, poichè è noto il potere del giudice di decidere quali mezzi di prova ammettere, tenuto conto delle circostanze. (299) 

       Per quanto riguarda il versamento effettuato attraverso il bonifico bancario, la data certa si riconduce a quella dell'accredito sul conto del beneficiario, secondo le registrazioni della banca del cedente e in riferimento alla rilevanza probatoria dei libri, bollati e vidimati, dei relativi enti creditizi interessati (art. 2710 c.c.). 

       Questo criterio renderebbe la data di sicura determinabilità, sia tra le parti che per i terzi, poichè in fondo è un criterio di prevalenza tra soggetti ugualmente qualificati come imprenditori. 

       Nell'ipotesi di pagamento effettuato con dei titoli di credito, come l'assegno bancario o circolare, consegnato a mano o recapitato per posta, la data certa del pagamento non sarà quella di ricezione dell'assegno, ma invece quella dell'incasso o dell'accredito sul conto bancario del cedente. (300) 

       Per i titoli di credito spediti per posta, non varrà la data del timbro postale, sull'avviso di ricevimento della raccomandata, in quanto tale data non indica necessariamente quella del pagamento, anche perchè un costante orientamento giurisprudenziale richiede il timbro postale impresso sul corpo del documento. (301)

       Per risolvere le incertezze in materia, i moduli contrattuali obbligano spesso il cedente, ad indicare l'istituto e il conto corrente, presso il quale accreditare il corrispettivo. 

       Infatti sono stati tentati vari accordi tra gli operatori, per impegnarsi a rilasciare le ricevute nel più breve tempo possibile, fornendole di data certa a mezzo spedizione postale, ma anche attraverso l'apposizione del timbro postale sulla quietanza. (302) 

       Il problema sarebbe pure risolto, con l'istituzione di un libro di pagamento dei corrispettivi delle cessioni bollato e vidimato, secondo l'art. 2214, 2° comma c.c., nel quale le erogazioni annotate giornalmente potrebbero avere data certa, richiedendo al notaio estratti autentici delle pagine del libro. (303) 



 

3.14     L'abuso di factoring. 



 

       L'imprenditore cedente può trasferire al factor un credito inesistente, allo scopo di ottenere un finanziamento e per fronteggiare uno stato di temporanea difficoltà economica.

       In quest'ipotesi è importante la valutazione del comportamento del debitore ceduto, il quale potrebbe anche essere connivente con il fornitore, per stabilire se egli abbia o meno il dovere giuridico, di rendere nota l'inesistenza del credito all'impresa di gestione dei crediti. (304) 

       Infatti, se il factor non riesce a recuperare gli anticipi erogati verso un credito inesistente, per la sua posizione è determinante la responsabilità del debitore ceduto, che risulterebbe inadempiente rispetto ad un dovere minimo di informazione. (305) 

       In definitiva per l'impresa cessionaria, la garanzia data dal cedente per il c.d. "nomen verum" in base all'art. 1266 c.c., si dimostra insoddisfacente, se poi lo  quest’ultimo viene sottoposto al fallimento. 

        La posizione complessiva del debitore ceduto potrebbe comprendere un'obbligo di correttezza affermata in base all'art. 1175 c.c., ma un risultato analogo si potrebbe conseguire, se tra il debitore ceduto e il cessionario del credito si stabilisse una prassi di affidamento del secondo, in base alla quale si realizzino una serie di pagamenti, che non hanno tenuto conto della conferma dell'esistenza del credito. (306) 

       Le soluzioni giurisprudenziali finora note sembrano disattendere con varie motivazioni, entrambe le soluzioni giuridiche illustrate (Trib. Milano, 19 luglio 1973, Ifitalia Spa c. Laffi Spa, in Cantele, Il factoring, IPSOA 1986 ). 

       In particolare il Tribunale di Milano, ha affermato il principio dell'applicabilità dell'art. 2043 del c.c., nel caso di lesione di un diritto assoluto o relativo, causato da un comportamento doloso o colposo, ma non anche nell'ipotesi di danno diretto verso una mera aspettativa. 

