UNIVERSITA'
DEGLI STUDI DI URBINO FACOLTA'
DI GIURISPRUDENZA IL FACTORING E LA CESSIONE DEI CREDITI D’IMPRESA Capitolo Primo
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1.1 La figura negoziale e il mercato del credito.
-1.2. Le fonti normative.
- 1.2.1 La legge n. 52/1991 sulla cessione dei crediti
d’impresa.- 1.2.2
La tipicità del contratto. - 1.3 La rilevanza della disciplina
comunitaria. - 1.4
Un’analisi sintetica della struttura del factoring: Alcune clausole tipiche.
-1.5. Le diverse tipologie
contrattuali. - 1.5.1
Il “maturity factoring”. - 1.5.2 Il “non notification
factoring”. - 1.6 Altre
tecniche negoziali applicate ai crediti d’impresa. -1.6.1 Il “forfaiting”. -1.6.2 Il “confirming”.
-1.7. La cessione dei crediti
negli ordinamenti di common law. -1.7.1 Il factoring in Inghilterra. -1.7.2 L’evoluzione della forma
contrattuale negli Stati Uniti d’America. - 1.8 La disciplina francese del mercato dei crediti
d’impresa. -1.9 Alcune
note peculiari del negozio in Germania. -1.10 Il factoring internazionale. -1.10.1 La Convenzione di Diritto
Uniforme del 28 maggio 1988.
L’elasticità dello
schema contrattuale, rende difficile la qualificazione del negozio giuridico
e il suo inquadramento all’interno di uno degli istituti già esistenti, poichè nel factoring molte attività diverse tra loro (di
gestione, finanziamento e assicurazione), si legano in varie possibili
combinazioni, secondo le necessità degli operatori economici che lo
utilizzano e degli strumenti giuridici presenti nei relativi ordinamenti, in
cui il modello negoziale è stato utilizzato. (1) A causa delle
controverse interpretazioni della legge n. 52/1991, molti autori giuridici
hanno sostenuto che tuttora il factoring, non ha una vera e propria tipizzazione
legale nel nostro ordinamento e che la ragione della sua operatività stà invece nell’art. 1322,2° comma c.c., che riconosce ai
privati di poter perseguire interessi meritevoli di tutela, attraverso il
ricorso a figure contrattuali non previste dalla legge. (2) L’effetto giuridico più
appariscente del factoring è costituito dal trasferimento di una globalità di
crediti, nell’ambito di un rapporto professionale e continuativo tra due
imprenditori. La traslazione della
titolarità di un complesso di crediti dal cliente-fornitore al factor, dietro pagamento di una provvigione per i servizi
resi, permette all’imprenditore specializzato di mettere in atto una gestione
amministrativa e contabile dei diritti, svolta in nome proprio e per conto
del cedente, compiendo in definitiva, un’attività articolata e funzionale
alle specifiche esigenze della controparte. La considerazione dei
poteri di controllo contabile esercitati sul cedente e della riscossione dei
crediti effettuata dal factor, con la previsione di
un rendiconto periodico tra le parti e con l’obbligo di restituzione delle
somme incassate, una volta operate le debite deduzioni, rafforza la
convinzione di un rapporto più ampio di una semplice vendita di crediti (per
tali aspetti: Art 4, 8, 16, 18 Banca Monte dei Paschi). (3) Una definizione
giuridica del contratto che sia utile ad individuare la disciplina
applicabile a quei suoi aspetti controversi, che non trovano una
regolamentazione legislativa, si basa sull’esame delle affermazioni delle
parti, contenute nelle condizioni generali di contratto e nella
documentazione commerciale in genere. Tuttavia è difficilmente contestabile, che il sinallagma
contrattuale vada rilevato nello scambio tra una serie di servizi forniti da
un’impresa specializzata di gestione crediti e i relativi compensi allo scopo
corrisposti dal fornitore-cedente. (4) Una recente sentenza
sottolinea come il contratto di factoring non sia un modello uniforme che ha un
unico contenuto per tutti i tipi d’operazione e che se pure esso presenta un
nucleo essenziale, ha pur sempre un contenuto variabile ed accompagnato da
ulteriori elementi integrativi (Corte di Cassazione, 10 gennaio 1992, n. 198,
in Foro it., 1992, c. 1107). Infatti, tale
pronuncia classifica il factoring come un contratto di servizi,
sottolineandone più che la causa di scambio, quella di cooperazione e
giudicando riduttivo evidenziare solo gli aspetti dell’accordo che riguardano
la funzione di finanziamento e il trasferimento del credito. In realtà, questa
sentenza affrontava il problema dell’applicazione della disciplina
previdenziale ai factors e di conseguenza, per
qualificare l’imprenditore specializzato, la Corte ha inteso definire
l’attività negoziale svolta, individuandola appunto nella cooperazione tra
imprese. (5) Il contratto riguarda
normalmente una globalità circoscritta o comunque soggettiva di crediti
d’impresa, ossia quelli vantati verso determinati debitori, la cui
solvibilità è in precedenza valutata dal factor,
che si riserva la facoltà di accettarli, oppure interessa i crediti relativi
alle transazioni concluse in un definito ambito territoriale. (6) La prassi contrattuale
evidenzia come tale meccanismo possa attuarsi in via preventiva, facendo
approvare al factor i clienti, oppure in via
successiva, attribuendo invece al cessionario la facoltà di rifiuto rispetto
ad alcuni nominativi ( per il primo aspetto: Art 2/1 Istituto Bancario S.Paolo; mentre l’altra struttura è accolta nell’ Art. 2,
Centrofactoring Spa). Nell’ambito del rapporto
giuridico che si costituisce col factoring, l’impresa di gestione dei crediti
ha un’ampia facoltà di anticipare una parte dell’importo del credito a
vantaggio del cedente che lo richiede. Infatti, l’attuale
terminologia contrattuale prevede l’eventualità del finanziamento,
qualificandola come anticipo del corrispettivo in conto prezzo, coerentemente
con l’affermata natura di vendita di crediti che si intende attribuire
all’operazione (Art. 9, Ifitalia Spa). Inoltre la stessa
società cessionaria approvando i crediti, può assumere il rischio
dell’insolvenza del debitore ceduto che in mancanza, rimane a carico del
cliente e in base all’assetto concreto dei rapporti costituiti tra le parti,
il factor può fornire informazioni commerciali,
consulenza di mercato e assistenza legale (in tal senso si esprime
concordemente l’Art. 1 di tutti i nuovi schemi contrattuali). (7) Infine nel caso di un
rapporto di factoring che si realizza con una modalità di cessione “pro soluto”,
la c.d. approvazione del credito può essere prestata a condizioni diverse:
per un singolo credito, per una parte soltanto dello stesso, oppure con
riguardo a tutti i crediti verso un dato debitore. In proposito è comune la
previsione di un massimale di garanzia,entro il
quale si considerano compresi i crediti indicati nelle fatture emesse in
ordine temporale e che presenta l’ulteriore caratteristica della “rotatività” (ad esempio, art. 12, Banca Monte dei Paschi). Infatti, nel caso in cui
l’importo limite venga raggiunto, ma allo stesso tempo ci siano dei pagamenti
da parte del debitore ceduto a fronte di fatture ricomprese nella garanzia,
vengono calcolati nell’ambito della stessa, i crediti ceduti successivamente
e per il medesimo ammontare.(8) La convenzione si può
considerare come uno strumento ormai ampiamente consolidato nel sistema
finanziario italiano e l’andamento degli aggregati propri (turnover, crediti
acquistati in essere, anticipi corrisposti ai cedenti), elaborati dalle
diverse fonti statistiche utilizzabili in argomento, quali l’Assifact e la Banca d’Italia,dimostra
questa costante tendenza. La diffusione del
factoring in Italia è ulteriormente confermata dal fatto che nel corso del
solo 2000, le operazioni ad esso relative hanno coinvolto circa 22605
soggetti economici cedenti ed interessato 233190 debitori ceduti. Più
precisamente, i dati disponibili evidenziano che il mercato domestico
rappresenta complessivamente il 17 % di quello mondiale ed oltre un quarto
del mercato europeo, data la consistenza del turnover complessivo degli
operatori aderenti all'Assifact. Il
valore nominale complessivo dei crediti ceduti nel 2000 ha raggiunto i 53217
miliardi di lire, di cui 22838 relativi ad operazioni “pro solvendo” e 29985
riferibili a cessioni “pro soluto”. Per
quanto riguarda gli anticipi nel frattempo erogati, essi assommano a 30558
miliardi di lire di accordato operativo, mentre si segnala piuttosto
limitata, sia la concessione di finanziamenti a fronte di crediti futuri,
contenuti in circa 1088 mld., sia l’assunzione di
crediti in sola gestione, consistente in circa 312 mld.
di lire. Nell’ultimo biennio il mercato del
factoring italiano ha fatto registrare un aumento del 21,55 % del turnover
dei crediti acquistati dalle imprese del settore che si è ultimamente
assestato sui 184993 miliardi di lire. (11) Tuttavia sono diminuiti i volumi delle
anticipazioni concesse dai factors, a fronte delle
cessioni dei crediti attuate dalla clientela, mentre si segnala in aumento la
prestazione della garanzia della solvenza del debitore ceduto. La connotazione assunta da questo
strumento contrattuale mette inoltre in evidenza che il 93 % del volume dei
crediti ceduti è ricollegabile ad operazioni di c.d. factoring domestico,
mentre nella modalità del factoring internazionale esiste una netta
prevalenza dell’utilizzo del contratto per le esportazioni (3655 mld.), piuttosto che per le importazioni (820 mld.). Pertanto
concentrando l’attenzione su certe prestazioni ottenute dal cliente piuttosto
che su altre, è facile ricondurre il negozio a differenti figure contrattuali
tipiche. (12) La prestazione del
servizio finanziario da parte dell’impresa di gestione dei crediti ha finito
per far percepire il factoring, agli occhi degli operatori economici, come
uno strumento complementare al servizio bancario e diretto essenzialmente a
fornire liquidità all’impresa. (14) Nel mercato italiano il
factoring coinvolge attualmente un’ampia gamma di settori merceologici ed
imprese di ogni dimensione, ma secondo una recente indagine di mercato, le
imprese piu’ "giovani",quelle
in fase di forte espansione, le attività fortemente stagionali e più in
generale i soggetti nei quali la gestione del capitale circolante costituisce
un aspetto essenziale dell’attività, ricorrono più frequentemente a questa
struttura negoziale. (15) Non tutti gli operatori
economici però, sono suscettibili di trarre vantaggio dall’instaurazione di
un tale rapporto e in particolare non lo sono quelli negoziano per contanti,
che concedono brevi termini per il pagamento, oppure che vendono a un
ristretto numero di clienti di sicura affidabilità. (16) I tratti principali
dell’operazione definita dalla nuova modulistica, che dopo l’entrata in
vigore della legge n. 52/1991 ha sostituito quella precedente, sono gli
stessi rilevati negli schemi contrattuali elaborati prima della riforma, a
parte qualche modifica di taglio prevalentemente formale e terminologico. Infatti il factoring
si conferma un rapporto fondato anche sulla cessione dei crediti, ma che
nella realtà si compone di una serie di contenuti più articolati, rispetto al
solo trasferimento strumentale del credito.(17) In definitiva, l’effetto
giuridico della cessione permette di raggiungere dei risultati economici di
gestione, finanziamento e traslazione dei rischi, ma la considerazione degli
aspetti funzionali effettivamente costanti nel rapporto di factoring,
giustifica l’idea che il credito non sia attribuito al factor
a causa di vendita, ma piuttosto per realizzare un programma di cooperazione gestoria, caratteristico della causa del mandato. (18) Pertanto il fine
costante della cessione è costituito dal trasferimento di una globalità di
crediti dal cedente al factor, il quale mette in
atto una gestione amministrativa e contabile degli stessi, in nome proprio e
per conto del cliente, e contemporaneamente svolge il servizio complesso e
flessibile richiesto dalla controparte. In particolare il
rapporto di factoring può essere costituito da una convenzione-base, che si
perfeziona mediante la sottoscrizione di una serie di condizioni generali di
contratto e si completa con diversi negozi successivi di trasferimento, che
trovano la loro causa in una preesistente relazione giuridica. Qualcuno di questi
accordi è diretto ad attuare la cessione dei crediti e si ricollega
direttamente alla stipula della convenzione, mentre altri negozi si
presentano come strutturalmente autonomi, visto che il contratto li prevede
in via solamente programmatica essendo diretti ad ottenere la prestazione di
alcuni dei servizi caratteristici del factor, come
le anticipazioni, la gestione del credito e la collaborazione commerciale (in
tal senso, Art 1 Add. pro solvendo, di tutti i
nuovi schemi negoziali).