       In seguito, ad un risultato simile è arrivata la pronuncia della Corte d'Appello, quando nel caso specifico ha escluso il ricorso all'istituto della responsabilità aquiliana sulla base di diverse motivazioni. (307) 

       In particolare, i giudici di secondo grado hanno ritenuto inconsistente il nesso di causalità tra la mancata informazione che il debitore avrebbe dovuto fornire sull'inesistenza del credito e il danno ricevuto dall'impresa cessionaria, che avendo pagato il corrispettivo della cessione, non può ottenerne la restituzione a causa del dissesto economico del fornitore. 

       Il nesso sarebbe stato interrotto dal comportamento dell'impresa di gestione dei crediti che effettua l'anticipo, la quale non avrebbe rispettato le stesse condizioni contrattuali, perchè disponendo dei poteri di ispezione e d'informazione nei confronti del suo cliente, avrebbe potuto accertarne la solvibilità e anche l'inesistenza del credito. 

       La sentenza in questione è stata criticata per le motivazioni, allegate in materia d'interruzione del legame causale e riguardanti la fattispecie di cui all'art. 2043 c.c. 

       Infatti questo vincolo si interrompe ogni qual volta ricorre un fattore eccezionale ed imprevedibile che interviene a causare il danno ingiusto. 

       Sicchè nel caso di specie, tali caratteristiche non sarebbero riconoscibili nel comportamento del factor, soprattutto in presenza di una prassi, per la quale il fornitore ha sempre fatto fronte alle proprie obbligazioni, nonostante la mancata conferma del debitore ceduto. (308) 

       Una posizione simile è stata affermata in una sentenza della Corte d'Appello di Bari, nella quale si è sostenuto che il factor ha il potere e il dovere di attivarsi, al fine di ottenere i dovuti chiarimenti, in ordine al suo cliente e al debitore ceduto. 

       Non costituisce pertanto una violazione di obblighi di buona fede, il comportamento del debitore, il quale non confermi l'esistenza del credito ceduto mediante la mancata restituzione dei documenti inviati. (309) 

       La necessità della tutela dell'impresa di gestione dei crediti, si pone di fronte agli accordi fraudolenti tra il cliente-cedente e il debitore ceduto che possono costituire sia una violazione della legge penale, sia di quelle clausole contrattuali che non permettono la restituzione di merci senza l'autorizzazione del cessionario (ad esempio, art. 8/4 Istituto Bancario S. Paolo). 

       Anche per preparare convenienti strumenti di tutela del factor è stata proposta l'introduzione di soluzioni usate in altri ordinamenti, quali la costituzione di garanzie reali o la previsione di un privilegio sulle merci oggetto del contratto da cui deriva il credito ceduto (art. 8/6, Istituto Bancario S. Paolo). 

       Una recente sentenza della Corte di Cassazione, ha sostenuto che il factoring consiste in un trasferimento di una globalità di crediti anche futuri, vantati nei confronti dei propri debitori, ad una società specializzata, nell'ambito dello schema di un contratto atipico. 

       Nel caso di forniture documentate in fatture, ma in realtà mai ordinate o ricevute, qualora il debitore ceduto abbia omesso di sottoscrivere le carte commerciali e di confermare per questa via, l'esistenza e l'esigibilità del credito, si evidenzia solamente una mancanza di affidabilità del factor che quindi invoca a torto la responsabilità del debitore . (310) 

       In sostanza vengono considerati inconsistenti gli orientamenti favorevoli alla responsabilità del debitore (extracontrattuale e non), siccome il factor effettua anticipi solo in base ad una documentazione da cui risulta la spedizione della merce e il relativo ammontare. 

       In base a queste attestazioni, il cessionario si riserva il diritto alla restituzione immediata delle somme eventualmente anticipate, quando il fornitore risulti inadempiente.