Come si deduce dagli
atti parlamentari riguardanti la legge n. 52/1991, uno dei principali
problemi che il factoring ha incontrato nel nostro ordinamento è costituito
dal suo rapporto con lo schema legale della cessione del credito, visto che
la disciplina codicistica agli artt. 1260-1267
c.c., non è più completamente adatta alla funzione ultimamente assunta dal
trasferimento dei crediti. (19) Ad esempio, un limite
alle capacità innovative del factoring era rappresentato dalle norme riguardanti
l’efficacia del trasferimento del credito nei confronti dei terzi, poste dal
legislatore del 1942, il quale certamente non poteva prevedere che questo
istituto sarebbe stato utilizzato, nell’ambito di una tecnica contrattuale
che realizza un trasferimento di una globalità di crediti, legati
all’esercizio delle attività imprenditoriali. Il
factoring ha trovato solo nel 1991 un supporto giuridico specifico nella
legge n. 52, che ha regolato la cessione dei crediti d’impresa, creando un
sistema più agile per realizzare gli scopi perseguiti dalle parti
contrattuali, sicuramente più ampi del trasferimento della sola titolarità
del diritto. In
seguito la normativa è stata integrata dalla legge n. 197/1991, per la parte
relativa alle norme “antiriciclaggio” e dalla n. 154/1992, sul tema della
trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Inoltre sono intervenute le disposizioni
di attuazione della Seconda Direttiva di coordinamento bancario n. 89/646, riguardante
l’esercizio dell’attività dei gruppi creditizi, oltre a successive discipline
concernenti la vigilanza dei gruppi bancari. (20) Non hanno un’ incidenza secondaria sulle
operazioni di factoring, le norme sul trattamento dei dati personali ( legge
n. 675/1996), in rapporto alle informazioni raccolte dai factors,
la normativa riguardante la c.d. legge “anti-usura” n. 108/1996 e la
regolamentazione posta dalla legge n. 43/1994 sulla cambiale finanziaria. Alcuni autori giuridici
hanno affermato che le legislazioni degli ultimi anni, confermano “una
tendenza all’amministrativizzazione del diritto
commerciale”, poiché le disposizioni principali del nostro ordinamento
privatistico, dipendono sempre di più da fonti normative secondarie. Da questo punto di vista, il factoring costituisce una
conferma di questo orientamento, poichè sulla
scarna normativa legislativa della cessione dei crediti, si è accumulata una
serie importante di provvedimenti regolamentari. (21) Già a partire dalla
seconda metà degli anni Settanta, alcuni testi di legge cercarono di
individuare le caratteristiche fondamentali di questo schema contrattuale e
di indirizzarne il successivo sviluppo. Più in particolare,
una proposta di legge, la n. 254 del 5 Agosto 1976 venne presentata per
facilitare il finanziamento delle piccole e medie imprese e anche se non si
arrivò mai alla sua approvazione, fu successivamente avviata all’esame
parlamentare nel novembre 1979. La
disciplina in questione, operava una certa commistione tra factoring e sconto
bancario, perchè permetteva che le imprese a
partecipazione statale, autorizzassero le industrie loro fornitrici, ad
emettere tratte scontabili presso sezioni specializzate di “facturing”, istituite nelle sedi periferiche della Banca
d’Italia. Lo sconto delle tratte
sarebbe avvenuto al tasso annuo del 9 % e ad esso sarebbe stato dato seguito,
solo in presenza del preventivo collaudo dei prodotti forniti. Sebbene il testo
normativo non indicasse l’ambito dimensionale delle imprese a cui era
destinato, la legge limitò lo sconto alla quarta parte del prezzo ancora
dovuto per i beni forniti ed escluse da questa disciplina, i crediti relativi
alla prestazione di servizi.(22) Un primo riconoscimento
legislativo del factoring, d’effetto applicativo piuttosto limitato, si
ottenne con la legge 30 Aprile 1980 n. 48 della Regione Lombardia, recante
una serie di “Interventi a favore dell’associazionismo artigiano”. Il provvedimento
perseguiva lo scopo di agevolare con contributi di tipo diverso (art. 3), la
formazione di consorzi, di società consortili (escluse le società per azionie quelle in accomandita per azioni) e di
cooperative tra imprese artigiane. Perciò la Regione
concedeva contributi per le operazioni di cessione globale dei crediti
commerciali, nel caso in cui, precisava l’art. 7,2° comma, queste avvenissero
senza garanzia. Il successivo art. 12,
descrisse esplicitamente i termini dell’operazione come una cessione globale
di crediti commerciali al factor, il quale incassa
e contabilizza i crediti ceduti ea sua discrezione anticipa parte del
corrispettivo pattuito, ovvero può offrire la garanzia per il mancato
pagamento da parte del debitore, ottenendo una commissione in relazione ai
servizi resi. Inoltre il contributo
erogato dall’autorità competente, non avrebbe potuto superare, il cinquanta
per cento della commissione dovuta dal cliente al cessionario.(23) Nella pratica degli
affari l’utilizzo dello strumento della cessione dei crediti, previsto dagli
artt. 1260 e ss. del codice civile,ha un ruolo centrale
nella fattispecie del factoring, anche se ha creato alcuni dubbi sulla
portata di norme che non sembravano collegarsi alle particolarità del
contratto.(24) Sicchè si sono sviluppati notevoli
contrasti sulle modalità concrete di comunicazione dell’avvenuta cessione al
debitore ceduto e su certi aspetti applicativi come l’effetto del patto
d’incedibilità del credito. Altre perplessità sono
legate alle diverse qualificazioni giuridiche del contratto e quindi alla definizione
dei criteri per risolvere le controversie circa l’obbligo di diligenza del factor, nell’attività di incasso dei crediti o sulla
violazione dell’impegno di offerta in cessione degli stessi assunto dal
cedente o in tema di disciplina applicabile al rapporto in via integrativa. Anche le caratteristiche
dell’impresa cessionaria sono state oggetto di controversia, poiché la
giurisprudenza ha costantemente definito come bancaria, non solo l’attività
esercitata dalle aziende di credito ex art. 2del r.d.l.
12 marzo 1936, n. 375, ma pure quella attuata dagli Istituti di credito
speciale e dagli Enti autorizzati alla raccolta del risparmio al pubblico e
all’utilizzo della liquidità ricavata per l’esercizio indiscriminato del
credito (in base all’art. 41). Tuttavia com’è già stato
accennato, la qualificazione dell’attività del factor
è stata oggetto di una sentenza delle Sezione Unite della Corte di
Cassazione, che con riferimento ad aspetti previdenziali, ha differenziato
l’attività bancaria da quella di factoring, in quanto manca in quest’ ultima
“un ruolo di raccolta del risparmio in funzione dell’esercizio indiscriminato
del credito e poichè i servizi oggetto della
convenzione, sono dotati d’intrinseca autonomia e destinati ad altre imprese”
(Cass., S.U., 10 gennaio 1992, n. 198 ). Un’indicazione di segno
contrario si è avuta conl’art. 1 della legge 17
febbraio 1992, n. 154, in tema di norme per la trasparenza delle operazioni e
dei servizi bancari e finanziari. Secondo questa
disposizione, il factor rientra tra i soggetti
economici che esercitano professionalmente un’attività di prestito e
finanziamento e perciò il relativo contratto è sottoposto a tutte le norme
poste dalla legge, con un’eventuale integrazione del contratto ex art. 1374
c.c. Altre indicazioni
contrastanti erano già presenti nell’ambito della legislazione riguardante il
settore previdenziale, perchè l’attività del factor venne qualificata come attività industriale
dall’art. 3 della legge 27 dicembre 1953, n. 967, in relazione all’art. 2195
c.c., e successivamente considerata come appartenente al settore terziario,
dalla legge 9 marzo 1989, n. 88. Una successiva modifica
del sistema normativo, si è avuta con l’introduzione del c.d. testo unico del
credito, cioè del d. Lgs. 1 settembre 1993 n. 385,
che con l’art. 156,2° comma ha modificato l’art. 1,1° comma della legge
speciale, precisando meglio la figura del cessionario dei crediti e con
l’art. 161, 2° comma che ha abrogato anche il successivo art. 2. Tra i numerosi
provvedimenti di fonte secondaria, il decreto del Ministero del tesoro 17
novembre 1993, ha disciplinato le modalità di passaggio negli elenchi di cui
agli artt. 106 e 107 del t.u., degli operatori
finanziari, iscritti nelle liste istituite dagli art 6 e 7 della legge n.
197/1991 e dall’art. 2,1° comma, della stessa legge n. 52/1991. Altri concreti
provvedimenti attuativi, sono stati assunti dalla Banca d’Italia con la
circolare 31 dicembre 1993, che disciplinava gli obblighi di comunicazione
delle “partecipazioni rilevanti in intermediari finanziari”, che fossero
anche iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 del t.u. Inoltre all’attività di
puntualizzazione dello schema legislativo, si sono aggiunti due decreti del
Ministero del tesoro, entrambi recanti la data del 6 luglio 1994, il primo
dei quali ha specificato il contenuto delle attività esercitabili in base
all’art 106 del t. u., nonchè i casi in cui ricorre
il loro esercizio“nei confronti del pubblico”,
mentre il secondo ha fornito un supporto all’art. 113 t.u.,
stabilendo quando ricorre l’esercizio dell’attività finanziaria “in via
prevalente, ma non nei confronti del pubblico”. 1.2.1 La legge n. 52/1991 sulla
cessione dei crediti d’impresa. I primi
progetti di legge per la regolamentazione del factoring avevano solamente
l’obiettivo d’intervenire sulla disciplina originaria degli artt. 1260 e
seguenti del codice civile, ma le successive iniziative concrete hanno
cercato di promuovere un’organica legge speciale, che disciplinasse
complessivamente l’attività di factoring. In particolare, la
direzione dell’intervento del legislatore si sarebbe potuta indirizzare verso
una regolamentazione generale dell’intermediario finanziario non bancario,
oppure avrebbe potuto perseguire la strada di statuti speciali, per i singoli
operatori come le società di factoring, quelle d’intermediazione mobiliare e
le fiduciarie.(25) Il progetto di legge
approntato da alcuni giuristi e presentato in una riunione sotto il
patrocinio dell’Associazione Bancaria Italiana, nel gennaio 1983, accoglieva
una disciplina puntuale dei soggetti cessionari autorizzati e vigilati dalla
Banca d’Italia. Tale schema di base,stabiliva l’efficacia della cessione verso i terzi,
attraverso il deposito del contratto stipulato dai promittenti aventi sede
nella circoscrizione, presso la locale Camera di commercio (in maniera simile
a quanto previsto dall’art. 9 dello statunitense Uniform
Commercial Code). La convenzione avrebbe potuto
essere depositata da ciascuna delle parti e di essa a richiesta, si sarebbe
rilasciata copia corrispondente agli originali trasmessi.(26) Però l’orientamento
assunto dagli operatori del settore non è stato quello del sostegno ad una
normativa definitiva e generale,ma piuttosto quello
di risolvere i problemi posti dal factoring in Italia con una disciplina
speciale, disposta a tutela degli intermediari “qualificati” e con un’ampio riferimento al pagamento anticipato del
corrispettivo. Infatti l’iniziale
disegno di legge che si compone di soli sei articoli, ha affrontato i
problemi particolari dell’efficacia traslativa immediata della cessione dei
crediti futuri, dell’opponibilità del trasferimento nei confronti del
debitore e dei terzi e della revocatoria fallimentare.(27) La legge 21 febbraio
1991, n. 52 ha iniziato il suo percorso parlamentare presso la Commissione
giustizia del Senato, riunita in sede deliberante e durante i lavori, ha
subito rilevanti modifiche rispetto alla sua struttura iniziale. Infatti per la
qualificazione soggettiva del cessionario, nella dizione dell’art. 1, che
prevedeva le sole società per azioni, si sono aggiunti successivamente anche
gli enti pubblici o privati aventi personalità giuridica, probabilmente allo
scopo di permettere l’esercizio dell’attività anche alle Casse di Risparmio,
che avevano ancora prevalentemente la struttura di fondazioni e non di
società per azioni. La prosecuzione dei
lavori parlamentari alla Camera, portò all’introduzione successiva dell’art.
2, il quale autorizzò la costituzione presso la Banca d’Italia, dell’albo
delle imprese esercenti l’attività di cessionario di crediti. Inoltre la norma
attribuì all’istituto d’emissione, il compito di provvedere alla vigilanza
del corretto svolgimento dell’attività, “allo scopo d’impedire l’utilizzo di
denaro, utilità e altri beni di provenienza illecita”.(28) La legge imponeva al
cessionario dei crediti, l’obbligo di certificazione del proprio bilancio
annuale e individuava il termine di sei mesi, entro il quale il Ministero del
tesoro, avrebbe dovuto disciplinare l’iscrizione e la cancellazione all’Albo,
i contenuti e le modalità della vigilanza e le eventuali sanzioni
amministrative. I contenuti di questa
vigilanza sono stati determinati con un decreto del Ministero del tesoro del
12 maggio 1992, mentre con un successivo provvedimento della Banca d’Italia
del 16 giugno 1992, sono state definite anche le modalità di iscrizione e di
cancellazione, tenendo conto delle prescrizioni contenute nella legge c.d. “antiriciclaggio”,
la n. 197 del 5 luglio 1991. La legge 21 febbraio
1991, n. 52, in realtà pone una regolamentazione “privilegiata e di diritto
speciale”, adatta a realizzare una funzione limitata al trasferimento verso
corrispettivo dei crediti e caratterizzata per il tipo dei soggetti
interessati e la natura dei diritti ceduti. Ma allo stesso tempo,
nella disposizione contenuta nell’art. 1,2° comma, il testo normativo
consentiva l’applicazione delle norme del codice civile,alle
cessioni prive dei requisiti previsti al 1° comma. (29) La disciplina speciale
precisa che possono essere oggetto di cessione anche i crediti futuri e in
massa (30) e che il cedente, a differenza di quanto prevede
ordinariamente l'art. 1267 c.c., garantisce naturalmente nei limiti del corrispettivo
pattuito la solvenza del debitore, salvo che il cessionario rinunci in tutto
o in parte alla garanzia (art. 4). (31) Sempre nel rispetto dei
requisiti richiesti alle parti, il cessionario può valersi di un nuovo
criterio per rendere opponibile la cessione nei confronti dei terzi e cioè il
pagamento totale o parziale del corrispettivo al cliente, sempre che esso sia
provvisto di data certa. (32) La nuova legge
stabilisce che in caso di fallimento del debitore ceduto, il pagamento da lui
eseguito al cessionario, non è soggetto alla revocatoria indicata all’art. 67
della legge fallimentare. A questo proposito, la
norma spiega che l’eventuale azione dovrà essere esercitata nei confronti del
cedente, il quale a sua volta agirà in rivalsa contro il cessionario, sempre
che quest’ultimo abbia rinunciato alla garanzia di solvenza del debitore.
(33) Il curatore del
fallimento del cedente potrà recedere, solo ed unicamente dalle cessioni
relative ai crediti futuri, con la restituzione del corrispettivo pagato dal
cessionario. Infine l’inefficacia
della cessione, potrà essere dichiarata solo quando nell’anno anteriore la
sentenza dichiarativa del fallimento,il
corrispettivo sia stato pagato prima della scadenza del credito ceduto e
conoscendo lo stato d’insolvenza del cedente (art. 6). (34) La normativa non sembra
delineare la fattispecie del factoring, conferendogli una tipicità
legislativa, con tecnica simile a quella seguita ad esempio, per la
commissione e spedizione rispetto al mandato. In definitiva, le regole
di diritto speciale poste dalla legge n. 52/1991, si risolvono in una serie
di meccanismi di tutela accordati alle imprese che acquistano
professionalmente, crediti pecuniari d’impresa verso corrispettivo, anche
allo scopo di porre un rimedio a quegli orientamenti sfavorevoli, che
sostenuti dall’atipicità del contratto, avrebbero potuto diffondersi nella
valutazione di questa tecnica contrattuale. (35) Bisogna pur sempre
considerare però, che la legge non può cambiare la sostanza dei rapporti
economici nati dall’autonomia privata delle parti, imponendo ad un rapporto
giuridico una struttura, che sia contrastante con la volontà e gli scopi di
coloro che lo pongono in essere.
1.2.2 La tipicità del contratto.
La tipizzazione
legale di modelli contrattuali propri di altri ordinamenti, deve tenere conto
che difficilmente un negozio riproduce tutte le caratteristiche del suo
schema originario. Infatti
ogni contratto, si caratterizzerà sicuramente con adattamenti particolari, in
relazione alle esigenze pratiche degli operatori economici e alla tradizione
giuridica del Paese in cui viene introdotto. In
particolare, il factoring italiano si differenzia da quello attuato in altri
ordinamenti, per una più ristretta concezione di globalità (che i formulari
presentano generalmente come soggettiva) dei crediti ceduti, per la
prevalenza storica delle cessioni “pro solvendo” rispetto a quelle attuate
senza rivalsa e per una ridotta incidenza dei servizi propri del c.d. “new style
factoring”, consistenti nella consulenza e nell’informazione commerciale. Tuttavia
anche tenendo presenti tali considerazioni, non sembra corretto affermare che
la legge n. 52/1991, costituisca l’effettiva tipizzazione legislativa del
factoring, così come si realizza in base alla natura dei soggetti che lo
pongono in essere, dei crediti ceduti e per la ricorrenza dell’importante
prassi dell’anticipo. Nel
pagamento anticipato del corrispettivo risiede sicuramente il criterio di meritevolezza della cessione prevista dalla legge
speciale, il quale giustifica il trattamento di favore riservato alle imprese
del settore e le conseguenti limitazioni imposte alle altre categorie
interessate all’attività di cessione. (36) Ma il contenuto del
factoring è “più articolato e complesso” rispetto alla disciplina dalla legge
e benchè alcuni requisiti soggettivi e oggettivi
previsti dalla cessione dei crediti d’impresa, si riscontrino spesso in
questa flessibile figura negoziale, non occorrono tutti perchè
si realizzi la fattispecie che nel nostro ordinamento ha acquisito una sua
tipicità sociale mentre altre volte, non bastano le caratteristiche indicate,
per qualificare la c.d. cessione speciale come un contratto di
factoring. (37) Pure la stessa relazione
che si accompagna al disegno di legge n. 383, afferma di non voler eliminare
le potenzialità innovative del factoring, per realizzare le quali non è
possibile utilizzare altri strumenti diversi dalla cessione del credito, perchè il codice civile non considera girabile la fattura
e perchè da un punto di vista temporale, la
surrogazione è connessa al pagamento. (38) La maggioranza degli
autori sembra concordare sul fatto che il contratto rimane sostanzialmente
innominato, da un lato per via del giudizio generale sulla varietà delle
funzioni che si presta a svolgere nella pratica e dall’altro, perchè la nozione di tipicità sembra riguardare piuttosto
il contenuto del contratto, che le sue tecniche di attuazione, rimanendo
certa tuttavia, la rispondenza della causa ad un’esigenza legittima e a un’interesse sociale durevole. (39) Se nell’operazione
negoziale si giudica prevalente la causa di cooperazione gestoria
tra imprese, in base alla quale il fornitore cedente trasferisce al
cessionario specializzato una globalità di crediti allo scopo di rendere
possibile lo svolgimento di una serie di servizi qualificati, allora in tal
senso si deve individuare nel factoring la causa di un mandato sui generis,
abbastanza simile a quello disciplinato dal nostro legislatore agli articoli
1703 ss. del nostro codice civile. Da questo punto di
vista, il sinallagma contrattuale si dovrà individuare nello scambio tra una
serie di prestazioni prevalenti come la mobilizzazione di crediti a breve,
l’assunzione della garanzia per la solvenza del debitore ceduto ed altri
ancora ed il pagamento di una corrispettivo a favore dell’imprenditore
cessionario, mentre il trasferimento del credito ad effetto reale tra le
parti assumerebbe una connotazione essenziale ma soltanto strumentale
all’esecuzione di un rapporto più articolato. Gli autori che nel
rapporto di factoring riconoscono la varietà degli schemi causali propri dei
diversi tipi legali (mandato, cessione di credito, mutuo) e qualificano come
atipico il contratto, non per questo possono giudicare indiscutibili ogni
tipo di scelta giustificata dall’autonomia privata. Perciò le determinazioni
assunte dal contraente più forte che ha predisposto le condizioni generali di
contratto, non sono intangibili e non escludono la possibilità di un
controllo giudiziale che provveda ad applicare tutte quelle norme speciali
che impongono oneri e divieti. Infatti al bisogno di
un controllo giudiziale di maggior spessore, rispetto a quello della semplice
meritevolezza dell’interesse perseguito dalle parti
ex art. 1322 c.c.,ha dato una conferma indiretta la
stessa legge n. 52/1991, superando l’idea che ogni intervento legislativo
regolatore sia lesivo dell’autonomia privata.(40)
1.3 La
rilevanza della disciplina comunitaria.