       Perciò non sembra corretto ricavare dal solo silenzio del debitore ceduto, che è "terzo" rispetto al negozio di cessione, un suo assenso rispetto al trasferimento e il correlativo rifiuto a proporre eccezioni, proprio perchè dal silenzio derivano solo eccezionalmente delle dichiarazioni negoziali di qualsiasi natura. (311) 

       Le nuove Condizioni generali di contratto approntate dopo la legge n. 52/1991, anche allo scopo di permettere alla struttura contrattuale di rispondere ai requisiti propri di un rapporto di scambio, postulati dalla disciplina speciale, tentano di mettere in ombra rispetto alle precedenti formulazioni, quelle norme che delimitano i poteri di controllo e di ispezione del factor e che invece sono più in sintonia con un contratto di collaborazione alla gestione dell'impresa. 

       Da questo punto di vista, non sembra che la sostanza dei rapporti reciproci tra il factor e il cliente-fornitore, sia stata modificata dagli aggiustamenti terminologici rilevati negli schemi negoziali. (312) 

       Recentemente la giurisprudenza di merito ha avuto modo di pronunciarsi sulla responsabilità extracontrattuale, del debitore ceduto nei confronti del cessionario, precisando che il suo riconoscimento sarà possibile solo quando nel comportamento del debitore, ricorrano rigorosamente alcuni presupposti come la produzione del danno, il nesso di causalità, il dolo o la colpa. 

       Un'altro criterio confermato in tema di cessioni "pro solvendo", riguarda l'affermazione in giudizio di tale responsabilità del ceduto, che può esser fatta valere solo dopo la totale o parziale inutilità dell'escussione del cedente. (313) 



 

3.15     Le eccezioni opponibili dal debitore. 



 

       Il debitore ceduto può vantare nei confronti del factor, tutte le eccezioni che avrebbe potuto presentare al fornitore, siccome egli è estraneo alla cessione e la sua posizione non può risultare aggravata dal trasferimento del diritto. 

       Infatti il cambiamento della titolarità del credito deve lasciarlo nella medesima situazione in cui si sarebbe trovato, se avesse dovuto adempiere al proprio creditore originario.  (314) 

       Il debitore potrà sempre invocare alcune eccezioni contro il factor, come quelle sostanziali, che derivano dai passati rapporti con il cessionario, ad esempio nell'ipotesi che il ceduto eserciti una compensazione, con un credito vantato nei confronti dell'impresa specializzata, poiché in precedenza egli abbia pagato un importo superiore a quello effettivamente fatturato. (315) 

       Tra le eccezioni processuali, potranno essere proposte le contestazioni relative al difetto di competenza, derivante dalla clausola compromissoria inserita nel contratto di fornitura, oppure quelle legate alla tardività dell'azione proposta dopo la prescrizione del diritto vantato. 

       Infatti alcune pronunce ritenevano inopponibile al factor, l'accordo di deroga della competenza territoriale del giudice, inserita nell'originario contratto fonte del credito, proprio perchè ad esso il cessionario rimane estraneo. (316) 

       La competenza stabilita pattiziamente è comunque derogabile, siccome essa trae origine da un' accordo tra parti ed opera tra di loro (art. 28 c.p.c. e artt. 1321 e 1372 del c.c.) e non nei confronti di terzi che rimangono assoggettati alle regole sulla competenza stabilita dalla legge. (317) 

       Invece nel caso in cui l'importo dovuto sia documentato in un titolo di credito, saranno presentabili quelle impugnazioni che dipendono dalla natura dell'azione cartolare o causale esercitata dal factor. (318)

       La società preferisce di norma scegliere la prima alternativa, poichè essa pur consentendo al debitore di opporre eccezioni ex art. 1993 del c.c., in base all'art. 21 legge cambiaria, gli impedisce di opporre le contestazioni già oppugnabili al fornitore girante, salvo il caso che il factor abbia agito consapevolmente a danno del debitore .  (319)

       Una volta decisa la modalità di azione, il factor è anche vincolato all'oggetto della richiesta che è posto a fondamento della stessa domanda giudiziale, ma se il cessionario decida di accedere all'azione causale, non potrà poi chiedere l'inopponibilità delle eccezioni estranee all'art. 1993,1° comma. 

       Due sentenze del Tribunale di Napoli si sono espresse in altrettanti casi,dove il factor giratario di un titolo di credito, emesso sulla base di un contratto di fornitura, poteva presentare a propria scelta l'azione cartolare o quella causale. 