La Direttiva
europea sul credito al consumo n. 87/102 del 22 dicembre 1986, con le
modifiche apportate dal successivo provvedimento n. 90/88, non trova
applicazione ai rapporti di factoring, perchè il
suo ambito d’operatività è circoscritto alla concessione di credito, erogato
da parte del fornitore di beni o servizi esclusivamente al consumatore,
avente le caratteristiche elencate negli artt. 121 e 126 del t.u. bancario. Invece un altro testo
normativo come la Seconda Direttiva di coordinamento bancario n. 89/646,
considera il factoring come un’attività finanziaria ammessa al beneficio del
mutuo riconoscimento tra gli Stati comunitari e sottoposta al diritto dello
Paese di appartenenza. Nel suo articolato, il
provvedimento definisce la società esercente come un’ente
finanziario, cioè un’impresa diversa da un’ente
creditizio, la cui attività principale consiste nell’assunzione di
partecipazioni e comunque nello svolgimento, di quelle funzioni comprese tra
il n. 2 e il n. 12 dell’elenco ad essa allegato, a cui cioè si applicano i
principi delle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. Con riferimento alle
clausole apponibili al contratto, la legge comunitaria del 1994 ha precisato
le disposizioni della Direttiva n. 93/13 del 2 marzo 1993 e ha introdotto un
nuovo Capo nel codice civile, dopo l’art. 1469, il XIV bis,intitolato
“Dei contratti con i consumatori”, che definisce il consumatore come la:
“persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività
imprenditoriale o professionale”. (41) Di conseguenza per i
contratti come il factoring,nei quali in genere,
rivestono la qualifica di fornitori-cedenti le sole persone giuridiche, si
continua a far riferimento agli art.1341 e 1342 del codice civile. (42)
1.4 Un’analisi
sintetica della struttura del factoring: Alcune clausole tipiche.
L’operazione
descritta si realizza sul piano contrattuale nella costituzione di due ordini
di rapporti e mentre una di queste relazioni negoziali si prospetta già dalla
sottoscrizione del contratto,la costituzione di
ulteriori legami eventuali è rinviata ad un momento successivo, secondo una
regolamentazione già precisata nelle sue linee guida, nelle condizioni
generali di contratto. Al primo ordine di
rapporti, si può concretamente riportare la cessione dei crediti d’impresa,
come effetto immediato del negozio, mentre appartengono ad una serie
successiva di relazioni, quelle clausole che impegnano il factor
al versamento anticipato del corrispettivo, all’assunzione del rischio di solvenza
del debitore ceduto e all’attività di collaborazione commerciale. (43) Queste prestazioni hanno
per presupposto il trasferimento di una globalità di crediti, che quindi è un’aspetto caratteristico dell’intera operazione anche se
di per se stessa, la cessione può rientrare di volta in volta in un
differente tipo negoziale, a seconda del titolo per cui ha luogo. (44) Il contratto non sembra costituire un caso di negozio
indiretto, perchè in quell’ipotesi le parti mettono
in atto un comportamento che modifica i normali effetti del contratto posto
in essere e di fatto i contraenti non eseguono il rapporto secondo la sua
causa. Nel factoring comunque, il fine gestorio
non è limitato all’ambito dei motivi, ma è reso esteriore nel complesso dei
rapporti costituiti e inoltre la convenzione non configura un’ipotesi di
interposizione fittizia, perchè il trasferimento
del credito è voluto e reale e il cedente intende realizzarlo, affinchè il factor disponga del
diritto come titolare, con i limiti derivanti dalla funzione di cooperazione gestoria. (45) Il nuovo modello
contrattuale adottato in maniera piuttosto omogenea dalle più grandi imprese
del settore, delinea il contratto in maniera simile ad un patto d’opzione,
ossia come l’obbligo del fornitore d’offrire in cessione una globalità
circoscritta di crediti, a cui corrisponde la facoltà del factor
di accettare o rifiutare l’offerta a propria discrezione. L’accordo può aversi
anche in altra forma, quando il fornitore presta immediatamente il proprio
consenso alla cessione ed il factor a sua volta,
dichiara di acquistare tutti i crediti che non siano oggetto di un rifiuto
espresso, realizzandosi in questo secondo caso un negozio immediatamente
traslativo. (46) L’approvazione
preventiva del factor si attua su ogni nuovo affare
del fornitore,a seguito della comunicazione dei
nominativi dei precedenti debitori dell’impresa e di quelli acquisiti in via
successiva e sulla base della valutazione di tali informazioni, il factor provvede a comunicare successivamente al cliente
quali debitori sarà disposto ad accettare. La determinazione di
un tetto massimo per l’anticipazione, in genere è rimandata ad ulteriore
accordo e non si ricollega perfettamente al principio di cessione globale dei
crediti, che in questo modo viene realizzato in maniera restrittiva. (47) Infatti mentre il
cliente si obbliga a cedere l’intero volume delle sue vendite verso un certo
nominativo, le modalità concrete del rapporto possono circoscrive la
possibilità di smobilizzo, soltanto a una quota minima del giro d’affari. In definitiva il
principio dell’obbligo d’offerta in cessione è limitato ad un determinato
numero di debitori, accettati in anticipo e caratterizzati da un previsto
volume di forniture, il cui finanziamento possa trovare capienza sul “plafond”
normalmente concesso. Le condizioni generali
di contratto predisposte dalla maggior parte delle società di factoring, non
comprendono più in maniera esplicita l’obbligo d’esclusiva, con il quale il
cliente-fornitore si impegnava a non conferire ad altri, un’ulteriore mandato
a gestire i crediti di cui il factor fosse divenuto
titolare. Invece
tale previsione risulta confermata solo in due degli schemi negoziali
esaminati (art. 8/5 Istituto Bancario S.Paolo;
Art.2, Add. pro soluto, Factorcoop),
laddove negli altri contratti è surrogata da un preciso obbligo di
comunicazione al factor, dell’esistenza o della
successiva costituzione di ulteriori rapporti di cessione di credito (art.
5,2°, Centrofactoring Spa). In merito alla garanzie
richieste al cliente–cedente, gli schemi negoziali si dimostrano piuttosto
uniformi nel prescrivere che i crediti siano certi, liquidi alla data di
fatturazione ed esigibili a scadenza. Inoltre l’importo di
queste poste attive attuali o future, dovrà essere riferito a contratti di
fornitura di beni o servizi già stipulati al momento della cessione o che
saranno stipulati entro i ventiquattro mesi successivi, ma che non siano
oggetto di sequestro, pignoramento, nè ad altri
vincoli a favore di terzi. Il cliente–cedente è
anche obbligato a garantire rispetto ai contratti di fornitura conclusi, che
il debitore ceduto non abbia ad opporre in compensazione, sia pure parziale,
altri crediti rispetto a quelli ceduti, assicurando che le merci oggetto dei
negozi conclusi tra le parti, non siano vincolate a favore di terzi al pari
dei documenti rappresentativi. La cessione del credito
viene normalmente intesa, con l’assunzione da parte del cedente della
garanzia per la solvenza del debitore ceduto, il quale non deve essere
sottoposto a pignoramenti, sequestri, nè ad istanze
per procedure di insolvenza (per tutti, art. 3 ABF Factoring Spa). A carico del cedente
sorgono inoltre altri obblighi di comportamento, come quello di comunicare al
factor le notizie circa la solvibilità dei debitori
ceduti (art. 7 Centrofactoring Spa), l’obbligo di
consegnare la documentazione a prova del credito e degli eventuali diritti di
garanzia, l’impegno a non modificare le condizioni contrattuali praticate ai
clienti, senza l’assenso del cessionario (art. 8/4, Istituto Bancario S.Paolo). L’attuale struttura
prevalente delle tecnica di conclusione del contratto, sembra ripetere con
alcuni aggiustamenti terminologici, il contenuto del vecchio art. 4 del
formulario Ifitalia Spa, che prevedeva l’offerta in
cessione al factor di tutti i crediti vantati dal
cliente verso un determinato fornitore, seguita dalla comunicazione del
cessionario al debitore ceduto delle cessioni accettate, effettuata con
spedizione raccomandata del previsto modulo firmato dal fornitore. (48) Infatti la formulazione
degli artt. 2 dell’Ifitalia Spa e della Banca Monte
dei Paschi di Siena, si adatta allo schema sopra riferito e in parte se ne
diversifica parzialmente, disponendo espressamente che, dove i contraenti si
accordino per la cessione di ogni singolo credito, dovranno proporla entro 30
giorni dalla data di spedizioni delle merci o dell’effettuazione dei relativi
servizi. Il carattere
irrevocabile della proposta dell’offerta in cessione effettuata dal fornitore
al factor, viene peraltro sottolineata nel
formulario Centrofactoring Spa, che inoltre si
distingue per il più breve termine di 10 giorni, disposto per l’ipotesi di
cessione di credito singolo. Una forma priva di
ambiguità terminologiche, invece viene adottata dall’art. 2del contratto ABF Factoring,che stabilisce l’impegno del fornitore a
proporre al factor la cessione di tutti i propri
crediti presenti e futuri, nei confronti di ogni singolo debitore
specificamente accettato dal cessionario, mediante comunicazione espressa al
cliente, oppure mediante l’anticipo di tutto o parte del corrispettivo
pattuito. Nel caso previsto,
l’impresa cliente assume l’impegno di offrire in acquisto al factor i propri crediti e l’obbligo di effettuare
proposte contrattuali, in ordine alle quali il cessionario si riserva
un’ampia libertà decisionale, corretta poi nei fatti, attraverso il
preventivo congiunto esame dei debitori. Si riferisce anche ad un
“espresso gradimento verbale del factor nei
confronti del debitore ceduto”, lo schema negoziale della Factorcoop
Spa, che impegna il cliente a comunicare al debitore, l’avvenuto
trasferimento al factor dei crediti sorti o che
sorgeranno nei suoi confronti con l’apposito modulo sottoscritto dal cedente,
al quale seguirà conferma scritta del debitore in segno di presa nota e
accettazione. Invece l’art. 2/1delle
Condizioni generali approntate dall’Istituto Bancario S. Paolo di Torino,
stabilisce con chiarezza una cautela non presente nelle altre clausole e cioè
che non si considerano ceduti quei crediti derivanti da contratti
condizionati, relativi a merci in deposito o rappresentati unicamente da
fatture “pro forma”. Tenendo presente che nel
factoring, l’oggetto della cessione è il credito e non il negozio da cui
questo deriva, al factor si trasferiscono le azioni
dirette alla conservazione e alla realizzazione dei crediti trasferiti, come
quelle conservative,surrogatorie,le domande di
cognizione e di esecuzione, il potere di chiedere il fallimento, il
concordato preventivo e l’amministrazione controllata. Il trasferimento
all’impresa cessionaria delle azioni esercitabili in relazione alla
titolarità del credito, si fonda sul dettato di cui all’art. 1263 c.c., nella
parte in cui la norma prevede che per effetto del trasferimento si
trasmettano al cessionario tutti gli accessori dello diritto. (49) Mentre non si
trasmettono e restano al cliente, le azioni che incidono sulla fonte del
credito ceduto e cioè nel caso particolare sul contratto di fornitura. (50) A questo proposito è
diffuso l’orientamento che nega l’intrasmissibilità
delle azioni di nullità, annullamento e rescissione, mentre più controversa
appare l’intrasmissibilità dell’azione di
risoluzione per inadempimento, per mancato pagamento del debitore ceduto nei
confronti del fornitore cedente. (51)
1.5 Le diverse
tipologie contrattuali.
Nel
linguaggio anglosassone il termine “factor” esprime
il significato di “one who makes” e si presta
facilmente a definire l’attività svolta da agenti, commissionari o institori
in genere. Anche una superficiale
valutazione dell’etimologia della parola inglese, fornisce un’indizio dell’essenza della forma contrattuale,
suggerendo un’inquadramento dell’operazione
economica e dell’impresa che la pone in essere, nell’ambito delle mansioni di
cooperazione gestoria. Una traduzione
linguistica esauriente in italiano, non può tuttavia riposare sul solo
riferimento al vocabolo italiano “fattore”, vista la riduttiva previsione
dell’art. 2138 del c.c., ma dovrebbe basarsi sulla considerazione che il
contratto negli atteggiamenti assunti nel nostro ordinamento, realizza una
funzione di collaborazione alla gestione delle imprese.(52) Per questa ragione è
stata autorevolmente proposta per designare le imprese di factoring, la
locuzione di “società di gestione dei crediti”. (53) A seconda delle società
che la pongono in atto, delle sue modalità di esecuzione e alla presenza o
meno della concessione del finanziamento, la convenzione di factoring è
suscettibile di essere distinta in varie categorie, che negli Stati europei
si manifestano prevalentemente nella tecnica contrattuale definita come “old line” o “full service”, mentre negli Stati Uniti si
sviluppano nel c.d. “new style factoring”. Il secondo modello si
differenzia da quello tradizionale perchè
accompagna alla cessione dei crediti al factor, che
poi li gestisce e li amministra, effettuando eventuali anticipi sul loro
importo, anche altri servizi che non ne alterano la struttura fondamentale,
ma ne costituiscono degli utili accessori. (54) Questi servizi possono
riguardare l’organizzazione delle vendite, la ricerche di mercato nei vari
settori commerciali, nonchè la selezione della
clientela. Invece nell’ “old line”, detto anche “conventional
factoring”, il factor presta in forma congiunta i
servizi di gestione dei crediti, di concessione della garanzia per il buon
fine del pagamento e di erogazione d’anticipazioni a fronte di crediti
ceduti, di norma con una notifica della cessione ai debitori e con
l’esclusiva del trasferimento a favore del factor. (55)
1.5.1 Il “maturity
factoring”.
Il “maturity
factoring” non prevede anticipazioni e i crediti ceduti vengono pagati al
cliente, al momento della riscossione delle somme relative oppure ad una
scadenza media concordata tra factor e cliente. Il factor,
salvo diverso accordo scritto,provvederà a versare
il valore del corrispettivo in linea capitale sul conto del fornitore, alla
scadenza delle relative fatture, ma avrà comunque la possibilità informandone
per iscritto il cliente, di sospendere l’accredito in qualsiasi momento e a
propria discrezione, poichè in questo caso il
pagamento del corrispettivo avverrà al tempo dell’effettivo incasso del
credito (art. 8, Addendum Maturity,Ifitalia Spa). In questo tipo di
rapporto, l’effetto della mancata richiesta d’assunzione in garanzia di un
solo debitore ceduto, oppure l’omessa cessione dei crediti relativi, renderà
inefficace “ex tunc” la garanzia fornita dal factor e ne determinerà il trasferimento in capo al
fornitore, trasformando sostanzialmente la relazione negoziale in una
cessione “pro solvendo” (art. 3, Addendum Maturity,
Ifitalia Spa). Anche
nel “maturity factoring”, il fornitore si obbliga
al rispetto del principio di globalità, riferito ad una serie di creditori
individuati e specificati separatamente e si impegna ad inviare al
cessionario, la preventiva richiesta d’assunzione di rischio per ognuno dei
nominativi indicati. Quando si sia interrotta
la modalità di accredito c.d. “maturity”,il
corrispettivo in garanzia dei crediti oggetto della cessione, sarà pagato
entro 210 giorni, oppure entro il più lungo periodo di ritardo medio del
debitore. Per cui, nel caso di più
crediti dello stesso debitore, assunti in garanzia e che non siano stati
onorati, il factor si riserva di eseguire il
pagamento al cliente con valuta media compensata per date e importi (art. 11,
Addendum Maturity, Ifitalia
Spa ). Inoltre eventuali
emissioni di note relative agli accrediti già realizzati, sono addebitate di
regola sul conto del fornitore per pari ammontare e ai debitori che ne fanno
richiesta, il cedente può concedere una dilazione di pagamento non superiore
ai 120 giorni. Però in questo ultimo
caso, sarà il factor a concordare con questi
debitori e con lettera specifica, i termini degli interessi e delle eventuali
commissioni o spese che saranno a carico delle controparti contrattuali
debitrici del cedente (art. 13, Addendum Maturity, Ifitalia Spa). Una limitazione dei
crediti ceduti all’entità di singole fatture si riscontra nel “Confidential factoring”, la cui funzione è
quella di fornire liquidità aggiuntiva al cedente e dove pertanto non si
richiede la cessione dell’intero portafoglio- clienti. I servizi a carattere
finanziario, senza alcuna prestazione di tipo amministrativo o assicurativo,
prevalgono invece nella forma del “Commercial financing”,
mentre un contenuto peculiare assume il “Dropshipment
factoring” che è uno strumento utilizzato per lo più da imprese che
elaborano nuovi prodotti, ma che tuttavia non dispongono delle liquidità
necessarie per realizzarli direttamente e che perciò si rivolgono ad altri
per fabbricarli. Nell’operazione
intervengono perciò quattro soggetti: l’impresa progettista, il produttore
diretto, l’acquirente e il factor che garantisce al
produttore effettivo il pagamento di tutte le forniture eseguite, per conto
dell’impresa progettista e preventivamente approvate. Il produttore invece
s’incarica della spedizione della merce al cliente finale, che a quel momento
emette fattura nei confronti del progettista, il quale a sua volta, addebita
un prezzo maggiorato nei confronti dell’acquirente e in seguito alla
ricezione di copia di entrambi i documenti, il factor
provvede a pagare il produttore e a versare all’impresa di progettazione la
relativa differenza. (56) 1.5.2 Il “non notification” factoring Il
“non notification factoring” è un modello
negoziale sorto negli Stati Uniti ed è caratterizzato dalla mancanza di
comunicazione al debitore ceduto dell’avvenuta cessione. Si ricorre a questo tipo
contrattuale tutte le volte che il cedente, per vari motivi di carattere
commerciale, preferisce non rendere noto che i crediti sono stati ceduti: il
fornitore infatti si preoccupa che ne risulti compromesso il rapporto con la
clientela e che la cessione sia interpretata come un segnale di debolezza
finanziaria. Nei
rapporti con modalità “non notification”, a
seguito della richiesta del factor di provvedere
alla comunicazione della cessione al debitore, conseguente o meno al suo
mancato pagamento, il cliente ha la facoltà di chiedere che la notifica non
venga inoltrata, ma in questo caso la garanzia prestata dal factor nei confronti di tutti i crediti ceduti, si
considererà inefficace “ex tunc” (art. 13, Add. pro soluto, Ifitalia Spa). In
questo caso poi, al factor non sarà neanche
possibile svolgere l’attività di gestione dei crediti, che tra l’altro
comporta la necessità della loro riscossione presso i debitori, rimasti
inconsapevoli della mutata titolarità dei diritti. Notevoli
sono anche gli adempimenti amministrativi a carico del cedente
nell’intervento “non notification”, siccome il
fornitore dovrà inviare al debitore tre successivi solleciti, a mezzo faxo
telex, confermati con raccomandata rispettivamente entro 15, 30 e 40giorni,
dalla scadenza delle fatture che risultano non pagate. In
seguito, entro 5 giorni dall’ultimo sollecito, il cliente comunicherà al factor il mancato pagamento del credito e comunque, entro
i primi dieci giorni di ogni mese, dovrà riferire al cessionario sulla
situazione riguardante i crediti ceduti ed attinente il mese precedente. In particolare dovranno
essere trasmessi, l’elenco degli incassi pervenuti al fornitore coi relativi
estremi, il livello dei solleciti relativo alle fatture non pagate, la
specificità delle contestazioni mosse dal ceduto, siano esse di natura
merceologica o contrattuale (art. 14.2, Add. Import/Export, Ifitalia Spa). La modalità “non notification” di solito non prevede, salvo diversi
accordi, la corresponsione d’anticipi sul corrispettivo pattuito, ma in caso
contrario il cedente dovrà comunque restituire al factor
le eventuali somme, a qualunque titolo pagate dal debitore ceduto (art.14.5, Add. Import/Export, Ifitalia Spa).
1.6 Altre
tecniche negoziali applicate ai crediti d’impresa.
Le
particolari esigenze del mercato mobiliare hanno fatto sorgere nuove modalità
e tecniche innovative aventi ad oggetto i crediti d’impresa, ma che hanno
solamente alcuni deboli legami con le originali strutture contrattuali di
factoring. In definitiva esistono
diverse pratiche commerciali, riguardanti i crediti sorti nell’ambito di
un’attività imprenditoriale, che danno un rilievo originale ai vari servizi svolti pure nel quadro
di un rapporto di factoring, come quello gestorio,
finanziario, assicurativo. Nella tipologia negoziale definita “factoring
indiretto”, un’azienda che sia in buone condizioni economiche, essendo
intenzionata ad acquistare materiali necessari per la sua produzione, può
decidere d’intraprendere tale iniziativa contrattuale, trovandosi tuttavia
nella necessità di dover effettuare una serie di pagamenti in forma
dilazionata. (57) Ma il ritardo nei pagamenti,
determina un costo che riduce la forza contrattuale dell’impresa nei
confronti del venditore, il quale se si trova in una posizione di forza, darà
la preferenza o concederà facilitazioni negoziali alle controparti che
chiedano dilazioni più brevi. Perciò nell’ambito di
questa tecnica commerciale, l’impresa cedente promuoverà l’acquisto da parte
del factor, dei crediti che i suoi fornitori
acquisiranno nei suoi confronti. All’azienda produttrice
sarà concessa una linea di credito in bianco o garantita, che l’impresa
utilizzerà indirettamente attraverso i suoi fornitori, i quali in questo
modo, saranno sicuri che i relativi crediti saranno regolati dal factor. L’operazione
di “undisclosed factoring” invece, si
presenta con caratteri prevalentemente finanziari, poichè
la società che lo offre, non mette in opera tutti i servizi normalmente
elencati nei comuni formulari contrattuali e quindi il suo costo risulta
essere notevolmente inferiore. Sebbene nel nostro Paese
la figura non abbia avuto la diffusione che invece si è verificata in
Inghilterra, il contratto si basa sulla stipula tra il finanziatore e il
cliente di due distinti accordi. Con un primo negozio di
scambio, il cliente trasferisce al factor la sua
merce, mentre con il secondo viene da questi nominato commissionario per la
vendita nei confronti degli effettivi clienti ed autorizzato a riscuotere il
prezzo. Con tale meccanismo il
cliente fornitore agisce come semplice commissionario per la vendita,
ottenendo il regolamento anticipato dei crediti, senza però rispondere del
buon fine. (58)
Il “forfaiting” è
una tecnica di finanziamento dei crediti all’esportazione a medio termine, che
facilita gli scambi internazionali di rilevante importo, realizzando
l’interesse dell’importatore ad ottenere dilazioni di pagamento per la
fornitura, nonchè quello dell’esportatore a
liberarsi dei rischi delle operazioni commerciali ad esecuzione rateizzata.