       Mentre la prima pronuncia ha ritenuto applicabile il regime ordinario della cessione, nonostante la presenza del titolo di credito girato al factor (Trib. Napoli, 27 dicembre 1969, in Foro pad., 1974, IV, c. 51), la seconda sentenza ha giudicato applicabile la disciplina per la circolazione dei titoli di credito (Trib. Napoli, 8 ottobre 1974, in Foro pad., 1974, IV, c. 54). 

       Il debitore ceduto conserva la possibilità di presentare al factor, eccezioni attinenti alla nullità, all'annullabilità e alla rescindibilità del contratto di fornitura. 

       Però in relazione alle prime due,l'azione sarà proponibile in ogni tempo, in base agli artt. 1422 e 1442,4° comma c.c., mentre una soluzione diversa si avrà per la rescissione, se l'azione sarà prescritta ex art. 1449,2° comma (Trib. Verona, 4 maggio 1987, in Foro it, 1988, I, 1, 1305). 

       Inoltre, il debitore può opporre al factor tutte le eccezioni riguardanti l'inadempimento, l'inesatto adempimento e il mutamento delle condizioni patrimoniali del fornitore cedente. (320)

       Nel rispetto delle modalità e dei termini previsti nel codice civile (art. 1945), il ceduto può contrapporre al factor l'esistenza dei vizi e dei difetti dei beni oggetto la fornitura, per chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. (321)



 

3.15.1.    I vizi del contratto di factoring e il patto d'incedibilità del credito. 



 

       Altre eccezioni opponibili al factor da parte del debitore, possono riguardare non solo l'atto di trasferimento del credito come tale, ma anche l'esistenza di eventuali vizi del contratto di factoring. (322)

       Non sempre però, si può riconoscere l'interesse del debitore ad agire per i vizi riguardanti l'atto di trasferimento, anche se si può ipotizzare che il debitore sia informato che il contratto di factoring è affetto da cause di nullità, annullabilità, risoluzione, in presenza delle quali il factor non può più considerarsi titolare del credito. 

       In tal caso, il debitore può far valere le cause originali o sopravvenute d'inefficacia del negozio traslativo, poiché altrimenti non potrebbe dare la prova della propria buona fede, che invece renderebbe liberatorio il pagamento al factor-creditore apparente, in base all'art. 1189, 1° comma del c.c. (323)

       Se infatti i vizi del contratto di factoring noti al debitore, sono tali da non rendere liberatorio il suo pagamento al factor, egli avrà un sicuro interesse ad eccepirli, proprio per dover evitare di ripetere la prestazione nei confronti del debitore originario. 

       Altra eccezione proponibile è quella d'incedibilità del credito, anche in presenza dell'art. 1260,1° comma, che esclude la trasferibilità dei diritti in certi casi difficilmente prospettabili nel factoring, nei quali i crediti presentino una specifica natura. 

       Il debitore potrebbe eccepire l'esistenza di una clausola contenuta nell'originario contratto di fornitura, che escludeva la cedibilità del credito e in questo caso, l'ammissibilità del divieto convenzionale di cessione rimane controversa, perchè vede confrontarsi interessi tra loro incompatibili: da un lato quello della libera circolazione del credito e dall'altro il principio d'autonomia delle parti. (324)

       Se si sostiene che la cedibilità dei crediti non nasce dal consenso del debitore, ma da una regola interpretativa che riconosce la libera circolazione dei diritti, il patto convenzionale d'incedibilità non ha effetto verso i terzi, quando anche essi lo conoscano, perchè il diritto di proprietà è incompatibile con il divieto di cedere. 

       Invece se si considera la volontà come fonte dei rapporti contrattuali, difficilmente può negarsi che questo divieto costituisca uno dei possibili sviluppi dello stesso principio. (325)

       La legge n. 52/1991 non contiene alcuna norma esplicita sull'argomento, mentre l'art. 1260,2° comma c.c., da un lato ammette il divieto convenzionale di cessione, mentre dall'altro ne condiziona l'opponibilità al cessionario alla prova, molto difficile da fornire tra l'altro, che l'acquirente conoscesse il divieto al tempo della cessione. (326)



 

3.15.2       Altre contestazioni dirette contro il cessionario. 



 

       Il debitore ceduto può contrastare le pretese rivolte nei suoi confronti, anche con le eccezioni relative all'estinzione della fonte del credito trasferito. 