(59) L’operazione viene
attuata attraverso la cessione a favore di un’istituto
finanziario e senza rivalsa verso l’esportatore cedente, di effetti cambiari
non ancora scaduti nati dalla fornitura di beni e servizi all’estero, in
cambio dell’anticipazione in contanti dell’importo dei titoli stessi, dopo la
deduzione di un tasso d’interesse in misura fissa. (60) Il tratto essenziale
dell’operazione è il carattere cartolare e astratto del credito, in funzione
dell’acquisto da parte del “forfaiter”, di pretese
autonome nei confronti del rapporto di fornitura sottostante. Solitamente sulla base
di un’accordo si stabilisce che il corrispettivo
delle forniture venga versato per una quota di circa il 15 %,
contemporaneamente alla stipula del contratto, mentre la successiva
rateizzazione copra il rimanente, mediante l’incorporazione dei crediti
relativi alle singole rate, in una serie di titoli di credito per lo più
cambiari, con scadenza semestrale e di importo decrescente. (61) In alcuni casi, si
utilizzano cambiali tratte dall’esportatore all’ordine proprio sull’importatoree da questi accettate, mentre in altri casi si
adoperano pagherò cambiari, emessi dall’importatore a favore dell’esportatore
e poi girati al “forfaiter” con clausola senza
garanzia. (62) Per il rischio dovuto
alla mancata realizzazione, il “forfaiter” pretende
di regola che i titoli siano garantiti da un’istituto
bancario di propria scelta o mediante garanzia in forma di avallo
dell’obbligazione cambiaria dell’importatore. A fronte della cessione,
il “forfaiter” anticipa subito all’esportatore il
valore nominale dei titoli, ridotto in base aun
tasso fisso e invariabile, calcolato secondo una valutazione dei costi e dei
rischi effettuata dall'inizio. La figura si mostra
particolarmente affine al factoring internazionale, con oggetto una cessione
di crediti all’esportazione, che invece vede la partecipazione di quattro
soggetti, ossia dell’esportatore, dell’ “export-factor”
cessionario dei crediti, dell’ “import factor”
secondo cessionario, nonchè dell’importatore
debitore. (63) L’operazione prevede la
prestazione di vari servizi da parte dei factors,quali
la comunicazione di notizie di mercato e valutarie riguardanti il Paese
importatore, ma anche l’assunzione del rischio di insolvenza del debitore
ceduto. Mentre però nel
“forfaiting” è importante il valore reale dei titoli al tempo della cessione
e le anticipazioni pecuniarie hanno un ruolo essenziale, nel factoring le
stesse sono solo discrezionali e quando concesse si sostanziano nel 70-80 % del
valore nominale del credito. (64) La stessa assunzione da
parte del cessionario del rischio di mancata riscossione dei crediti ha
un’estensione diversa nei due contratti, nel factoring essendo limitata all’inadempimento
dovuto all’incapacità finanziaria del ceduto (e solo a questa: ad esempio,
l’Art. 1 e 5 Add. pro soluto, Ifitalia
Spa),mentre nel “forfaiting” si estende a tutte le ipotesi di mancata
esazione del credito, comprese quelle di forza maggiore. (65) In genere il factoring
ha per oggetto la cessione in blocco di crediti futuri e anche eventuali,
mentre il “forfaiting” ha per oggetto un credito attuale, relativo ad
un’unica fornitura, sia pure rateizzato in una serie di titoli di c Altra rilevante
differenza è costituita dai possibili controlli del factor
nell’attività dell’impresa cedente, mediante la previsione dell’obbligo di
sottoporre all’approvazione le forniture ancora da stipularsi, ma anche
attraverso l’ispezione delle scritture contabili del cliente.
Il “confirming”
è un servizio a carattere prevalentemente assicurativo che viene utilizzato
di frequente per crediti a medio e breve termine, ma la tecnica contrattuale
può essere usata anche come conferma di pagamento, con l’esclusione della
garanzia contro i rischi di annullamento dell’ordine. (67) La società di “confirming” ratifica al venditore nazionale,
l’ordinazione effettuata dall’acquirente estero e concede la propria garanzia
di pagamento, impegnandosi a regolare l’importo fatturato, dietro consegna
dei documenti di spedizione e degli effetti cambiari connessi al contratto. Mentre nel “forfaiting”
l’iniziativa è presa dall’esportatore, nel confirming
è solitamente l’importatore che favorisce l’intervento finanziario ed è
l’acquirente estero, ad assumersi l’onere degli interessi relativi alla
dilazione di pagamento ottenuta, che in genere riguardando beni strumentali e
che può raggiungere e superare i 5 anni. (68) In caso d’inadempienza
del compratore, la società di “confirming” non può
rivalersi sul venditore, salvo che non sia contestata l’esecuzione tecnica e
commerciale dell’ordinazione e nella prassi, l’acquirente stesso paga subito
una percentuale compresa tra il 5 e il 15% della transazione e per il resto
stipula con la “confirming house”,
un’impegno incondizionato a pagare,sotto
forma di tratte accettate e titoli cambiari, che vengono scontate
dall’intermediario presso le banche. Diversamente dalla
cessione di crediti d’impresa, il “confirming”
manca totalmente della clausola d’esclusiva tipica del factoring
all’esportazione. (69) Inoltre il “confirming” si presenta come un contratto isolato,
concluso per ogni singolo affare e ha una struttura trilaterale, essendo
stipulato tra l’acquirente, il venditore e la “confirming
house”, che concede al produttore nazionale la sua
garanzia solidale di pagamento e si impegna a regolare anticipatamente
l’importo totale fatturato, dietro rimessa dei documenti di spedizione e
degli effetti previsti dal contratto, nel quale tra l’altro, la concessione
delle anticipazioni è prevista come obbligatoria. (70)
1.7 La
cessione dei crediti negli ordinamenti di common law. Le soluzioni giuridiche
adatte trasferire una globalità di crediti pecuniari, sono il risultato degli
strumenti giuridici usati a questo scopo: mentre Italia, Germania e Spagna si
è ricorsi alla cessione dei crediti, la Francia ha utilizzato lo strumento
della surrogazione, il Belgio la girata della fattura, l’Inghilterra “l’assignment”. Gli ordinamenti
continentali di “civil law” sono
caratterizzati dalla contrapposizione tra diritti reali e diritti di credito,
poichè i primi hanno ad oggetto una cosa in senso
materiale, mentre i secondi impongono un’obbligo
che corrisponde ad un relativo diritto, di dare, di fare o non fare qualcosa,
delineando una nozione d’obbligazione, intesa come vincolo personale tra
debitore e creditore e come tale non cedibile. In realtà, già nelle
“Istituzioni” di Gaio, il concetto di bene è riferito sia alle “res corporales” che ai diritti che non hanno consistenza
materiale, tra i quali in epoca romana venivano ricompresi i diritti che
sorgono dalle obbligazioni, dall’eredità e dall’usufrutto. Ma la categoria della proprietà,
non viene riferita dai giuristi romani alle “res incorporales”
e anche nei successivi codici nazionali, questo diritto assume la
connotazione assoluta della pretesa di un soggetto in relazione ad una cosa
fisica. Perciò da questa
concezione, discende che il credito non forma oggetto tipico di proprietà,
anche se sono numerosi i testi normativi che attualmente si esprimono in
termini di proprietà a riguardo alle cose incorporali. (71) Nell’ordinamento di “common
law” e tipicamente in Inghilterra, il diritto di credito costituisce
oggetto di “personalproperty”e rientra nella
classificazione delle “choses in action”, ossia dei diritti che hanno valore di beni
patrimoniali perchè oggetto di tutela giudiziale,
con lo scopo di assicurarne il valore economico. (72) Infatti il diritto
sostanziale inglese si basa sulle singole forme procedurali, che permettono
l’introduzione del giudizio e la proposizione della domanda con schemi
prestabiliti. (73) Tra le “real action”,
sono da considerarsi quelle che permettono agli attori il recupero dei beni
ingiustamente sottratti o detenuti da altri e invece tra le c.d. “personal
action”, vanno ricordate quelle che danno la
possibilità di ottenere la condanna pecuniaria a titolo di risarcimento e
senza restituzione del bene. (74) Pertanto
nell’ordinamento di common law, la cessione del credito non è intesa
come traslazione di un diritto, ma piuttosto come indicano i primi Year Books, come “assignment”,
come designazione da parte del creditore di un debitore chiamato a soddisfare
un’altrui aspettativa e che in definitiva, si presenta come un’ordine dato al debitore e costituisce un diritto del
cessionario verso il cedente, piuttosto che verso il ceduto. (75) Perciò le Corti inglesi
di common law, imponevano che cedente e cessionario agissero in giudizio
unitamente, oppure richiedevano la prova che il secondo fosse almeno un
rappresentante del primo. In pratica si negava la
tutela autonoma del cessionario e se il cedente non prestava il proprio nome
o era impossibilitato, perche morto o insolvente,
veniva a mancare un’ulteriore forma di protezione. Con l’emanazione dei “Judicature Acts”
del 1873-1875, le Corti di common law sono state unificate con quelle di “equity” e attualmente fanno sostanzialmente parte di
un’unica giurisdizione. L’affermazione dell’ “equity” e dell’intervento giurisdizionale del Cancelliere
portarono a stabilire già alla fine del XV secolo il principio della
cedibilità del credito, finchè nel XVIII secolo
anche le Corti di common law tutelavano il cessionario, sempre che il
trasferimento fosse stato stipulato per iscritto. (76)
1.7.1 Il
factoring in Inghilterra.
Nel
Regno Unito la cessione del credito si distingue, in “legal
and equitable assignment”
e in relazione al “Law Property Act”
del 1925, solo un cessionario del primo tipo può agire in nome proprio nel
processo, mentre nel secondo caso non può farlo senza la cooperazione del
cedente.(77) Nell’ordinamento anglosassone,
“l’assignment” permette il trasferimento dei propri
diritti di credito, ad un soggetto che li accettasenza
il consenso del debitore. (78) Per realizzare la
modalità di traslazione definita “statutory”,
devono essere presenti tre requisiti: il contratto deve contenere la volontà
espressa delle due parti di trasferire i diritti correlati al credito, il
negozio deve essere redatto per iscritto e la cessione deve essere notificata
al debitore. (79) La cessione risulta
valida ed efficace, nel momento in cui il debitore ne sarà informato, anche
se la notifica potrà essere realizzata indifferentemente o dal cedente o dal
cessionario e con diverse modalità. I trasferimenti che non
abbiano tali requisiti, sono ritenuti validi in “equity”
in presenza di un’accertata “consideration”
e della sicura volontà di trasferire il credito. (80) Infatti “l’equitable assignment” non
richiede i requisiti sopra elencati e in mancanza di notifica al debitore,
quest’ultimo potrebbe validamente pagare al creditore originario, anche se
nel caso specifico le clausole contrattualistabiliscono
che il denaro ricevuto dal “customer”, sia
trattenuto “on trust" per il factor, dal
cliente cedente. Di regola perciò,solo un “legal assignee” può agire da solo e in nome proprio, in recupero
crediti, mentre comunemente “l’equitable assignee”, non può farlo senza la cooperazione del
cedente. Nella prassi commerciale
inglese, le imprese di factoring preferiscono utilizzare un tipo di cessione
che non richiede tutte le formalità previste dallo “statutory”
e in genere si riservano di perfezionare le singole cessioni in modo più
formale. Il tipo di accordo più diffuso è il c.d. “facultative agreement”,
nel quale il cliente assume l’obbligo d’offrire in cessione tutti i crediti
futuri e in cambio il factor si riserva la facoltà
di rifiutarne alcuni, mentre un’altra frequente modalità contrattuale è
definita, “whole turnover agreement” e consiste in una cessione presente di
crediti futuri che non ha bisogno di un atto di trasferimento successivo al
sorgere del relativo credito. Entrambi
gli accordi sono “equitable assignment”
e quindi richiedono la c.d. “consideration”
e pongono perciò il problema di capire quando essa si sia realizzata. Ma nel
“facultative type”
l’efficacia della forma, si manifesta con l’anticipo dei crediti trasferiti
all’impresa cliente e perciò solo successivamente all’offerta in cessione dei
singoli crediti al factor.(81) Invece il “whole turnover agreement”
è un contratto nel quale la cessione produce i suoi effetti dopo il pagamento
di uno dei crediti trasferiti, mentre quelli futuri vengono trasmessi
immediatamente, nel momento in cui vengono ad esistenza. I
due tipi di accordo sono diffusi per la loro capacità di eludere
l’applicazione degli obblighi fiscali connessi con lo Stamp
Act del 1891, il quale impone un’imposta di
bollo sui documenti e non sulle relative contrattazioni. Dal momento che la cessione del credito è
considerata come un trasferimento di proprietà sugli atti nei quali è
documentata, si giudica dovuta l’imposta dell’1%del valore del credito
ceduto, se questo non supera le 30.000 sterline. (82) Il “facultative
type” non è soggetto all’imposta, perchè il documento comporta meramente l’offerta e non anche
l’effettiva cessione del credito e invece l’altro tipo d’accordo determina
l’impossibilità di calcolare la tassa dovuta al momento della formazione
dell’atto, a meno che il factor non concordi un’ammontare minimo del volume d’affari per ogni cliente. I crediti trasferiti
alla società di factoring possono derivare da contratti di vendita, in cui le
relative forniture sono sottoposte a “riserva prolungata” di proprietà. Infatti in
quest’ordinamento si permette ad un’impresa cliente di acquistare beni soggetti
a tale riserva, costituita a favore del venditore che però è solito
autorizzare contestualmente il compratore alla rivendita. Nell’ambito
dell’accordo, le parti stabiliscono che fino all’intero pagamento dei beni
venduti, la garanzia renderà riservate al fornitore, le somme ricavate dalle
vendite dei beni, creando in questo modo una specie di surrogazione reale del
prezzo rispetto ai beni venduti. (83) Questo particolare
istituto giuridico ha favorito numerosi contrasti sulla prevalenza tra le
società di factoring e le imprese fornitrici, rispetto ai crediti ceduti da
un cliente inadempiente e in virtù del reclamo del credito relativo. Per questo i factors inglesi sono soliti richiedere che i crediti
acquistati non siano collegati a vendite con riserva prolungata di proprietà,
poichè in questo caso per poter prevalere
dovrebbero rendere la cessione “statutory”,
se l’acquisto della massa dei crediti è avvenuto in “equity”.
(84)
1.7.2
L’evoluzione della forma contrattuale negli Stati Uniti d’America.
Un diffuso modello di
factoring statunitense, consiste nell’ “old
line factoring” ed è rappresentato da una vendita di crediti che
determina il trasferimento della loro titolarità al cessionario e si
accompagna solitamente alla notifica al debitore ceduto, con la richiesta
d’effettuare il pagamento direttamente allo stesso factor.
(85) Lo scopo di tale
notifica è quello di rendere il ceduto doppiamente responsabile e dopo la
comunicazione fornita dal cedente con la stessa fattura, di tenerlo obbligato
a adempiere una seconda volta, quando nonostante ciò abbia pagato nelle mani
di un’altro cessionario o dello stesso cliente del factor. (86) La struttura del contratto,
prevede la frequente assunzione della garanzia della solvenza del debito e la
stessa disciplina codicistica risulta applicata sia
avere e proprie operazioni di “assignment”, che ai
prestiti di denaro (commercial financing)
garantiti da crediti d’impresa, sui quali a seguito del trasferimento è stato
costituito un “security interest” (una garanzia) a
favore del creditore. La base del “security
interest” rimane sostanzialmente pattizia, nel
senso che il Codice statunitense ha riprodotto fedelmente quanto avviene
nella concreta realtà negoziale, in cui all’accordo di factoring è
contemporaneo o segue il“security agreement”, costituito su crediti venduti o anche su
altri beni. (87) In pratica, il factor diviene proprietario (owner)
e anche titolare di un diritto reale di garanzia sui crediti da lui
acquistati, ma la ragione di quella che potrebbe essere definita una
stranezza è da ricercarsi nel fatto che negli Stati Uniti, l’istituto
giuridico viene adoperato per realizzare fini diversi rispetto a quelli per
cui era stato pensato. (88) In proposito è evidente
che la garanzia viene adoperata come strumento di protezione dei crediti
fattorizzati nei confronti delle pretese dei terzi, piuttosto che per
assicurare l’adempimento di un’obbligazione. La sezione 9-203
richiede la forma scritta in relazione agli “accounts receivable”
e la stessa disposizione è anche prevista per il “security agreement”, che in genere e un corpo unico con la
convenzione di factoring. Sia i crediti che gli altri
beni sui quali si desidera costituire il diritto di garanzia, devono essere
descritti in modo sufficientemente approfondito per poterli identificare
(U.C.C 9-110), ma non si richiede la specificazione dei vari debitori ceduti.
(89) Diversi elementi sono
necessari per il perfezionamento del “security interest”
(U.C.C. 9-203), come l’accordo di garanzia firmato dal cliente del factor, il pagamento di una prestazione da parte del factor e la titolarità del diritto sui beni da parte del
cliente. Il perfezionamento di
questo accordo, avviene non appena il contratto di finanziamento o “general
financing statement” viene depositato presso un
pubblico ufficio che in molti ordinamenti locali coincide con quello del
segretario dello Stato, in cui il cliente ha la sede principale e sempre che
un particolare patto tra le parti non ne ritardi l’efficacia. La sezione 9-138 dello
U.C.C., stabilisce che se il ceduto non abbia rinunciato a far valere le
eccezioni che può opporre al creditore originario, verso il factor potranno essere fatte valere sia le pretese basate
sul contratto originario, sia i fatti accaduti prima della notifica della
cessione al ceduto stesso. Il principale criterio
di prevalenza nei rapporti con i terzi, riguarda invece la perfezione del
“security interest” nei confronti di chi ne sia
sprovvisto: infatti tra più cessionari con diritto privilegiato di garanzia,
prevale chi ha lo ha perfezionato per primo, con un deposito avente data
anteriore.
La normativa definisce
cedibili i crediti derivanti dall’esercizio di un’attività d’impresa o dallo
svolgimento di una professione intellettuale, ma anche quelli riferibili a
rapporti assicurativi, tributari e a contributi governativi. Il cessionario deve
rivestire necessariamente la qualifica di “istituto di credito” e l’art 1,3°
comma della legge, disponendo circa il contenuto del documento traslativo, ha
stabilito la sua natura di scritto formale. Infatti dalla stipula
debbono risultare la causa della cessione, nonchè
tutti gli elementi per identificare i crediti ceduti o dati in pegno, come il
nome del debitore, l’importo dei crediti, la firma del cedente e la data che
deve essere apposta dallo stesso Istituto di credito. Da tale data decorre
l’efficacia della cessione tra le parti e verso i terzi, nonchè
il divieto per il cedente di compiere atti che possano modificare i diritti
trasferiti. Pertanto il documento
con la sua sola redazione, realizza una cessione globale di crediti futuri o
solamente eventuali, con efficacia traslativa immediata, fermo restando
l’onere della prova in capo al cessionario, per dimostrare l’esattezza della
data. Anche la normativa
francese all’art 1-1, similmente all’art. 4 della legge 21 febbraio 1991 n.
52, prevede la responsabilità del cedente verso il cessionario, in caso
d’inadempimento del debitore. Nel procedimento
ordinario della cessione del credito invece, al di fuori della normativa
speciale posta dalla legge, la disciplina dispone che il debitore continui a
pagare al cedente, che riscuoterà come mandatario all’incasso per conto del factor e in assenza di atti diretti alla notifica, a meno
che il cessionario non pretenda un pagamento diretto. L’ordinamento
civilistico francese ha utilizzato anche lo strumento della surrogazione per volontà
del creditore, per mettere in atto un rapporto di factoring, nel caso in cui
la sostituzione sia contemporanea all’esborso, poiche
in caso d’anteriorità, si sarebbe verificata solo una promessa di
surrogazione e posteriormente al pagamento, l’istituto avrebbe avuto a
riferimento un diritto ormai estinto. Infatti i requisiti
prescritti per la surrogazione, richiedono la formulazione espressa e
contestuale all’avvenuto pagamento e le concedono efficacia verso i terzi,
dalla data del versamento indicata nella quietanza.(91) In questo contesto, il factor si considerava surrogato solo per l’importo
effettivamente pagato e nel caso di più adempimenti parziali relativi allo
stesso credito, la surrogazione era stipulata solo al momento del saldo.
Gli autori giuridici che
hanno esaminato i moduli contrattuali delle società di factoring tedesche,
distinguono il negozio a seconda che il factor
garantisca o meno il buon fine del credito, nel primo caso qualificando
l’operazione come un factoring proprio (Echtes)
e nel secondo caso definendolo improprio (Unechtes).
(92) In concreto, il rapporto
contrattuale consiste nell’impegno del cliente ad offrire continuativamente
in acquisto al factor, tutti i crediti presenti e
futuri e nell’obbligo correlativo del cessionario, di accettare ogni offerta
che rientra nel “plafond” prestabilito. (93) La cessione “pro
solvendo” viene ritenuta un trasferimento al solo scopo di garanzia, che
concretizza un’operazione finanziaria, mentre solamente il factoring proprio
realizzerebbe una vera e propria cessione dei crediti. (94) La differenza tra le due
figure contrattuali viene apprezzata nel caso in cui il factor
non assuma la garanzia della solvenza, siccome egli corrisponde l’importo del
credito nel conto attivo del cliente, solo in quanto il credito vada a buon
fine, male due strutture si distinguono pure per le diverse soluzioni
giurisprudenziali, nelle controversie tra il venditore con riserva di
proprietà e la società di factoring. (95) Le disposizioni
contenute nel BGB permettono ai contratti di fornitura, di contenere clausole
che consentono all’acquirente di rivendere le merci, dietro cessione
anticipata in favore del venditore con riserva, dei crediti che sorgeranno
dal trasferimento. Nel factoring proprio,
la giurisprudenza riconosce la prevalenza del cessionario rispetto al
fornitore, poichè la cessione è considerata come
traslativa e non solo a scopo di garanzia. Un’altra ragione addotta
a sostegno di tale soluzione, riguarda il fatto che l’acquirente con riserva
è autorizzato dal venditore, a riscuotere il prezzo di acquisto per la merce
rivenduta e quindi anche a trasferire il credito a una società cessionaria. Inoltre il factor assume la garanzia del buon fine del credito e si
impegna accreditare la somma al cliente e in ogni caso, il venditore con
riserva conserva la possibilità d’insinuarsi nella massa fallimentare. (96) La diffusione del
contratto nella prassi commerciale teutonica, riguarda soprattutto il
factoring “pro soluto”,che viene ritenuto un
negozio atipico, la cui struttura si basa sull’istituto della cessione dei
crediti disciplinata dai §§ 398 e ss. del BGB, che definiscono l’istituto
come un’accordo tra creditore e terzo, attraverso
cui si realizza il trasferimento di un determinato credito, senza il consenso
del debitore. Una particolarità della
cessione del credito nel diritto tedesco è quella per cui essa si considera
distinta, dall’accordo che giustifica il trasferimento del diritto e cioè dal
negozio traslativo del credito in senso stretto. Di conseguenza, eventuali
vizi del negozio-base, non comportano automaticamente l’invalidità delle
cessioni.