       Tali impugnazioni non sono riferite ad un vizio di validità del contratto di fornitura, ma ad esempio, all'esistenza di novazione, remissione del debito, dilazione di pagamento, risoluzione e compensazione. 

       In questi casi però, l'effetto estintivo si può produrre solo tra fornitore e debitore e sempre prima dell'avverarsi dell'opponibilità del trasferimento del credito. (327)

       La giurisprudenza di merito, che si è pronunciata in maniera incidentale su un'eccezione di risoluzione consensuale, ha deciso per l'inopponibilità al factor, delle contestazioni fondate su fatti successivi alla comunicazione di cessione del credito. (328)

       Infatti nel caso specifico, la risoluzione era stata posta in essere dopo la notifica dell'avvenuto trasferimento e quindi non poteva avere effetto nei confronti dell'impresa cessionaria, che dopo l'acquisto si trova in posizione di diritto uguale alla sua dante causa, perchè dal suo consenso dipende ogni eventuale modifica delle posizioni creditorie. (329)

       Infine, a norma dell'art. 1248 c.c, l'eccezione di compensazione è opponibile al cessionario se il debitore, al momento dell'accettazione della cessione, vi abbia fatto espresso riferimento e non se la cessione sia stata accettata puramente e semplicemente. 

       Il secondo comma del medesimo articolo poi, precisa che la cessione non accettata ma notificata al debitore, impedisce la compensazione dei crediti sorti dopo la comunicazione.

       Perciò nell'ipotesi di semplice notifica, propria dello schema delle operazioni di factoring, la compensazione è opponibile a patto che si sia verificata anteriormente al momento in cui il debitore ceduto, abbia avuto notizia del trasferimento del credito. (330)

       La Direttiva Europea sul Credito al Consumo, in particolare l'art. 9 della n. 87/102 prevede una disciplina di deroga alle disposizioni sulla compensazione contenute nell'art. 1248 c.c., innovando notevolmente le disposizioni delle eccezioni opponibili dal ceduto al cessionario. 

       Alla disciplina comunitaria è stata data attuazione con l'art 125, 3° comma del T.U. del credito, che stabilisce che nel caso di cessione di crediti risultanti da contratti di credito al consumo, il consumatore può in deroga ad altre disposizioni, contestare al cessionario tutte le eccezioni, inclusa la compensazione, che poteva addurre al cedente.

       Invece le impugnazioni legate ad eventi modificativi o estintivi del credito, non sono opponibili al creditore, tutte le volte in cui il relativo fatto costitutivo si è verificato dopo che il debitore sia venuto a conoscenza della cessione. (331)

       Infatti al momento del trasferimento, il cedente perde completamente la titolarità del credito e perciò non può prestare adesione alla risoluzione del contratto col debitore, perchè ciò equivarrebbe ad una disposizione dei diritti nascenti dall'accordo. (332)

       Inoltre l'imprenditore deve garantire al factor quanto meno l'esistenza del credito, ossia il c.d. "nomen verum" (App. Milano, 29 marzo 1988, in Riv. it. leasing, 1990, 165).

       Altri fatti estintivi e modificativi del credito, anche se successivi alla cessione, potrebbero essere opponibili dal ceduto al factor, perchè indipendenti da un'intervento del cedente: prescrizione, decadenza, ed il recesso unilaterale del debitore dal contratto base. (333)



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Tesi di Laurea: Il factoring e la cessione dei crediti d’impresa, Libera Università degli Studi di Urbino, Facoltà di Giurisprudenza, Anno Accademico 1999/2000, Candidato: Fabio Giovagnoli, Arcevia (AN), Relatore: Chiar.mo Prof. Antonio Nuzzo.Email: fabio.giovagnoli@libero.it.