Le
imprese che svolgono operazioni commerciali con l’estero incontrano rischi
superiori a quelle che svolgono la loro attività solo nel mercato interno. Infatti
sulle loro controparti contrattuali possiedono solo informazioni
approssimative e hanno minori occasioni di poter riscuotere i loro crediti da
operatori economici con una solvibilità sconosciuta. L’accertamento delle notizie
sull’affidabilità economica e finanziaria dei contraenti può risultare
difficile per molte ragioni e in caso di accertamenti negativi, può
comportare la rinuncia alla sottoscrizione della fornitura. Di conseguenza le
imprese medie e piccole, difficilmente potrebbero sopportare un’insolvenza di
grande portata, dovendo rinunciare ad affrontare i mercati esteri. Ma poichè la saturazione del mercato interno in quasi tutti
i Paesi industrializzati, costringe a cercare ulteriori piazze alternative,
si rende quasi inevitabile il ricorso all’esportazione per qualsiasi tipo di
impresa, affrontando dei rischi per i quali non si è potuto valutare
interamente la convenienza. Oltretutto, la prassi
delle transazioni a carattere internazionale, prevede per le operazioni
commerciali la presenza di notevoli dilazioni nel pagamento del prezzo e
questo spinge le imprese a farsi carico di rateizzazioni superiori alle loro
possibilità. Da tale punto di vista,
il buon fine delle operazioni commerciali potrebbe essere garantito anche
attraverso il pagamento anticipato o mediante il ricorso al credito
documentario, irrevocabile e confermato. Un’altra possibilità in
proposito, è quella di ricorrere all’assicurazione del credito e al riguardo
va ricordato che nel nostro ordinamento, il “rischio catastrofico” è
tradizionalmente assunto dallo Stato, il quale protegge gli esportatori dagli
eventi straordinari e imprevedibili. Dopo l’entrata in vigore
della legge28 febbraio 1967 n. 131, l’INA interveniva per assicurare i
crediti a lungo e medio termine e si occupava della riassicurazione del
rischio commerciale, con l’intervento quindi di una compagnia privata, per i
crediti a breve termine. (97) L’esercizio del
factoring internazionale, attualmente si collega alla circostanza che l’operatore
domestico sia associato ad una delle sovraordinate catene organizzative
esistenti. Infatti, quando si
voglia stipulare un contratto di vendita con una controparte residente
all’estero, il venditore si rivolge al factor
nazionale, il quale trasmette al consociato straniero la richiesta di
approvazione del credito, contenente le generalità dell’importatore, le sue
referenze bancarie e commerciali, i termini del credito richiesto, le
condizioni di pagamento, i tempi di consegna e le qualità della merce oggetto
di scambio. (98) Il corrispondente,
svolte le necessarie indagini, comunica se “approva” o meno la vendita e a
sua volta il factor trasmittente, informa il
cliente il suo parere conforme e di conseguenza l’imprenditore si obbliga ad
offrire in cessione al factor i crediti relativi
alla fornitura, entro trenta giorni dalla data di spedizione della merce. Non tutti i diritti
possono però essere oggetto del rapporto, poichè
alcuni factors escludono quelli basati su lettere
di credito, regolati con pagamento contro documenti e anche qualsiasi vendita
a vista e per contanti (art. 2, Addendum export, Banca Monte dei Paschi). I crediti relativi alla
fornitura sono trasmessi alla società corrispondente estera, affinchè possa essere legittimata ad agire per il loro
incasso e per questa ragione,il cliente s’impegna a
firmare tutti gli atti e a fornire i documenti, entro 10 giorni dalla
richiesta, per consentire le azioni necessarie all’incasso o al recupero dei
crediti. Una pratica consolidata
si verifica quando l’originario contratto di fornitura prevede l’incedibilità
del credito relativo e in tal caso, pur restando ferma la validità della
cessione effettuata, si esclude che il cessionario possa assumere la garanzia
per la solvenza del debitore (art.1, Addendum export, Banca Monte dei Paschi). In questo contesto, la
figura del factor assomma in se le funzioni di
consulente, finanziatore e assicuratore, anche se in realtà, l’ “export-factor” risulta essere ben garantito dal corrispondente
estero, per l’insolvenza e per il ritardato pagamento. In particolare, se la
garanzia dovesse considerarsi inefficace “ex tunc”
per il verificarsi di situazioni previste, quanto corrisposto dal factor al cliente dovrà essere restituito in linea
capitale, oltre agli interessi convenzionali e alle spese entro 270 giorni
dalla scadenza dei pagamenti. La restituzione avverrà
se il debitore solleva contestazioni sui servizi o sulle merci ricevute o se
il corrispondente estero non possa adire i tribunali del Paese del debitore,
per effetto di clausole contrattuali vigenti tra le parti (art. 5, Addendum
Export, Banca Monte dei Paschi). La cessione del credito
nell’operazione di “import-export factoring” è tendenzialmente “pro soluto”,
nell’ambito del “plafond” concesso al cliente e “pro solvendo”, per la somma
che eventualmente lo superi, ma dalla prestazione dei factors
è escluso sia il rischio di svalutazione monetaria che quello di perdita sul
cambio. L’approvazione del factor, se non diversamente specificato, comporterà la
garanzia per il 100% del valore della massa dei crediti e in deroga a quanto
normalmente previsto, il pagamento sotto garanzia dei crediti approvati e non
pagati, viene in genere effettuato decorsi 120 giorni dalla scadenza (Art.
6/1, Add Import-Export, Istituto Bancario S.Paolo). Se l’operazione è stata
conclusa senza rivalsa, alla scadenza l’ “import-factor”,
anche se non ha ancora riscosso il credito, provvede a trasmettere al collega
italiano la somma dovuta, che verrà poi accreditata al cliente dedotte le
commissioni pattuite. Se si verifica
l’insolvenza del debitore, nel caso di cessione “pro solvendo”, i formulari
esaminati prevedono in genere l’integrale ed immediato rimborso degli
anticipi versati al cliente, naturalmente comprensivi degli interessi decorsi
e delle spese affrontate (Art. 8/10, Add.
Import-Export, Istituto Bancario S.Paolo). Per quanto riguarda
invece i crediti accettati “pro soluto” dal factor,
l’esposizione del fornitore nei confronti del cessionario, in dipendenza
delle somme anticipate, solitamente si estingue con pagamenti in linea
capitale, che il factor effettuerà al cliente sotto
garanzia dei crediti approvati. In questo caso però,il cedente dovrà versare al factor
gli interessi convenzionali che matureranno sulla sua complessiva esposizione,fino alla data del pagamento sotto garanzia,
a cui è tenuto il cessionario e a semplice presentazione dei documenti
contabili.
La Convenzione di Ottawa
che è stata ratificata in Italia con la legge 14 luglio 1993, n. 260,
definisce il contratto di factoring come un negozio concluso tra un’imprenditore e un’operatore
specializzato, in base al quale il cliente cede o cederà al factor,i crediti relativi a contratti di vendita di merci
o di prestazione di servizi, che comunque non siano stati acquisiti per uso
personale o familiare. La figura del factor è identificata in funzione delle attività svolte a
favore del cliente e in particolar modo dalla prestazione di almeno due tipi
di servizi tra quelli previsti, come il finanziamento del fornitore, la
tenuta dei conti, l’incasso dei crediti e la garanzia in caso d’inadempimento
del debitore ceduto. (99) La Convenzione è
applicabile a soggetti appartenenti a Stati diversi e stabilisce che la
comunicazione della cessione dei crediti ai debitori, si compie nel momento
in cui questa sia ricevuta dal destinatario, in qualsiasi forma, non
richiedendosi altri adempimenti formali, come la sottoscrizione. Da questo punto di
vista, si può ritenere che questi principi rappresentino maggiormente il
carattere anglosassone dell’istituto, che non quello proprio dei Paesi di
diritto continentale, appunto per un’evidente contrarietà a far prevale la
forma sulla sostanza del rapporto. Allo stesso modo della
legge n. 52/1991, la normativa consente la cessione dei crediti futuri, il
cui trasferimento in capo al cessionario si realizza senza la necessità di un
nuovo e ulteriore atto di trasferimento e a partire dal momento dal quale i diritti
vengono ad esistenza. (100) Questa disciplina
concordata tra i diversi Stati, non regolamenta l’opponibilità ai terzi della
cessione e di conseguenza le norme poste dal testo convenzionale, riguardano
solo il rapporto tra le parti negoziali e non quelli con i terzi. Inoltre l’art. 5 della
Convenzione, prevede che dal contratto di factoring devono potersi ricavare
con certezza o le categorie di beni e di servizi oggetto della prestazione,
oppure i Paesi in cui risiedono i fornitori o anche l’elenco dei debitori
abituali delle parti. Un principio generale
accolto da questo corpo normativo è quello per cui dopo l’avvenuta cessione,
il debitore non deve trovarsi in una posizione svantaggiosa, rispetto a
quella in cui si sarebbe trovato se la cessione non fosse avvenuta. (101) In definitiva, per il
factoring si accoglie lo strumento attuativo della cessione in massa dei
crediti anche futuri, pure se solo determinabili e non determinati, spettando
all’interprete giuridico la ricerca dei criteri per la determinabilità degli
stessi nelle singole legislazioni nazionali. (102) Un’altro aspetto controverso
affrontato dal testo convenzionale, riguarda l’ammissibilità della cessione
effettuata, nonostante il divieto esplicito contenuto nel contratto di
fornitura. (103) Infatti, se una delle
parti risiede in uno Stato che in base all’art. 18 della Convenzione, abbia
dichiarato di non accettare l’assetto scelto dalla maggioranza dei Paesi
aderenti, sul tema del patto d’incedibilità, allora la cessione non risulterà
opponibile al debitore ceduto. (104) Un’innovazione di
rilievo è contenuta nell’art. 7 del testo convenzionale, il quale prescrive
la trasmissione al cessionario dei diritti spettanti al fornitore, a seguito
della conclusione del contratto, inclusa un’eventuale riserva di proprietà. Sul tema, il nostro art.
1263 del c.c. si limita a stabilire che con la cessione si considerano
trasferiti i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori
del credito. (105) Per cui sarebbe
possibile per il factor, disporre delle merci
oggetto del negozio, in base alla previsione dell’art. 1526 del c.c., se il
contratto prevede il trasferimento di quella forma di garanzia. (106) Le condizioni per le
quali il debitore è tenuto ad effettuare esclusivamente il pagamento al factor e non al suo fornitore, sono elencate nell’art. 8
e comprendono diversi presupposti concreti. In pratica, la norma
stabilisce che il debitore non sia a conoscenza dell’esistenza di nessun
altro diritto precedente la cessione e che il trasferimento riguardi i
crediti sorti da contratti di vendita conclusi prima della comunicazione, con
l’individuazione dei diritti a cui si riferisce e del relativo cessionario.
(107) Il secondo comma
dell’art. 9 della Convenzione, si contrappone alla disposizione contenuta
nell’art. 1248 del c.c., poichè nel nostro
ordinamento si esclude che il debitore possa far valere contro il
cessionario, la compensazione vantabile contro il fornitore, mentre la
disciplina pattizia sostiene un diverso orientamento. Ma per opporre
l’eccezione di compensazione, questa deve rispettare due requisiti: i
relativi crediti devono essere esistenti al momento in cui il debitore riceve
la comunicazione della cessione e il bilanciamento tra i diritti deve
avvenire tra quelli relativi al fornitore nei confronti del quale è sorto il
credito e non anche verso crediti spettanti ad altri e diversi fornitori. L’eccezione
d’inadempimento o d’inesatto adempimento del contratto di fornitura è
considerata dall’art. 10, il quale stabilisce che il debitore ceduto che
abbia già pagato al factor, non ha diritto alla
ripetizione, ma può agire verso il fornitore, se al cedente è stato già
versato il corrispettivo del trasferimento del credito. Al debitore ceduto, spetterebbe invece l’azione diretta contro il factor, se l’impresa cessionaria avesse proceduto al pagamento, essendo a conoscenza dell’inadempimento del contratto di fornitura. (108) Tesi di Laurea: Il factoring
e la cessione dei crediti d’impresa, Libera Università degli Studi di Urbino,
Facoltà di Giurisprudenza, Anno Accademico 1999/2000, Candidato: Fabio Giovagnoli, Arcevia (AN), Relatore: Chiar.mo Prof. Antonio Nuzzo. Email: fabio.giovagnoli@libero.it. |